XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B
“Ecco l’agnello di Dio”. Troviamo in questa frase pronunciata da San Giovanni Battista, che il sacerdote dice rivolto ai fedeli mentre presenta loro il Corpo Santissimo del Signore, il filo conduttore per comprendere appieno ciò che le letture di questa venticinquesima domenica del Tempo Ordinario offrono alla nostra meditazione.
L’agnello è piccolo, dolce, fragile, non ha quella forza fisica tale da difendersi, proprio come il bambino che Gesù abbraccia e, come in molte altre occasioni, addita ai suoi discepoli come esempio da seguire.
Noi sappiamo bene e vediamo, soprattutto in questi ultimi tempi, come la vita del buon cristiano, cioè colui che veramente cerca di conformarsi a Gesù, sia caratterizzata dalla persecuzione. È vero, a noi non viene necessariamente richiesto il dono della vita nel Martirio di sangue come accade in alcuni paesi del mondo, ma vediamo chiaramente come chi desidera portare il messaggio di Cristo al prossimo: nel luogo di lavoro, nella politica, agli amici etc…, anche nella nostra società occidentale viene messo da parte, snobbato, considerato fastidioso e dunque da zittire.
“Dissero gli empi, tendiamo insidie al giusto che per noi è di incomodo e si impone alle nostre azioni”. È interessante notare che gli empi riconoscono il giusto come tale e vogliono toglierlo di mezzo. Quante volte capita anche a noi di vedere qualcun altro fare bene, sappiamo che dobbiamo imitarlo e invece ci dà fastidio? Per questo San Giacomo ci mette in guardia dalle discordie, dalle gelosie, dallo spirito di rivalità che derivano dalla nostra natura ferita dal Peccato Originale. Quale pace però ha colui che, affidandosi completamente a Dio mite e umile di cuore, vince i propri vizi.
Gli apostoli non comprendono le parole di Gesù Sulla passione e morte a cui stava andando incontro, essi si aspettavano un Messia guerriero, che avrebbe sistemato tutto con la forza. Ancora una volta ci viene in mente il nostro Don Camillo, che in un momento di nervosismo si rivolgeva al Cristo dell’Altare maggiore dicendo: ” Gesù perché non li fulminate tutti?” e Gesù con pazienza:” Don Camillo se per far capire il suo errore a qualcuno tu lo fulmini, a che scopo mi sarei fatto mettere in croce? “.
Chiediamo dunque al Padre Celeste, attraverso le dolcissime mani di Maria Santissima, i doni della mitezza, nella misericordia e della pace interiore, per essere di esempio a chi ci sta intorno e, come quel bambino abbracciato da Gesù, entrare nel Regno dei Cieli.
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