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Bellini, nel volto di Cristo morto la promessa della Risurrezione
NEWS 29 Marzo 2024    di Vincenzo Sansonetti

Bellini, nel volto di Cristo morto la promessa della Risurrezione

«Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse […] Vi andò anche Nicodemo […] Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura». Così Giovanni nel suo Vangelo. Marco e Matteo precisano che era presente anche Maria Maddalena.

Questi i riferimenti neotestamentari cui si attiene Giovanni Bellini – l’iniziatore del Rinascimento veneziano – per uno dei suoi capolavori, il Compianto sul Cristo morto, olio su tavola (1475 ca., 107×84 cm) conservato nella Pinacoteca Vaticana ed eccezionalmente esposto nel Museo diocesano di Milano fino all’11 maggio. Il dipinto era in origine la cimasa, cioè l’elemento superiore, della Pala dell’altare maggiore della chiesa di San Francesco a Pesaro, di cui faceva parte integrante. Nel 1797 è l’unica componente della Pala ad essere requisita dalle truppe di occupazione napoleoniche; rientrerà in Italia nel 1816, per essere poi definitivamente sistemata appunto nella nuova collezione d’arte del Vaticano.

L’inquadratura del dipinto è verticale. Al centro della scena Gesù deposto, esangue e tuttavia luminoso pur nel pallore della morte. Alle sue spalle, con il volto seminascosto, Giuseppe d’Arimatea, in vesti sontuose bianche e rosse, regge con devoto rispetto il corpo di Cristo seduto sul sepolcro. In piedi, sulla destra, Nicodemo tiene in mano il vasetto dei profumi preziosi, da cui attinge una bellissima Maria Maddalena, dai morbidi capelli ondulati: è inginocchiata per ungere con delicatezza le ferite del suo Signore. L’affetto profondo della donna è incarnato nell’intreccio delle sue mani con quella di Gesù, quasi volesse fondersi con il suo Salvatore. Il dolore collettivo del compianto per la perdita del Maestro è manifestato dai tre con un’espressione straziata ma composta, muta: hanno gli occhi socchiusi, incapaci di volgere lo sguardo su quelle carni martoriate e sante. Il cielo chiaro sullo sfondo, con l’azzurro che fa capolino tra candide nuvole, è un segno di speranza che preannuncia la Risurrezione. Ma ciò che colpisce di più è l’umanità di Cristo, quel viso meraviglioso di un uomo certamente defunto, ma il cui volto emana splendore e bellezza. Nel terzo giorno dopo la sepoltura vincerà la morte sovvertendo le leggi naturali, perché anche noi potessimo entrare con Lui nella vita vera, la vita eterna.

Giovanni Bellini, detto il Giambellino (1438 o 1440-1516), era figlio d’arte. Apprende infatti il mestiere nella bottega del padre Jacopo, e anche il fratello Gentile era pittore. La sua genialità è aver creato un linguaggio nuovo, che punta sulla luce e sul colore. Gran parte della sua produzione è dedicata a soggetti sacri e religiosi, a lui cari: è celebre infatti per le sue numerose, dolcissime Madonne con il Bambino, oggi presenti in tutte le maggiori collezioni pubbliche e private del mondo, da Brera a New York; ma è anche ricordato – sul modello bizantino dell’imago pietatis – per le profonde rappresentazioni del tema del sacrificio di Cristo per la salvezza dell’uomo, come il Cristo morto del Poldi Pezzoli di Milano o la Pietà alle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Cambiano i gesti, gli sguardi e le pose dei personaggi presenti, e vengono inseriti angeli o devoti dolenti, ma sempre con l’intento di far partecipare chi osserva alle sofferenze del Salvatore. Il Compianto dei Musei Vaticani spicca come una dei più notevoli esempi di questo filone in cui l’artista vuole metterci di fronte al dramma della Passione.

La visita al Museo diocesano di Milano, arricchita da un percorso di “avvicinamento” all’opera che ci permette di immergerci nel mistero della Passione e Risurrezione, non ci dà solo l’occasione di ammirare un capolavoro, ci offre anche la possibilità di cogliere la grandezza e il valore della morte in Croce di Colui che si è sacrificato per noi e per la nostra salvezza. Il Compianto di Bellini ci invita al silenzio e alla preghiera, con lo struggimento di aver causato anche noi – con il nostro peccato – quelle piaghe sanguinanti. Ma con la certezza che quel sangue innocente ci ha redenti per sempre.

(In foto: Giovanni Bellini, “Compianto sul Cristo morto”, 1475, particolare).

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