“La persona umana creata a immagine di Dio, è un essere insieme corporeo e spirituale. Il racconto biblico esprime questa realtà con un linguaggio simbolico, quando dice che «Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita, e l'uomo divenne un essere vivente» (Gn 2,7). L'uomo tutto intero è quindi voluto da Dio”. (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 362)
L’uomo rappresenta una grossa novità nella storia della formazione del mondo: si potrebbe dire la terza e la più grande.
La prima novità era stata quell'incredibile balzo dal nulla alla materia, una materia ubbidiente alle leggi della fisica e della chimica, sempre più ordinata e complessa. La seconda novità era stata il salto dalla materia alla vita, non meno incredibile del primo, visto che subentra un nuovo ordine di cose, regolato da funzioni che ubbidiscono ad altre leggi: quelle della biologia. Con l'uomo però compare qualcosa nella storia del mondo i cui comportamenti non ubbidiscono per forza a leggi precostituite, abbiamo cioè un'entità libera, come non lo è mai stato né l'elettrone (costretto a girare intorno al nucleo senza poter scegliere diversamente) e come non lo è mai stata l'ape (obbligata dal suo genoma ad andare mille volte al giorno dall'alveare al fiore). L'uomo, dal momento in cui si sveglia al mattino, “può fare una cosa e non farla, o farne una piuttosto che un'altra” (Catechismo di S. Pio X, n. 64). L'essere umano dunque si caratterizza per questa speciale libertà, per il possesso di una volontà e per una spiccata autocoscienza di sé: ha un io e sa di essere. Come Dio, è dunque persona. Inoltre l'uomo è caratterizzato dall'anima che “non muore col corpo, ma vive in eterno essendo spirituale” (Catechismo di S. Pio X, n. 62).
Infine, l'essere umano appartiene ad un disegno molto particolare: “L'uomo ebbe da Dio l'altissimo destino di vedere e godere eternamente Lui, Bene infinito; e poiché questo è del tutto superiore alla capacità della natura, egli ebbe insieme, per raggiungerlo, una potenza soprannaturale che si chiama grazia santificante” (Catechismo di S. Pio X, n. 68). L'uomo dunque “era in uno stato felice, con destino e con doni superiori alla natura umana” ed oltre alla grazia aveva “l'esenzione dalle debolezze e miserie della vita e dalla necessità di morire, purché non avesse peccato” (Catechismo di S. Pio X, nn. 67 e 69). Purtroppo quella stessa libertà che lo distingueva dalle altre creature del mondo fu rivolta al peccato, e l'uomo si trovò spogliato “della grazia e d'ogni altro dono soprannaturale” fino alla venuta di Cristo, senza il quale “a causa del peccato originale, doveva rimanere escluso per sempre dal paradiso” (Catechismo di S. Pio X, n. 75). Tutt'oggi l'uomo è ancora libero; certo “capace di fare anche il male, ma non lo deve fare, appunto perché è male: la libertà deve usarsi solo per il bene” (Catechismo di S. Pio X, n. 65). Il bene è l'amore per gli altri ma anche quello verso di noi: della nostra anima infatti “dobbiamo avere la massima cura, perché essa è in noi la parte migliore e immortale, e solo salvando l'anima saremo eternamente felici” (n.63).
IL TIMONE – N. 9 – ANNO II – Settembre/Ottobre 2000 – pag. 26