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EUTANASIA
Dai parlamenti a Hollywood, l’ideologia spinge nuove leggi anti vita
Cappato festeggia l’eutanasia in Uruguay , in Slovenia segue la scia e Clooney dà man forte alla propaganda.
21 Ottobre 2025 - 19:50

C’è chi brinda e chi prepara si prepara a sbancare il botteghino. Nella prima categoria c’è Marco Cappato, che sui social ha dato giubilante la notizia che il Sentato dell’Uruguay ha votato con maggioranza del 62% la legge che legalizza l’eutanasia nel Paese. Stavolta ha sostituito l’inflazionato «segno di civiltà» postando un «Dopo la cannabis, l’Uruguay ha legalizzato anche l’eutanasia. Un Paese interessante – ha scritto – soprattutto in questi tempi non facili per la libertà nel mondo».
A ben guardare l’Uruguay, il primo Paese sudamericano a legalizzare la morte di stato, è ben anche ben altro. «In un Paese con un alto tasso di suicidi, con gravi difficoltà nell’affrontare il tema della salute mentale – scrivono i vescovi - questa legge va contro il valore e la dignità della vita umana e ci mette sulla strada rischiosa di normalizzare la ricerca della morte come soluzione a situazioni di vita che possono essere affrontate in altri modi». Poi, nell’epoca in cui ci si riempie la bocca di lotta alle discriminazioni, rimarcano «ogni vita umana ci appare come qualcosa di unico, irripetibile e insostituibile; il suo valore è indipendente dallo stato di salute, dall'etnia, dal sesso, dalla cultura, dallo status socioeconomico o da qualsiasi altra circostanza»
Nel frattempo, la Slovenia si prepara a seguire la stessa scia. Il Parlamento di Lubiana, ha infatti stabilito che il prossimo 23 novembre i cittadini saranno chiamati a confermare o abolire la legge cosiddetta sul fine vita, ossia che potrebbe introdurre la legalizzazione del suicidio assistito nel Paese. Terza Novak, una delle anime del sostegno al testo, ha ribadito che «le norme sul fine vita vanno oltre la mera decisione personale sulla morte assistita, ma rappresentano un passo-chiave verso una società dove le persone possano decidere in autonomia sul proprio destino». Perché alla fine si torna sempre lì, al sacro dogma dell’autodeterminazione.
Ma l’ideologia pro-morte — travestita da progresso, ça va sans dire — corre veloce da un continente all’altro. Dai Parlamenti ai palinsesti, dalla cronaca alla fiction, con tappa obbligata a Hollywood. L’ultimo megafono della propaganda è George Clooney, pronto a produrre un film «sul coraggio di scegliere la propria fine». Il copione è quasi banale: un protagonista malato, un matrimonio, una moglie che, per amore ovviamente, accompagna il marito che soffre di Alzheimer a morire “degnamente” in Svizzera. Ambientazione patinata e morale preconfezionata fanno il resto:il messaggio è che decidere di morire sia una scelta romantica, liberatoria.
Non serve esser complottisti per rilevare che c’è un burattinaio che tira le fila, la morte come libertà, la sofferenza come disperazione, un omicidio come atto di pietà. Una regia da tenere ben presente in vista della discussione sul suicidio assistito nel nostro Paese, c’è un’ideologia che capovolge la realtà, e per sottrarsi non basta la via del cosiddetto “male minore”, perché una volta fatto un forellino, la diga viene giù del tutto.