XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C
«Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto darvi il Regno» (Lc 12,32). Gesù non ci dice solo di non avere paura del futuro, delle difficoltà o delle incertezze. Ci sta dicendo una cosa più grande, più profonda. Ci sta dicendo che la nostra vita non è mai in bilico, non dipende dal nostro sforzo, né da quello che possediamo. La nostra vita è appoggiata su una roccia solida: apparteniamo a Dio.
Non temere, piccolo gregge, perché tu non sei solo. Non sei tuo. Sei Suo. Sei amato, scelto, prediletto. Questa è la grande promessa che Gesù ci fa. Il Regno che Dio ci offre non è qualcosa da guadagnare o conquistare, ma un dono da accogliere, come il più grande dei tesori. La vera ricchezza non è mai nelle cose che possediamo, ma nel sapere che siamo di Dio.
“Non temere”, non significa stare tranquilli. Significa che la nostra vita ha un valore che va oltre ogni paura, ogni attesa, ogni preoccupazione. La nostra vita è già nelle mani di Dio, ed è proprio da questa certezza che nasce la nostra libertà. Libertà di non essere schiavi delle cose, delle relazioni, delle convenzioni e dei giudizi del mondo. Libertà di dare, perché sappiamo che, in fondo, niente ci appartiene se non ciò che è di Dio.
“Mi appartiene”, dice il mondo. Ma la vera domanda è: “A chi apparteniamo?”. Non siamo noi i padroni delle nostre vite, non siamo i padroni di quello che possediamo. Siamo Suoi. E quando capiamo che la nostra vita non ci appartiene, che apparteniamo a Dio, il cuore si libera. Non temiamo di perdere ciò che abbiamo, perché sappiamo che ciò che abbiamo è un dono di Dio, e vivere per Lui è l’unica vera ricchezza.
«Vendete i vostri beni e date in elemosina» (Lc 12,33). Non perché le cose siano cattive, ma perché non possiamo vivere con il cuore legato alle cose. Il nostro cuore deve essere libero, deve appartenere a Dio. Quando siamo consapevoli che siamo Suoi, che la nostra vita è nelle Sue mani, ogni cosa che possediamo diventa un mezzo per vivere la Sua volontà, non un fine. Ogni nostro atto, ogni nostra scelta, diventa segno di quella libertà che nasce dal sapere che siamo già nelle Sue mani.
Il Signore lo aveva detto, attraverso il profeta Isaia, in modo ancora più forte: «Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni» (Is 43,1). Questo è il cuore di ogni vocazione, di ogni cammino di fede. Tu mi appartieni. Non siamo mai soli. La nostra vita è radicata in una promessa che ci dà dignità, che ci rende capaci di guardare al futuro con speranza, senza paura, senza attaccamento a ciò che svanisce.
«Beati quei servitori che il padrone, al suo ritorno, troverà vigilanti» (Lc 12,37). Non siamo chiamati a vivere come se la nostra vita fosse indipendente da Dio, ma a vivere in attesa di Lui, in vigilanza, pronti a giudicare ogni nostro gesto a partire da Lui, dalla certezza di appartenerGli. Non si tratta solo di aspettare, ma di vivere questa attesa nel quotidiano, vivendo già da ora nel Suo Regno.
«Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto darvi il Regno». Questo è l’annuncio che Gesù ci fa oggi. La nostra vita è nelle mani di Dio. Se siamo nelle Sue mani, nulla potrà separarci dal Suo amore. E questa consapevolezza ci rende liberi. Liberi di vivere senza paura, liberi di donare, liberi di amare, liberi di non attaccarci a ciò che passa, perché la vera ricchezza è già nelle mani di Dio. E ciò che ci appartiene davvero è che siamo Suoi.