Giovedì 23 Ottobre 2025

Politica e tradizioni

Santi civili e città mariane: l’Italia che torna a guardare in alto

Dal 2026 il 4 ottobre sarà festa nazionale in onore di San Francesco. Ma anche nei comuni d’Italia cresce il desiderio di riaffermare le nostre radici spirituali.

Santi civili e città mariane: l’Italia che torna a guardare in alto

Stranamente quasi tutti i parlamentari – dal centrodestra al centrosinistra – hanno votato a favore. Sarà perché quando si tratta di festività nessun laicista ha mai protestando boicottando il giorno di vacanza o rifiutando la maggiorazione nello stipendio, sarà perché San Francesco esercita ancora un certo ascendente, almeno nel nostro Paese, sebbene qualcuno lo abbia erroneamente scambiato per il santo ecologista. Fatto sta che dal prossimo anno, il 4 ottobre uffici pubblici, scuole e la maggior parte delle attività private resteranno chiusi, come avviene per le altre festività. Fino ad ora la data rientrava tra le “solennità civili”: si celebravano San Francesco d’Assisi e Santa Caterina da Siena, patroni d’Italia. L’idea di rendere festivo quel giorno è legata all’ottavo centenario della morte di San Francesco, che cadrà nel 2026, ma in Parlamento se ne discute da oltre vent’anni. Con la nuova legge, il 4 ottobre diventa il dodicesimo giorno festivo del calendario italiano, oltre alle domeniche.

«Un segnale di unità», lo aveva definito la premier Giorgia Meloni rimarcando che: «Il sostegno bipartisan e pressoché unanime alla proposta» ricompatta in qualche modo «la politica politica attorno a una delle figure più rappresentative e distintive dell’identità nazionale. Un Santo amato da tutto il popolo italiano e in cui tutto il popolo italiano si riconosce. La Festa nazionale – ha detto ancora - sarà l’occasione per celebrare un uomo straordinario e ricordarci, ogni anno, chi siamo e cosa ci unisce nel profondo».

Ma aldilà del consenso unanime al giorno più di festa sul calendario, questo è forse segno di un clima che, nonostante tutto, un po’ sta cambiando, e di cui possiamo scorgere segni anche apparentemente minori come dimensioni, ma non certo come importanza. Lo mese di luglio infatti, il comune di Avigliano, in provincia di Potenza, con regolare delibera ha posto la città sotto la protezione mariana, proclamando la Madonna del Carmine "patrona civitatis". A prima vista potrebbe essere un gesto come tanti, nel Paese dei campanili, va però rimarcato che la delibera comunale non è un atto ecclesiastico, bensì civile, con cui l’amministrazione riconosce simbolicamente la Madonna come patrona della città dal punto di vista politco, identitario e culturale.

«La devozione alla Madonna del Carmine – spiega il sindaco Giuseppe Mecca, che abbiamo raggiunto al telefono - non riguarda solo i cittadini Avigliano, ma più in generale il territorio aviglianese, che comprende anche le comunità limitrofe alla nostra città e effettivamente anche la morfologia del nostro territorio, che è caratterizzata da un centro urbano e dalla presenza di numerose frazioni, oltre settanta. Questo territorio trova un comune denominatore proprio nel Monte Carmine, un comune denominatore non solo materiale, perché è la montagna che sostanzialmente unisce o divide a seconda dei punti di vista il territorio, ma dal punto di di vista sovrannaturale. Anche tutti gli aviglianesi che vivono fuori sentono molto questa devozione. Ecco perché il Consiglio Comunale nell'anno giubilare ha pensato di intitolare la città San Maria, dopo aver chiaramente condiviso questo percorso con il parroco e con il Consiglio Comunale, il Vescovo Davide Carbonaro».

La delibera è arrivata giusto in tempo per la solennità della Madonna del Carmine, il 16 luglio, quando si è svolto un rito altrettanto simbolico ossia la consegna, da parte del primo cittadino, delle chiavi della città proprio alla Madonna. «Da noi per la festa del Carmine ci sono due processioni, a luglio, la Madonna sale al Monte Carmine e lì rimane fino alla seconda domenica di settembre, il 14  scende e restituisce all'ente civico le chiavi, che vengono costruite nella stanza del sindaco. Si è istituita anche una nuova ritualità per, in qualche modo, suggellare questa vicinanza tra la parte civile e la parte ecclesiastila fondendole in questo gesto altamente simbolico». Un gesto molto sentito dai fedeli, ma che anche chi non crede vive fortemente per l’aspetto legato alla tradizione, motivo per cui, anche in questo caso, la decisione è stata bipartisan.

In Basilicata bisogna andare al 27 novembre del 1954 per trovare una seduta del consiglio comunale in cui con una deliberà si proclamava “Matera città di Maria”, dello stesso anno un precedente più, in Sicilia anche Ispica fu proclamata “Civitas Mariae” ossia “Città di Maria”, anche in quel caso il titolo fu conferito con una delibera del Consiglio comunale che riconosceva ufficialmente la devozione mariana secolare della città e la proclamava “Patrona civitatis”. Chissà che magari possa essere di ispirazione anche ad altre amministrazioni, in questo tempo a volte faticoso, in cui l’affidamento a Maria può essere davvero un'ancora di salvezza.

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