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Conservarono la fede per due secoli in clandestinità . Un museo celebra gli eroi cattolici del Giappone
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16 Maggio 2014

Conservarono la fede per due secoli in clandestinità . Un museo celebra gli eroi cattolici del Giappone

Grazie a una collaborazione fra un'editrice e l'arcidiocesi cattolica, il prossimo gennaio aprirà a Nagasaki un museo per celebrare i "Kakure Kirishitan", i cristiani rimasti fedeli a Cristo e alla Chiesa nonostante una feroce persecuzione e la totale assenza di libertà e pratica religiosa. L'iniziativa è nata grazie a Chiyoko Iwanami (66 anni), che oggi vive a Tokyo e che ha voluto rendere omaggio alla testimonianza dei cristiani perseguitati durante lo shogunato Tokugawa del periodo Edo (1603-1867).

Il museo verrà aperto nel distretto Heiwamachi di Nagasaki, non lontano dalla cattedrale Urakami e dal Museo del bombardamento che ricorda la distruzione avvenuta dopo lo sganciamento degli ordigni atomici sul Giappone del 1945. Secondo la Iwanami, anche questa tragedia ha influito sulla scelta: "Moltissimi cattolici morirono durante il bombardamento, e questo ha creato una dispersione della memoria dei Kakure Kirishitan. Voglio mostrare alla gente quanto sia difficile proteggere la propria fede se non c'è libertà religiosa".

La struttura sarà inaugurata nel gennaio 2015, per celebrare i 150 anni dalla "riemersione" dei cristiani in Giappone. Essa coprirà 140 metri quadri al primo piano di un edificio di proprietà della stessa Iwanami, che con la sua casa editrice ha pubblicato diverse opere sulla persecuzione anti-cristiana e sulla storia di Nagasaki. L'arcidiocesi di Nagasaki si occuperà degli oggetti in mostra, soprattutto medaglie religiose e icone oggi presenti al Museo nazionale di Tokyo.

Dopo circa due secoli e mezzo di totale clandestinità, la comunità cristiana sotterranea del Giappone – i "Kakure Kirishitan", convertiti nel XVI secolo e rimasti fedeli alla Chiesa nonostante la totale assenza di missionari, sacerdoti, libertà o pratica religiosa – riemersero dall'oscurità dopo l'inaugurazione della chiesa di Oura (nei pressi di Nagasaki) che il governo di Tokyo aveva concesso ai missionari francesi.

Mentre pregava all'interno della chiesa, il 17 marzo 1865, il p. Petitjean – missionario del Mep, poi divenuto primo vescovo di Nagasaki – venne raggiunto da un piccolo gruppo di contadini del luogo che gli chiese se "fosse possibile salutare Gesù e santa Maria". Dopo un primo momento di stupore, il sacerdote si fece raccontare la loro storia: una comunità cristiana numerosa e ancora fedele a Roma era presente nel Paese sin dalle persecuzioni del 1500.

Proprio l'esempio dei cristiani giapponesi è stato spesso ricordato da papa Francesco, che durante l'udienza generale del 15 gennaio ha detto: "La storia della comunità cristiana in Giappone è esemplare. Sentite bene: essa subì una dura persecuzione agli inizi del secolo XVII. Vi furono numerosi martiri, i membri del clero furono espulsi e migliaia di fedeli furono uccisi. In Giappone non c'era più nessun prete, tutti sono stati espulsi. Allora la comunità si ritirò nella clandestinità, conservando la fede e la preghiera nel nascondimento, e quando nasceva un bambino, il papà e la mamma lo battezzavano, perché tutti noi possiamo battezzare. Quando, dopo circa due secoli e mezzo, i missionari ritornarono in Giappone, migliaia di cristiani uscirono allo scoperto e la Chiesa poté rifiorire. Erano sopravvissuti con la grazia del loro battesimo!".

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