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12.12.2024

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Dovremmo perdonare le offese ricevute tante volte quante Dio perdona le nostre
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29 Novembre 2014

Dovremmo perdonare le offese ricevute tante volte quante Dio perdona le nostre

dal Catechismo Tridentino

 

«Come noi li rimettiamo ai nostri debitori». Questa particella: come, si può intendere in due modi; infatti ha forza di similitudine, quando chiediamo a Dio che, allo stesso modo che perdoniamo le ingiurie e le contumelie a coloro che ci hanno offesi, cosi egli condoni a noi i nostri peccati. Denota pure condizione; nel quale senso l'interpreta Cristo Signore in quel detto: Se perdonate agli uomini le loro mancanze, perdonerà a voi il Padre celeste i vostri peccati; ma se non perdonate agli uomini, nemmeno il Padre vostro perdonerà a voi le vostre mancanze (Mt 6,14).

Tanto nell'uno che nell'altro significato risalta per noi la necessità di perdonare; se vogliamo che Dio ci conceda il perdono dei nostri peccati, è necessario che noi cominciamo col perdonare coloro dai quali ricevemmo offesa. Anzi Dio tanto esige da noi di dimenticare i torti e di sentire mutua carità, da rigettare e disprezzare i doni e i sacrifici di coloro che non si sono riconciliati col perdono.

Anche la legge di natura richiede che ci mostriamo, verso gli altri, quali desideriamo che essi siano con noi; e impudente oltre ogni dire sarebbe colui che domandasse a Dio la remissione dei suoi peccati, e conservasse poi l'animo suo ostile verso il prossimo. Perciò devono essere sempre pronti al perdono coloro che hanno subito un'offesa. A ciò li spinge fortemente questa preghiera, e l'ordine di Dio che troviamo in san Luca: Se il tuo fratello pecca verso di te, riprendilo; e se è pentito, perdonagli. Se avrà peccato contro di te sette volte al giorno, e sette volte al giorno ritorna a te dicendo: Me ne pento, perdonagli (Lc 17,3). E nel Vangelo di san Matteo si legge: Amate i vostri nemici (Mt 5,44). L'Apostolo ancora, e, prima di lui, Salomone, ha scritto: Se il tuo nemico ha fame, nutrilo; se ha sete, dagli da bere (Rm 12,20 Pr 25,21). Lo stesso si riscontra in san Marco evangelista: Quando state pregando, se avete qualche cosa contro qualcuno, perdonate; affinché il Padre vostro nei cieli vi perdoni anch'egli i vostri falli (Mc 11,25).
 
Ma poiché nulla forse si compie con maggiore riluttanza, per difetto della nostra depravata natura, che il perdono delle ingiurie, i parroci dovranno ricorrere a tutta la loro forza d'ingegno e d'animo, per cambiare e piegare l'animo dei fedeli a questa mitezza e a questo amore cosi necessari al cristiano. Indugino nel riferire i testi sacri, nei quali si può udire Dio che ordina il perdono dei nemici.

Proclamino ancora questa verità assoluta e di grande efficacia sull'animo dell'uomo: che essi sono figli di Dio, purché siano facili a perdonare le ingiurie, e amino di cuore i loro nemici. Nell'amare i nemici trasparisce la somiglianza nostra con Dio nostro Padre, il quale si riconcilio col genere umano, a lui cosi nemico e molesto, redimendolo dall'eterna morte con la morte del proprio Figlio. Serva anche di esortazione e di precetto l'ordine del Signore nostro Gesù Cristo, che noi non possiamo non osservare, senza gran disonore e danno: Pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli (Mt 5,44).

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