Pacs, unioni omosex, rapporti poligamici, abolizione del matrimonio: la strada è già tracciata. Ecco due documenti che la raccontano e il caso della Svezia che lo dimostra. E l’ArciGay collabora al progetto europeo per ridefinire il concetto di famiglia.
Come mai i registri delle unioni civili – come mostriamo a p. 46 – sono un fallimento? E come mai il leader del movimento per i Pacs è quel Franco Grillini che è anche leader storico dell’ArciGay, il maggiore movimento omosessuale italiano? Rispondere è semplice: il riconoscimento dei Pacs non è una risposta al bisogno – vero o presunto – delle coppie di fatto, ma è solo parte di una strategia più ampia, di cui rappresenta il primo passo, che porterà successivamente al riconoscimento delle coppie gay e lesbiche, poi a quello della poligamia (o dei rapporti poliamorosi) infine all’abolizione esplicita del matrimonio.
Congetture? Processo alle intenzioni? No, è già tutto scritto e, cosa peggiore, sta già avvenendo. Negli Stati Uniti, ad esempio, ha creato un acceso dibattito il manifesto “Oltre il matrimonio”(
www.beyondmarriage.org), pubblicato lo scorso luglio con centinaia di firme non solo di autorevoli esponenti della comunità LGBT (Lesbiche, Gay, Bisex, Transgender) ma anche di eminenti accademici, giornalisti, artisti, scrittori e così via. Il manifesto si propone come «nuova visione strategica per tutte le nostre famiglie e relazioni» e chiede al governo il riconoscimento e la parificazione alle coppie sposate di qualsiasi gruppo di persone che vive insieme, tra cui: nuclei monoparentali, famiglie estese (con riferimento agli immigrati), «coppie omosessuali che decidono di creare insieme e di allevare un bambino con un’altra persona o coppia omosessuale», nuclei poliamorosi o poligami.
Ciò che il manifesto rende esplicito è che Pacs e riconoscimento dei matrimoni tra persone dello stesso sesso sono parte di uno sforzo più ampio per ridefinire la nostra idea di famiglia. In altre parole, ognuno si costruisce la famiglia come vuole a partire da legami sociali ed emozionali: «Il matrimonio – si legge nel manifesto – non è la sola forma di famiglia o relazione, e quindi non deve essere privilegiata economicamente e giuridicamente rispetto alle altre». Chiarissimo: l’obiettivo è quello di dissolvere il matrimonio non attraverso una formale abolizione, ma attraverso la graduale estensione delle sue prerogative a ogni altro possibile tipo di famiglia.
Alla luce di questo manifesto è maggiormente comprensibile il memorandum preparato dalla sezione europea dell’ILGA (International Lesbian and Gay Association) per la presidenza tedesca dell’Unione Europea (primo semestre 2007), in cui si chiede che la stessa presidenza «adotti una definizione inclusiva della famiglia e dei legami familiari». L’ILGA è una delle maggiori espressioni internazionali della lobby omosessuale (peraltro sospetta di appoggiare la pedofilia), è una federazione di cui fa parte anche l’ArciGay (il suo rappresentante Riccardo Gottardi siede dal 2001 nella direzione di ILGA-Europa), ed è molto influente in sede di istituzioni europee. La stessa ILGA-Europa, in una piattaforma elaborata nel-l’ottobre scorso, aveva spiegato che una «definizione inclusiva» della famiglia «deve essere basata sulla realtà sociale ed emotiva dei legami familiari». In pratica, vanno eliminate tutte «le discriminazioni legislative, politiche e pratiche verso qualsiasi forma di relazione o di genitorialità» e «le restrizioni riguardo a diritti e responsabilità dei genitori basate sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sull’espressione di genere». Inoltre, «il diritto alla vita familiare (…) non deve dipendere dal riconoscimento legale del matrimonio o della relazione ma dal riconoscimento dei legami familiari di fatto».
C’è, dunque, perfetta sintonia tra le posizioni dell’ILGA e quelle del manifesto “Oltre il matrimonio”: la definizione “inclusiva” di famiglia altro non è che la strada verso l’abolizione del matrimonio, con il riconoscimento di unioni di fatto, matrimoni omosessuali e rapporti poligamici. Del resto, quando si fa passare l’idea che sia «l’amore a definire la famiglia», già da un punto di vista culturale si apre la strada a qualsiasi tipo di rapporto.
Vale la pena notare un ulteriore aspetto evidenziato dal giornalista americano Gabriel Rotello, in un libro sull’Aids scritto nel 1997 (Sexual Ecology). Come mai, si chiede Rotello, quando si parla di prevenzione per l’Aids, i sostenitori del matrimonio omosex non includono mai il matrimonio? Semplice: «Non includono il matrimonio come obiettivo perché generalmente non includono la monogamia come obiettivo». Certi attivisti, continua Rotello, «non si battono per il matrimonio, ma soltanto per il diritto al matrimonio».
Se qualcuno ritenesse ancora che si tratta soltanto di idee, magari circoscritte, che non hanno alcuna speranza di avere un ampio consenso, guardi ai fatti: se in Italia, di pari passo con i Pacs, si sta avviando il dibattito sulla poligamia, facilitato dai problemi posti dagli immigrati e dalle conseguenze della fecondazione artificiale (nonché dallo stile di vita del cantante Pupo), a pochi passi da noi, nell’Unione Europea, ci sono Paesi già ben più avanti in questa deriva. Fu eclatante il 23 settembre 2005 il caso di Victor e Bianca de Brujin che quel giorno si presentarono al municipio della cittadina olandese di Roosendaal per unirsi in un “contratto di coabitazione” a Mirjam Geven, una donna da poco divorziata. Più che la fredda terminologia giuridica, nell’opinione pubblica rimase impresso il valore simbolico della cerimonia, con tanto di scambio di anelli, festa nuziale e partenza per il viaggio di nozze. Ancora più chiaro il caso della Svezia, primo Paese europeo a concedere nel 1987 il riconoscimento di alcuni diritti alle coppie di fatto, poi sostituito nel 1994 da un più elaborato sistema di “registrazione delle unioni”, che ha portato alla quasi totale parificazione con il matrimonio. Ebbene, oggi il matrimonio in Svezia non ha di fatto alcuna specificità giuridica o economica, è diventato del tutto irrilevante dal punto di vista sociale e ormai quasi il 60% dei bambini nascono fuori dal matrimonio con conseguenze che si possono ben immaginare. Non a caso, in questo clima, da una costola del Partito Social-Democratico è nato nel 2005 un nuovo partito, Iniziativa Femminista, che intende dare l’ultima spallata chiedendo l’abolizione del matrimonio tout-court. Una delle sue leader, Tiina Rosenberg, ha detto che «la storia del matrimonio non è storia di amore e condivisione di vita, ma è una storia di possesso», ovviamente dell’uomo sulla donna. E ci sono ancora politici in Italia che credono che il dibattito sui Pacs nasca da alcuni problemi legati alle visite in ospedale o alla successione…
I NUMERI CONFERMANO: L'OBIETTIVO E' LEGALIZZARE LE UNIONI OMOSESSUALI
Secondo dati del 2006, Ie unioni di fatto sono una piccola minoranza, seppure in crescita: 227.000 nel 1993, 564.000 nel 2003, su oltre 22 milioni di nuclei familiari, quindi il 3,9% di tulle le coppie.
Di quel 3,9%, la metà (1,8%) è composto da persone che hanno scelto di non sposarsi (a loro non si può "imporre" un riconoscimento che non vogliono); le altre sono persone che non possono sposarsi, perchè vincolate da matrimoni precedenti. In questa minoranza, alcuni non si sposano per ragioni economiche o perchè hanno un blocco psicologico e temono di assumere un impegno che duri per sempre. Le percentuali sono confermate da uno studio dell'Istituto Cattaneo-Università di Bologna.
Perchè tanta attenzione della stampa e delle forze politiche a numeri così ridotti? Perchè il riconoscimento delle unioni di fatto è diventato una necessità urgente per l'Italia (e per l'Europa, che pure ha dati percentualmente più elevati)? Non sarebbe meglio spendere energie e soldi pubblici per aiutare le famiglie, soprattutto quelle che decidono di mettere al mondo numerosi figli, invece di andare incontro a chi non vuole assumere un ruolo pubblico in quanto famiglia?
(I dati percentuali sulle famiglie di fatto provengono dalla rivista Famiglia oggi, [feb. 2006] ripresa da Michele Aramini, Pacs. Matrimonio e coppie omosessuali. Quale futuro per la famialia. Paoline. Milano 2006. mentre quelli dell'lstituto Cattaneo sono citati da Avvenire del 10 dicembre 2006).
Dossier: No Pacs!
IL TIMONE – N.60 – ANNO IX – Febbraio 2007 pag. 42-43