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Card. Müller: «Non dobbiamo mai deporre la croce e rinnegare Gesù»
NEWS 2 Ottobre 2024    di Redazione

Card. Müller: «Non dobbiamo mai deporre la croce e rinnegare Gesù»

«Vogliamo essere fedeli alla croce di Gesù, anche se veniamo ridicolizzati da chi è al potere come medievali o osteggiati all’interno della Chiesa come antiquati e fuori dalla realtà da compagni cristiani secolarizzati», questo è solo uno dei tanti punti salienti toccati dal cardinale Gerhard Müller, prefetto emerito della Congregazione per la dottrina della fede, durante l’omelia in occasione della festa dell’Esaltazione della Santa Croce. Ne riportiamo alcuni stralci tradotti dalla versione originale in tedesco.

«Il giorno dopo la consacrazione della basilica di Costantino sul Santo Sepolcro, nel 335 d.C., ai fedeli di Gerusalemme fu mostrata la croce di Cristo che aveva trovato sant’Elena, madre dell’imperatore. Ancora oggi celebriamo la festa dell’Esaltazione della Croce ogni 14 settembre. Non ci ricorda solo la data storica della consacrazione di una chiesa. Piuttosto, la Divina Liturgia ci collega concretamente con un evento storico di portata cosmica: la morte di Gesù sulla croce del Golgota. […]

Quando incontriamo la croce di Gesù nelle nostre case, in chiesa e in pubblico nella sua rappresentazione pittorica e figurativa, come discepoli di Gesù pensiamo alle parole con cui ha prefigurato la sua morte salvifica: “Quando sarò innalzato sopra la terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). Perciò non dobbiamo mai […] deporre la croce di Gesù e rinnegare Gesù. Perché rimangono nelle nostre orecchie e nei nostri cuori le sue parole: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” (Lc 9:23). Prendere la propria croce e non posarla: questo è ciò che definisce il cristiano del XXI secolo.

Non […] nel senso del simbolismo di una religione civile, quando ci giustifichiamo facendo riferimento ai valori cristiani come alle radici della cultura occidentale, di fronte a un ambiente scristianizzato fino al midollo. Il cristianesimo non è solo un programma culturale, anche se può diventare la radice di tutta l’umanità per ogni cultura. Non è nemmeno una mera etica, anche se è anche la radice di ogni etica dell’amore per Dio e per il prossimo.

La nostra fede cristiana è l’abbandono totale al Dio trino nell’amore che il Padre di Gesù Cristo ha riversato nei nostri cuori attraverso lo Spirito Santo (Rm 5,5). Quando guardiamo a Cristo sulla croce, ci riempiamo dell’immediata certezza del significato eterno di ogni vita umana. Tutti i presenti […] dovrebbero sentirsi direttamente interpellati come persone create a immagine e somiglianza di Dio nella loro vita e nei loro pensieri, nelle loro speranze e nelle loro sofferenze, nei loro rapporti con i cari e con i nemici, quando Gesù dice: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna”. (Gv 3,16).

Non è l’amore dei sentimenti romantici o della simpatia calcolata secondo la regola del “do ut des”, dalle cui crepe fa capolino il nichilismo o trasuda velenoso il cinismo. L’amore di Dio è redentivo e creativo perché Dio non guadagna nulla e non perde nulla […]. Egli si dona a noi come la verità attraverso cui lo riconosciamo e la vita in cui diventiamo una cosa sola con lui. Chi pensa secondo gli standard del mondo e quindi dichiara che il denaro e la fama, il potere e il lusso rappresentano l’elisir della vita, deve allontanarsi da un Dio in croce […]. E chi definisce Dio come superiorità assoluta e pensiero autosufficiente dal punto di vista filosofico, rabbrividirà di fronte alla “parola della croce” (1 Cor 1,18) come espressione di un’idea immatura o primitiva di Dio. “Ma noi annunciamo Cristo: per i Giudei un’offesa, per i Gentili una stoltezza, ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo, potenza e sapienza di Dio. Perché ciò che è stolto in Dio è più saggio degli uomini, e ciò che è debole in Dio è più forte degli uomini.” (1 Cor 1,22-25).

Di fronte al potere forte dell’ateismo politico e ideologico e all’ostilità […] nei confronti della Chiesa di Cristo in tutto il mondo, la causa di Cristo sembra perduta – come un tempo sul Golgota, quando Gesù fu deriso con le ciniche parole: “Se sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce! […] Allora crederemo in lui” (Mt 27,40.42). Secondo i criteri umani, la Chiesa si trova in una posizione persa. Ma tutti coloro che storicamente hanno [perseguitato, n.d.r.] Gesù e i suoi discepoli nel corso del tempo, oggi sono dimenticati o hanno una cattiva reputazione […]. Ma Gesù vive. È l’unico che può vincere la nostra morte e aprire il cuore dei persecutori al suo amore. Per questo vogliamo essere fedeli alla croce di Gesù […]. Noi ci inginocchiamo solo davanti al nome di Gesù. Confessiamo Lui, che è stato obbediente fino alla morte sulla croce. “Perché Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre”. (Fil 2,11). […] Preghiamo con gioiosa certezza. Nella croce c’è la salvezza, nella croce la vita, nella croce la speranza». (Foto: Imagoeconomica)

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