Il mondo dei videogiochi non è solo svago innocente. Oggi, essoterismo, violenza e relativismo morale hanno preso il posto dei tradizionali giochi di una volta, più educativi e creativi.
Tra i momenti più formativi nella crescita di un bambino c’è sicuramente quello del gioco. Attraverso il gioco, i genitori insegnano ai figli come muovere i primi passi, li abituano ad esercitare la fantasia e a scoprire il mondo che li circonda.
Il gioco, quindi, non è soltanto una parentesi di svago e di evasione. È un vero e proprio linguaggio. Un potente strumento di comunicazione, in grado di trasmettere messaggi, emozioni, valori e stili di vita.
Negli ultimi anni, purtroppo, il modo di giocare dei ragazzi è molto cambiato. Una volta, i bambini trascorrevano molto più tempo all’aperto. Si divertivano con poco, facendo giochi semplici, ma profondamente allegri e fantasiosi. Questi, dal punto di vista educativo, erano ottimi, perché si basavano su regole ben precise ed abituavano a confrontarsi a viso aperto con i propri compagni. Erano un vero e proprio “allenamento” al rispetto, alla conoscenza reciproca, al rapporto sincero e costruttivo con il prossimo. Attraverso il divertimento, quindi, si imparava anche a crescere e a porsi costantemente in contatto con gli altri.
Oggi, purtroppo, questa atmosfera felice e formativa di gioco “alla luce del sole” sembra diventare sempre più rara. Sta scomparendo, a poco a poco, la dimensione della piazza e del cortile, ambienti sani dove si praticavano i tradizionali giochi di una volta.
Per i bambini, agli inizi del terzo millennio, diminuiscono sempre di più le occasioni per confrontarsi con gli altri. Troppi ragazzi trascorrono le loro giornate rinchiusi tra le mura di una stanza, con “amici virtuali” senza cuore e senza anima. Sono i videogiochi, passatempi freddi che dominano la gioventù dallo schermo del computer.
In inglese, si chiamano “videogames”. Spesso non sono altro che un insieme di suoni, rumori, musiche ed immagini che avvolgono i ragazzi, dall’inizio alla fine di una partita. Ultimamente, purtroppo, questo genere di divertimento virtuale si sta trasformando sempre di più in una triste occasione per creare stati di disagio e nuove.. “celle di isolamento”. Chi fa uso di videogiochi non compie alcun tipo d’attività creativa. La sua mente riceve, passivamente, una se-. rie di fantasie “già pronte”, create a tavolino da qualcun altro. Il giovane si limita semplicemente a subire ciò che il gioco gli propone, illudendosi di mettere alla prova le proprie capacità.
Dal punto di vista educativo, i videogames presentano notevoli elementi di preoccupazione. Prima di tutto, bisogna analizzarne i contenuti. Molti videogiochi, soprattutto quelli di recente produzione, si presentano con immagini sanguinarie e rischiano di contribuire ad un processo di assuefazione del male da parte dei giovani. L’orrore e il cattivo gusto stanno dilagando. Per rendersene conto, basta sfogliare le riviste specializzate o i cataloghi più recenti. I linguaggi utilizzati sono davvero sconcertanti. Ecco, ad esempio, come è stato recensito un noto videogame in una rivista: “In meno di cinque minuti di gioco – scrive il giornalista – sono riuscito a vedere almeno una mezza dozzina di morti diverse della protagonista: una più cruenta dell’altra.
Tra teste mozzate, sangue che schizza dappertutto e disintegrazione delle interiora, c’è solo l’imbarazzo della scelta”.
Qualcuno potrebbe obiettare che si tratta soltanto di un gioco, di una finzione. Eppure, calandosi in certi ruoli virtuali, i giovani non sono soltanto innocui spettatori della violenza. AI contrario, ne sono protagonisti. Vivono pienamente la sensazione di commettere il loro gesto sanguinario. È evidente che le nuove generazioni si stanno abituando sempre di più al male, al punto di restarne indifferenti. Anzi, in certi casi gli scenari di morte e dell’orrore risultano essere strumenti d’attrazione, utilizzati dalle case di produzione di videogames per catturare l’attenzione dei ragazzi. Un altro aspetto decisamente diseducativo è la lotta per la sopravvivenza. Il giocatore deve combattere continue sfide all’ultimo sangue contro il nemico di turno. Il problema è che questa lotta si trasforma, a volte, in una vera e propria educazione alla sopraffazione e al calpestamento degli altri.
In molti videogiochi, purtroppo, non esistono regole o confini morali. L’eroe positivo diventa crudele e sanguinario come i suoi avversari. Di conseguenza, il ragazzo che interpreta la parte del “buono” si ritrova a comportarsi come un “cattivo”. Il messaggio negativo trasmesso ai giovani è evidente: per sopravvivere e avere successo, nella vita, bisogna comportarsi in modo scorretto. Il fine giustifica i mezzi. Chi picchierà più duro, vincerà.
Infine, un altro elemento di rischio è rappresentato da storie ed immagini legate al mondo dell’esoterismo e della magia nera. Negli scenari dei vari videogiochi, non è difficile imbattersi nei simboli più tipici che appartengono al mondo dell’occultismo. Tutto questo rischia di stimolare nei ragazzi interessi e curiosità per ambienti tutt’altro che raccomandabili.
Si può iniziare per scherzo, calandosi nella realtà virtuale di un videogioco, e si può finire con il navigare su Internet, sul sito di qualche setta satanica. Si aprono porte decisamente pericolose, che potrebbero condurre chissà dove. Non a caso, attraverso Internet, sono stati diffusi videogames dal contenuto diabolico, che simulano i meccanismi di suicidio della roulette russa o la moda vandalica di lanciare sassi sulle automobili che passano sotto i cavalcavia delle autostrade.
Per queste ragioni, c’è da sperare che i genitori non vogliano più lasciare i propri figli soli davanti ad un videogame. Potrebbe essere decisamente rischioso, allo stesso modo in cui èrischioso lasciare un bimbo solo davanti alla televisione. Non si sa mai che tipo di messaggi potrà ricevere.
Le mamme e i papà, al contrario, dovrebbero invitare i figli a riscoprire i classici giochi all’aperto di una volta, che aiutavano a maturare e a confrontarsi con gli altri. È importante fare uno sforzo ed offrire ai ragazzi la possibilità di tornare all’antica tradizione della piazza e del cortile. In questo modo, al posto degli orrori, dell’esoterismo e delle violenze preconfezionate dei videogiochi, tanti giovani potranno riscoprire la purezza e la gioia dell’autentica fantasia.
IL TIMONE – N. 36 – ANNO VI – Settembre/Ottobre 2004 – pag. 14 – 15