Venerdì 24 Ottobre 2025

Scendere per salire

La predica corta della domenica, in agosto l'omelia di don Alessandro Galeotti

Scendere per salire
Gesù entra in casa di un fariseo. Un sabato. Un giorno sacro, un luogo religioso. Eppure lì, proprio lì, si manifesta l’orgoglio dell’uomo. Tutti si osservano, si scrutano. È l’atteggiamento di chi si misura, si confronta, cerca il posto migliore. E Gesù, come sempre, legge i cuori. Non condanna, ma corregge. Non si impone, ma propone. Racconta una parabola. E ci dice qualcosa di decisivo per la nostra vita: davanti a Dio, non si sale, si scende. «Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato» (Lc 14,11). Non è una strategia spirituale, non è un gioco di ruoli per ottenere comunque qualcosa. È la verità del Vangelo: solo chi riconosce di non bastarsi, può accogliere la grazia. Solo chi smette di cercare il primo posto, può essere scelto da Dio. Anche io, a volte, vorrei una porta larga, un riconoscimento, una promozione silenziosa. C’è una fame di affermazione che può travestire perfino la fede. E invece Gesù insegna a scendere. A scegliere l’ultimo posto non come auto-disprezzo, ma come spazio libero, disponibile, dove Dio può raggiungermi. Il Siracide lo dice con chiarezza: «Quanto più sei grande, tanto più fatti umile» (Sir 3,18). L’umile è saggio, perché ha imparato a stare al suo posto davanti a Dio. Non deve dimostrare nulla, perché sa che tutto gli è dato. E dove c’è umiltà, c’è spazio per la verità. La Lettera agli Ebrei ci porta ancora più in profondità: ci ricorda che non ci stiamo accostando a un Dio lontano, ma a un Dio presente. Non al terrore del Sinai, ma alla gioia della Gerusalemme celeste, dove tutto è comunione, vita, alleanza. E se davvero entriamo in questa consapevolezza, allora anche noi possiamo lasciare le posizioni da difendere, le maschere da indossare, e vivere come figli. Ecco perché dobbiamo fermarci un attimo a riflettere su ciò che la domenica rappresenta per noi. La domenica non è un giorno di “vacanza”, come un tempo vuoto, privo di senso se non fosse riempito da ciò che veramente conta. Non è solo un giorno di distrazione dal lavoro o dalla routine, ma è un giorno che appartiene al Signore, un giorno da vivere nella gioia e nel riposo della Sua presenza. La vacanza può dare una pausa, ma non ci libera davvero. La festa, invece, è un altro tipo di "tempo", perché celebra il festeggiato. E qui, la festa è tutta per Lui, per il Signore che ci dona la Sua vita e il Suo amore. È il giorno in cui siamo chiamati a celebrare e riconoscere ciò che di più bello abbiamo: la Sua presenza tra noi, la Sua chiamata alla nostra libertà. La domenica, quindi, è una festa, e non una semplice "vacanza". È il giorno in cui siamo liberi per ciò che conta davvero, in cui possiamo fermarci e riscoprire la pienezza della vita che Cristo ci dona. Non confondiamo la vacanza con la festa. La vacanza sembra darci un po’ di sollievo, ma la festa ci fa riscoprire il senso profondo della nostra esistenza. La vera libertà, quella che Gesù ci dona, non è un riposo vuoto, ma un riposo che ci ricarica e ci dà la forza di vivere la nostra missione con il cuore acceso dalla Sua passione. Ecco, ogni domenica è il giorno in cui possiamo davvero essere liberi, celebrando il festeggiato: il nostro Signore. È un giorno di rinnovamento, di pace vera, che non ha prezzo, dove tutto ciò che ci lega a questo mondo svanisce davanti alla Sua presenza. E siamo liberi proprio perché la domenica non ci appartiene: è il tempo di Dio, sottratto alla produttività, alla corsa, al controllo. È un tempo "altro", che ci ricorda che non siamo padroni nemmeno del tempo, ma figli, chiamati a ricevere, non solo a fare. È lì che scopriamo la libertà vera: non nel tempo che gestiamo, ma nel tempo che accogliamo. In tutto questo, ricordiamoci che ottemperare al precetto, cioè andare alla Messa festiva, non è la stessa cosa che riconoscere che la domenica è veramente di Dio.Osservare il precetto può diventare un modo per “comprare” la salvezza, un adempimento formale che si limita a un dovere da assolvere. Riconoscere invece che il tempo della domenica non è mio, ma è tempo di Dio, è accogliere la salvezza che entra davvero nella mia vita, liberandomi dall’illusione di potermi salvare da solo. È in questa vera accoglienza che la domenica diventa per noi tempo di libertà e di festa autentica, il momento in cui il cuore si apre al dono di Dio. Solo così la domenica ci libera davvero: non perché “dobbiamo”, ma perché vogliamo, perché abbiamo incontrato Colui che trasforma il tempo e il cuore. Gesù, nella casa del fariseo, non parla solo a quelli di allora, ma a noi oggi: ci invita a scendere, per ritrovare il posto vero, il nostro. E da lì, lasciarci sollevare da Lui. Senza calcolo, senza sforzo, solo con la libertà di chi sa che la festa è già cominciata.

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