Dovrebbe essere buona norma leggere fino in fondo i libri che si recensiscono, anche se non tutti lo fanno. A volte si fatica… a volte no, quando s’incontrano libri che smuovono, insegnano e divertono. Il manuale del diavolo di Rino Cammilleri (Cantagalli, euro 23), appena uscito, è uno di questi: è annata buona, è il miglior Cammilleri, quello che si legge sino in fondo, pagina dopo pagina.
Sono consigli del diavolo a un suo apprendista per far finire all’inferno con agio le persone. Conosciamo quelle strategie? Non tutte, come dimostra con molto arguzia Cammilleri. Perché una buona parte di queste sono “buone intenzioni” e giri mentali che ci colgono a tradimento. Conoscere le strategie diaboliche serve: «Il più grande errore moderno non è l’annuncio della morte di Dio, ma l’essersi persuasi della morte del diavolo» scriveva Nicolas Gomez Davila citato dal diavolo di Cammilleri. Il Manuale del diavolo non è un romanzo, è un lungo monologo brillante, vario, arguto, ricco di aneddoti e osservazioni che passando di argomento in argomento non stanca mai, fa pensare, svela.
Può essere che oggi sia più facile finire all’inferno, considerando lo stato della nostra società e le tante tentazioni e sviamenti a cui siamo soggetti. Cammilleri, in forma di monologo, fa confessare al diavolo l’importanza della Germania nelle sue trame. E così, spiega al proprio apprendista: “Lo sai perché i maggiori problemi della Chiesa vengono sempre dalla Germania?”. Perché è per metà protestante e lì i teologi cattolici vivono accanto ai luterani “che conoscono così bene la Scrittura”. Allora per quieto vivere “protestantizzano il cattolicesimo” e così vanno maggiormente d’accordo coi colleghi luterani: “Infatti, vivere in costante tenzone alla lunga fiacca e snerva. Meglio poter dire al collega protestante: ma sai che forse hai ragione? Non completamente, certo, ma la tua prospettiva mi ha aperto una diversa visuale…”. Ecco spiegata la tendenza della teologia cattolica tedesca, una delle più influenti, ad annacquarsi, a snaturarsi, a compromettersi, con tutte le ricadute che seguono. Il diavolo – ovviamente – caldeggia queste aperture, questi cedimenti.
Nel suo discorrere vario, non dimentica come mettere zizzania fra uomini e donne, come ci sia il suo zampino nell’attuale aumento dei suicidi, “in particolare tra i giovani” aggiungendo che “è il gran successo del nostro Dipartimento Teologico”, e si compiace, poiché “ci ha messo secoli a convincere la gente che dopo la morte c’è solo il Nulla”, ma alla fine ce l’ha fatta. Con leggerezza e ironia, Cammilleri riesce a parlare di questioni di grande importanza, tragiche addirittura, senza mai annoiare passando per acute osservazioni su Marx ed Engels, vari filosofi e letterati, i romantici, la crisi dei matrimoni, il cellulare, la pornografia, i diritti degli animali, il cambiamento climatico, i preti, il cinema, i sacramenti e altro.
Questo diavolo chiacchierone e molto superbo – non potrebbe essere altrimenti – passando da un argomento all’altro è ben compiaciuto di quello che insegna e sa che i suoi apprendisti mieteranno successi. Così loda se stesso e i tanti modi con cui oggi soprattutto riesce a irretire e portare alla perdizione tante persone. Ad esempio, come già aveva capito Dickens, quando il diavolo ci persuade che il prossimo è costituito soprattutto da chi è lontano, dall’altra parte del mondo, è più facile sviare il dovere della carità vera giacché il più lontano è più facile da amare. Di aneddoto in aneddoto, di storia in storia, ci troviamo a riconoscere tutte le armi del marxismo gramsciano o politicamente corretto (“woke”) e i suoi effetti. Non è attraverso la cattiveria che molti si perdono, ma nella convinzione di essere “più buoni di Gesù”. Dolorosamente, è ciò che sta facendo una parte della Chiesa supertollerante, quella che abbraccia la contemporaneità, quella “aggiornata” che ostacola sempre meno il male e allontana i fedeli, avvicinandoci all’eskatón. E dopo tanta ironia… un brivido ci prende.
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