Winston Churchill a chi gli chiedeva, durante la guerra, di consultare gli specialisti e i docenti universitari per elaborare politiche e strategie: «Conosco tre modi per rovinarsi: prima il gioco d’azzardo; poi, le donne; infine, gli esperti». Citazione da dedicare, stando tra noi cattolici, anche a certi uomini di Chiesa che, per l’ennesimo documento o per i loro “piani pastorali”, sentono doveroso rivolgersi, giustappunto, agli “esperti”.
Tanto per ricordare alcuni exploit recenti degli “specialisti” e dei loro prestigiosi “Centri di ricerca”: nessuno, ma proprio nessuno, ebbe anche solo un sentore di un evento clamoroso che avrebbe cambiato la storia, come quello dell’11 settembre 2001, a New York. Nessuno, poi, previde il crack finanziario iniziato nel 2008. Inoltre: tutti parlarono, convinti, del duraturo successo delle nuove “tigri europee”, Spagna e Irlanda, cioè due tra gli Stati dichiarati poco dopo a rischio fallimento. Per stare all’Italia, la previsione unanime, sempre dei soliti esperti, dopo le elezioni di due anni e mezzo fa, fu che Berlusconi-Bossi- Fini erano uniti da una sorta di “patto d’acciaio” e per cinque anni il governo avrebbe lavorato compatto, senza una incrinatura. Non andrebbe dimenticato (è da tempo un classico delle sòle rifilateci dai profeti laici) il paragrafo del tradizionale “Discorso sullo stato dell’Unione” della fine del 1967, letto in televisione da Lyndon Johnson, allora presidente degli Stati Uniti. Questi, nella parte dedicata alla scuola americana, affermava che, come confermavano i conoscitori del settore, la scuola degli Usa avrebbe toccato, nel 1968, nuovi vertici di progresso e di operosità, in un ordine perfetto…
Per non parlare, ovviamente, del vertice della inattendibilità, gli “esperti climatologi”. Quelli, avete presente, del “surriscaldamento globale” e dello “scioglimento dei Poli”, con catastrofico aumento del livello dei mari? Acqua salata per sommergere le città ma neanche un goccia dal cielo: sarà la Grande Siccità, con conseguente morte a milioni per sete. Ebbene, come sapete, questo è il terzo anno consecutivo che ogni record è battuto per quantità di piogge e per temperature mai state così basse.
C’è un signore, tal Ennio Montesi, che dice di essere uno “scrittore”. Questo appellativo non è mica coperto da copyright né è garantito da un Ordine professionale, come i medici o gli architetti: dunque, chiunque può dirsi scrittore, anche se – come vertice del suo lavoro – fa circolare tra parenti e amici intimi fotocopie di qualche suo manoscritto. Pare comunque che il libro più noto di questo Montesi – è ignota la casa editrice – abbia un titolo un po’ inquietante: Racconti per non impazzire. Il sedicente scrittore, comunque, l’estate scorsa fu ricoverato all’ospedale della sua città, Jesi, e scoprì che sul suo letto stava un crocifisso. Chiese di toglierlo ma non fu accontentato. Allora, uscito dalla clinica, per prima cosa chiese lo “sbattezzo” e poi cominciò ad inviare appelli e richieste a tutte le istituzioni, nazionali e internazionali, perché ai non credenti fosse risparmiata la “violenza” del simbolo cristiano esposto alla loro vista. Non ricevendo risposte soddisfacenti, il Montesi ora ha deciso di espatriare da questa “colonia vaticana, schiacciata dal tallone clericale”, come sarebbe l’Italia. Per andarsene lontano ha scelto la Svezia e ha chiesto ufficialmente asilo politico a quel Paese. Vada pure, ce ne faremo una ragione. Ma non possiamo che compiangerlo quando, se sarà accolto come profugo dagli svedesi, arriverà a Stoccolma. È scappato per non vedere una croce in una camera d’ospedale e ora gli toccherà vederla ovunque, dappertutto vada. In effetti, tutti sanno (ma evidentemente non il Montesi) che la bandiera della Svezia è costituita da una grande croce gialla in campo azzurro. E quella croce non è casuale, è proprio la croce cristiana e fu scelta per il vessillo scandinavo sin dal Medio Evo per mostrare a tutti la grande fede di quel popolo, evangelizzato tardi ma che non voleva essere secondo ad alcuno nel seguire il Vangelo. Da quanto sappiamo, nessuno degli svedesi, pur noti per la loro laicità se non ateismo, ha mai chiesto di togliere quella croce, considerandola un’offesa alla loro miscredenza. Ma sì, se potrà far valere il suo diritto al rifugio politico-teologico, prevediamo brutte sorprese per il nostro “scrittore”.
In questi tempi di persecuzioni verso i cristiani, scopro una frase di Joris Karl Huysmans, lo scrittore “satanista” francese che si convertì al cattolicesimo e volle finire i suoi giorni in un monastero: «I credenti in Gesù hanno il dovere di avere dei martiri, ma non hanno il diritto di farne». Rivedendo le note prese leggendo autori francesi, ecco una frase di Charles Maurras, il fondatore della Action Française: «Le chrétien est un héritier», il cristiano è un ereditiere. Vive, cioè, della ricchezza che gli hanno tramandato le generazioni di credenti che lo hanno preceduto. Altro che rifiuto della Tradizione!
Post Scriptum.
Tutti i lettori del Timone, ne sono certo, metteranno tra i Preferiti, e creeranno un link sullo schermo del loro computer, per il sito www.labussolaquotidiana.it. Per i più zelanti, perché non fare de La Bussola la pagina iniziale? Contiamo su tutti gli amici, poi, per quel passaparola in cui hanno mostrato di essere dei veri maghi, quando una causa stava loro a cuore.
Per quanto mi riguarda: per il nuovo giornale web mi è stata proposta – ed ho accettato volentieri – la rubrica “Aperitivo”. Mi telefonerà, cioè, un redattore nella tarda mattinata, quando avrò finito la quotidiana lettura dei giornali, quelli di carta, e raccoglierà il mio sfogo del giorno. Sarà quel collega a dargli forma pubblicabile e lo proporrà ai lettori giusto verso l’ora dell’aperitivo per il pranzo.
Per coloro che non avessero letto l’editoriale del giorno dell’Immacolata in cui, non a caso, è apparso il primo numero de La Bussola, ne copio qui un paragrafo, anche come doverosa risposta ai molti che mi hanno chiesto informazioni sul mio ruolo in questa avventura, bella e impegnativa: «È doveroso precisare che il titolo un po’ altisonante di “direttore editoriale” che i colleghi (e amici) hanno voluto attribuirmi è – in tutti i giornali, ma soprattutto in questo – una sorta di titolo “onorifico”, senza impegni concreti o responsabilità dirette. Non a caso, in questo nostro gruppo di amici, non è ufficializzato in alcun documento e non prevede alcun emolumento. Io stesso ho voluto così, per manifestare quanto l’iniziativa mi stia a cuore e al contempo per lasciare libero campo agli eccellenti colleghi che lavoreranno qui giorno per giorno: il direttore responsabile Andrea Tornielli, il caporedattore Riccardo Cascioli e i redattori Marco Respinti e Antonio Giuliano. Cui si aggiunge quella schiera davvero notevole di collaboratori che i lettori già conoscono dalle pagine de il Timone, ma ai quali molti altri si aggiungeranno.
A tutti loro va il mio augurio migliore, la mia stima e anche la riconoscenza per un impegno che sarà al contempo appagante e gravoso».
Mi si lasci incollare qui anche le righe finali di quell’editoriale, righe nelle quali c’è il significato di questo lavoro, per noi che partecipiamo ai suoi inizi e che vorremmo seguirlo giorno dopo giorno: «Speriamo di avervi a bordo in questo viaggio. E che quel Cristo, nella cui Parola e nella cui Presenza crediamo, vegli perché sappiamo discernere e comunicare – pur da “servi inutili” – quella Verità senza la quale non c’è libertà. Anzi, non c’è alcuna possibilità di vita davvero umana».
IL TIMONE N. 99 – ANNO XIII – Gennaio 2011 – pag. 64 – 66
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