La piaga dell’aborto selettivo, che discrimina pesantemente i nascituri di sesso femminile condannandoli alla morte, in una logica efficientistica che se possibile aggrava ancora di più il già grave problema dell’aborto, funesta l’intero mondo asiatico. In Cina è una “specialità” che si accompagna a quella della one-child policy (forse solo oggi in fase di alleggerimento visto l’enorme buco demografico che quella sciagurata prassi ha generato), ma è assai diffusa anche negli altri Paesi di quel grande continente. Non fa dunque eccezione il Nepal, peraltro governato da un partito comunista di precisa ispirazione maoista. Eppure in Nepal qualcosa sta cambiando. Da tempo la Chiesa Cattolica dà segni di un vigore che, visto il contesto non esattamente semplice, non ha pari in altre regioni asiatiche e le conversioni si moltiplicano.
Ora, informa l’agenzia missionaria AsiaNews, anche le politiche sul controllo delle nascite cominciano fortunatamente a scricchiolare. Paradossalmente, per effetto indotto dalla vicina India (che pure non è certo un campione del diritto alla vita). Infatti, la decisione della Corte suprema indiana di vietare pubblicità che esaltano la determinazione del sesso del nascituro ha già avuto importanti conseguenze tanto all'interno dei confini nazionali quanto appunto in Nepal. Nell'ultimo periodo si è registrato un calo significativo nell'uccisione di feti femminili nei due Paesi asiatici, un fenomeno che negli ultimi anni aveva assunto un contorno preoccupante, tale da determinare una evidente disparità di genere a favore dei maschi. Nel mirino dei giudici sono finiti i giganti del web come Yahoo!, Google e Bing di Microsoft, ai quali è stata imposta la rimozione di pubblicità e contenuti che promuovevano i test di selezione del sesso del nascituro.
I medici che operano nelle cliniche lungo il confine – oltre 1800 km nel sud, est e ovest del Paese – che separa Nepal e India, confermano il calo degli aborti e delle richieste di selezione del sesso del bambino. Rajesh Kumar, proprietario della Modern Medicine Clinic a Sunwal, cittadina di confine in territorio indiano, afferma che "dopo la rimozione delle pubblicità che promuovevano l'aborto dai motori di ricerca, i clienti si sono ridotti del 50%".
Egli ha aggiunto che, in passato, almeno cinque donne in stato di gravidanza si presentavano ogni settimana per praticare l'aborto selettivo; nell'ultima "solo in tre ci hanno visitato" e "un calo negli interventi emerge in tutte le cliniche dell'area". Anche S. Gupta, medico in una clinica situata fra le cittadine di Rupaidiha (India) e Nepalgunj (Nepal) sottolinea "il calo significativo" nei "clienti" che "vengono da noi per l'identificazione del sesso o la pratica dell'aborto".
La professoressa Mita Singh aggiunge che il crollo negli aborti selettivi può essere imputato "alla decisione dei giudici" della Corte suprema indiana, ma anche per la "crescente consapevolezza" dell'importanza e del ruolo delle ragazze e delle donne nella società. Nella famiglia indù, in passato, "si privilegiava il maschio rispetto alla femmina", ma oggi la pratica "è in graduale diminuzione".
In India e in Nepal l'aborto selettivo è illegale, ma diffuso e praticato a lungo perché le famiglie preferiscono avere un figlio maschio. La Corte suprema indiana, dopo aver vietato le pubblicità che promuovono la scelta del sesso e la relativa pratica, si riserva di fornire ulteriori direttive in una prossima udienza, in programma l'11 febbraio.
In Nepal l'interruzione della gravidanza è legale dal 2002 per i casi in cui vi è un rischio per la salute della donna o del bambino, in caso di stupro, o se la donna non è capace di intendere e volere. L'aborto selettivo o forzato è illegale. Dal 2006 a oggi almeno una donna su 10 fa ricorso a interruzioni di gravidanza o utilizzo di pillole abortive e contraccettive. Dal 2001 al 2006 il tasso di fertilità è passato dal 4,1 al 3,3. Migliaia di cittadini nepalesi e indiani fanno ricorso alle cliniche sparse lungo il confine, per visite specialistiche o l'acquisto di medicine; fonti ufficiose parlano di almeno 50mila persone che, ogni giorno, superano la frontiera che separa Nepal e India per ragioni di carattere sanitario.
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