Venerdì 24 Ottobre 2025

La vera ricchezza è arricchirsi davanti a Dio

La predica corta del Timone, in agosto l'omelia di don Alessandro Galeotti

La vera ricchezza è arricchirsi davanti a Dio
Il Vangelo che la Chiesa oggi ci fa ascoltare si apre con l’intervento di un uomo che, mentre Gesù sta insegnando, Lo interrompe con una richiesta concreta e urgente: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità» (Lc 12,13). Non gli interessa la predicazione, né le parole di vita che stanno uscendo dalla bocca del Signore: ciò che conta per lui è risolvere una questione familiare, materiale, personale. È come se volesse dire a Gesù: “Va bene la religione, va bene la predicazione, ma la vita vera è un’altra cosa – ed è urgente”. Ma Gesù non si lascia ridurre al ruolo di arbitro o notaio. Con la Sua risposta – e con la parabola che segue – Egli va molto più in profondità. Non evita il problema: lo supera, per rivelare che il vero nodo non è l’eredità, ma il cuore dell’uomo che vive senza un senso, senza un “perché” più grande. Si risente l’eco lontana di un altro dialogo tra Dio e un altro fratello adirato, Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto?» (Gen 4, 6). Ed è proprio qui che il Signore ci sorprende. Non si tira indietro, non cambia discorso, ma risponde nel modo più serio e radicale: raccontando la parabola di un uomo che – apparentemente vincente – viene invece giudicato fallito. E lo fa con una parola che pesa come un macigno: «Stolto (ἄφρων)», cioè “senza l’uso della ragione”. Le cose per cui s’è speso, nelle quali ha avuto successo, sono effettivamente cose positive, ma manca la ragione, il “perché”, il senso ultimo dell’essere, dell’esserci. Il mio peccato, il peccato di ciascuno di noi, sia quello che devasta la relazione con Dio e con gli altri, sia quello che si sdrucciola dentro la nostra quotidianità senza quasi essere notato, anzi quasi dato per normale, si impone con la presunzione di richiamarci in modo più stringente al reale, quasi che Cristo sia un ideale, però la vita vera abbia bisogno d’altro. Il Signore ci raggiunge proprio lì, sorprendendoci per la serietà con cui ci tocca, ci afferra, nel reale; per quella ragione ultima che dà ragione ad ogni cosa, ogni giorno; perché l’eternità cui mi richiama dentro il tempo dà motivo e giudizio al modo in cui guardo «il grano e i miei beni» (Lc 12,18), e i miei fallimenti, e mio fratello, e mia moglie, e i miei figli, e la mia vita che rinasce ogni mattino, e la mia morte che si affaccia all’orizzonte. Egli è la prima e ultima ragione. E anche quando perdo la mia, resto lì, davanti a Lui, come «uno dalla folla» (Lc 12,13). E Lui mi guarda, con quella Parola che sorprende, e mi ricorda che la vera ricchezza è arricchirsi davanti a Dio (cfr Lc 12,21).

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