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12.12.2024

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Votiamo i principi non negoziabili
31 Gennaio 2014

Votiamo i principi non negoziabili

La Chiesa non indica partiti e candidati ma si preoccupa di educare le coscienze

 

Tutela della vita umana dal concepimento alla morte naturale, difesa della famiglia e del matrimonio tra uomo e donna, libertà di educazione, sussidiarietà. Chi non si batte per questi princìpi non ha a cuore il bene comune


C’è una parola esotica, un neologismo entrato nella campagna per le elezioni del Parlamento in riferimento al voto cattolico e alla posizione della Chiesa. È il termine inglese endorsement, che in origine descrive una dichiarazione pubblica di approvazione a favore di qualcuno o qualcosa: una persona, un progetto, una pubblicazione, un prodotto; da noi si è imposto con un significato più ristretto, limitato a un contesto elettorale in vicinanza delle urne, a indicare il sostegno esplicito verso un partito o un candidato da parte di un giornale o un opinionista o una realtà sociale. A parte l’inutilità dell’anglicismo, che può benissimo essere sostituito da parole italiane come “sostegno” o “supporto”, accompagnate da aggettivi come “ufficiale”, “esplicito”, “pubblico”, si è molto parlato appunto di endorsement della Chiesa a favore di una coalizione. In realtà, si è trattato solo di una dichiarazione di stima da parte di un paio di testate cattoliche e di alcuni interventi episcopali, peraltro poi precisati e corretti. Ciò che è vero, e che è stato chiaramente ribadito da esponenti autorevoli del Magistero, è che la Chiesa non dà esplicite indicazioni di voto ai fedeli: rispetta pienamente la loro autonomia. Compito della Chiesa è formare le coscienze, educarle, offrire cioè un criterio di giudizio.

Non basta essere «lievito»
Che il voto dei cattolici non sia unanime, era vero anche ai tempi della Dc; a maggior ragione lo è oggi, in una società sempre più secolarizzata, “plurale” e confusa. Gli stessi politici cattolici sono impegnati in prima persona in differenti partiti e movimenti. Ciò non significa che uno schieramento valga l’altro, che basti che un candidato si dichiari “cristiano” o attento a certi “valori” per votarlo. E neppure ci si può accontentare di essere “lievito”, fermento positivo: non basta. Occorre misurarsi con quelli che più di un decennio fa l’allora cardinal Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, definì «principi non negoziabili». Essi sono contenuti nella Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica del 24 novembre 2002, indirizzata «ai Vescovi della Chiesa Cattolica e, in special modo, ai politici cattolici e a tutti i fedeli laici chiamati alla partecipazione della vita pubblica e politica nelle società democratiche ».

Cosa sono i «principi non negoziabili»?
Non è la prima volta che Il Timone ne parla. Li ricordiamo ai lettori. Si tratta di «principi morali che non ammettono deroghe, eccezioni o compromesso alcuno», in altri termini «esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili», perché «è in gioco l’essenza dell’ordine morale, che riguarda il bene integrale della persona». La Nota li enumera.

Questioni di scottante attualità
Si deve «tutelare il diritto primario alla vita a partire dal suo concepimento fino al suo termine naturale» e «allo stesso modo occorre ribadire il dovere di rispettare e proteggere i diritti dell’embrione umano». Analogamente, salvaguardare «la tutela e la promozione della famiglia, fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso e protetta nella sua unità e stabilità». Precisazione importante e di stringente attualità: alla famiglia «non possono essere giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di convivenza, né queste possono ricevere in quanto tali un riconoscimento legale».
Altro principio non negoziabile è «la garanzia della libertà di educazione» assicurata ai genitori per i propri figli. Completano la lista: la tutela sociale dei minori, la liberazione delle vittime dalle moderne forme di schiavitù (droga e sfruttamento della prostituzione), il diritto alla libertà religiosa, lo sviluppo di un’economia al servizio della persona e del bene comune, nel rispetto della giustizia sociale, del principio di solidarietà e di quello di sussidiarietà, secondo cui «i diritti delle persone, delle famiglie e dei gruppi, e il loro esercizio devono essere riconosciuti».
Nella Nota si precisa che, se dentro associazioni o organizzazioni di ispirazione cattolica emergono «orientamenti a sostegno di forze e movimenti politici che su questioni etiche fondamentali hanno espresso posizioni contrarie all’insegnamento morale e sociale della Chiesa», è evidente che «tali scelte e condivisioni, essendo in contraddizione con principi basilari della coscienza cristiana, non sono compatibili con l’appartenenza ad associazioni o organizzazioni che si definiscono cattoliche ».

Valori razionali, validi per tutti
Meno di quattro anni dopo, il 30 marzo 2006, ai membri del Partito Popolare Europeo, Ratzinger, divenuto Papa, ribadisce la posizione della Chiesa. «L’interesse principale dei suoi interventi nell’arena pubblica », afferma, «è la tutela e la promozione della dignità della persona e quindi essa richiama consapevolmente una particolare attenzione su principi che non sono negoziabili ». Tali principi, spiega, «non sono verità di fede anche se ricevono ulteriore luce e conferma dalla fede». Sono «iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l’umanità».
Perché la Chiesa li difende? La sua azione nel promuoverli «non ha carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone ». Azione «tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi». Avversare i «principi non negoziabili » non è una battaglia contro la Chiesa e una sua presunta interferenza nell’autonomia e laicità della società civile, ma è una «offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia stessa». Di recente, nel Messaggio per la Giornata della Pace di quest’anno, lo stesso Benedetto XVI ha ripetuto che i valori non negoziabili sono razionali e quindi validi anche per i non credenti.

L’inganno della «sobrietà»
Se quelli prima citati sono i punti di riferimento imprescindibili per un cattolico impegnato in politica e che chiede il voto ai cattolici (tutela della vita umana, difesa della famiglia e del matrimonio tra uomo e donna, libertà di educazione, sussidiarietà), stride che in alcune ben precise formazioni politiche, in cui militano esponenti del mondo cattolico o che si professano credenti e praticanti, sia considerato titolo di merito l’esclusione dai programmi delle «questioni eticamente sensibili », ritenute non urgenti. La crisi economica e i problemi del lavoro – si sostiene – esigono che non ci si divida su questioni ideologiche, per evitare un’inutile dispersione di energie. E ci si appella alla “libertà di coscienza”, foglia di fico sbandierata sempre dai “cattolici adulti” quando fa comodo e si rinuncia alla testimonianza, che richiede coraggio ed eroismo. Pensare che contino solo la diminuzione dello spread e la quadratura del bilancio dello Stato è riduttivo. Senza dimenticare che la concretezza delle opzioni politiche e amministrative ha sempre alle spalle una gerarchia di valori: non è la stessa cosa dare un contributo al Movimento per la vita per la sua opera di aiuto alle mamme in difficoltà o finanziare le associazioni a favore delle unioni gay. In conclusione, bisogna far pesare di più nei programmi dei partiti le questioni umane ed etiche, non limitandosi a vagliare l’affidabilità personale e l’onestà dei candidati. Come è stato acutamente osservato da un vescovo italiano, la sobrietà nello stile non garantisce nulla: i libri di storia sono zeppi di dittatori assolutamente sobri.
Ma c’è ancora spazio per una significativa presenza politica dei cattolici, seppure distribuita in vari schieramenti, o ci si deve rassegnare? Il Papa, ricordiamolo, si è sempre rivolto con coraggio ai potenti della terra e a chi ha responsabilità di governo, indicando quale modello di uomo deve ispirare le scelte politiche. Non è astratto allora chiedere attenzione ai «principi non negoziabili», perché i sacrifici si possono fare se c’è una prospettiva di bene che li giustifica. Si deve cessare di concepire la laicità dello Stato come rinuncia a essere testimoni nella società. Occorre invece contribuire al bene di tutti orientando, il più possibile, l’azione di governo.

RICORDA

«Il mondo cattolico ha bisogno di essere richiamato a questi valori. E questi valori devono essere formulati in modo sempre più chiaro, stringente, esemplificando la loro pertinenza, in modo che diventino i criteri per la scelta di persone, di formazioni, di strutture, le quali poi possono essere fatte tenendo presenti anche degli aspetti più analitici. Ma si arriva alle necessarie analisi, che possono essere anche articolate e variegate, soltanto se esiste una forte adesione a questi princìpi».
(Luigi Negri, in La Nuova Bussola Quotidiana, 1/1/2013)

 

 

 

 

IL TIMONE  N. 120 – ANNO XV – Febbraio 2013 – pag. 14 – 15

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