Ha atteso con pazienza per anni, fino a riuscirci. Sovrapponendosi gradualmente alle due belle ricorrenze cristiane che per secoli hanno caratterizzato l’inizio del mese di novembre, oggi Halloween, festa di origine celtica dilagata nel mondo dagli Stati Uniti, pur significando “la vigilia di tutti i Santi” di fatto si è imposta ed è vissuta nell’immaginario collettivo come una chiassosa kermesse pagana, che nulla ha a che fare con Ognissanti e la commemorazione dei defunti.
Certo, i cimiteri sono ancora frequentati (in prevalenza da ultrasessantenni) e si celebrano sempre le messe di suffragio, ma è coinvolta ormai solo una esigua minoranza della popolazione. Le giovani generazioni e la stragrande maggioranza dei bambini, complici i loro genitori, sono ormai dipendenti da “dolcetto o scherzetto?”, lugubri costumi di scheletri e fantasmi, diavoletti e infernali amenità del genere. La novità di quest’anno è che un po’ ovunque (ma più al Nord che al Sud) sono stati spesso gli oratori e le strutture ecclesiali ad accogliere le bande di ragazzini e ragazzine acconciati da paura. Si devono pur divertire, no?, povere creature.
In realtà, a parte l’insipienza in sé di questa Halloweenmania – che è comunque un ottimo business commerciale – quello che si perde è anche il significato profondo delle feste dei Santi e del Morti. Non solo viene meno la possibilità di un serio faccia a faccia con la testimonianza dei Santi e il vissuto dei nostri cari defunti (anch’essi santi), ma viene completamente rovesciato il senso originario di queste feste, a cui hanno sempre fatto da corollario usi, tradizioni, leggende, dolci particolari. Intesi come uomini e donne che hanno vissuto sotto lo sguardo di Dio e hanno qualcosa da insegnarci, i santi non esistono più, se non relegati come folcloristici patroni nelle sempre più rare feste di paese. E i defunti? Svaniti nel nulla. Cancellati dalla memoria. Si vive qui e ora, senza un orizzonte trascendente e la promessa della vita vera alla fine dell’esistenza terrena. Halloween fa sì “tornare” i morti sulla terra, ma come lividi e lugubri fantasmi che incutono timore e non offrono alcuna consolazione e speranza di salvezza. La “festa delle zucche vuote”, come è stata efficacemente definita da un predicatore domenicano, è la festa del nulla.
Per gli studiosi di antropologia la fame e la morte sono le più grandi paure che, da sempre, hanno afflitto l’umanità. In una visione cristiana il pane vivo che toglie la fame è il Figlio dell’Uomo, che si è donato a noi nell’Eucaristia, mentre la morte è vinta per sempre dalla sua Risurrezione. Ebbene, guardare in faccia la santità e la morte, cioè il compimento promesso e l’inevitabile passaggio richiesto per arrivarci, sono due aspetti centrali nella vita del cristiano e di chiunque consideri seriamente la propria condizione umana. Halloween e la concezione sottesa a questa festa pagana, è la negazione di tutto ciò.
Evocare la morte e i morti senza dare loro un senso è il modo migliore per morire da vivi, per affogare appunto nel nulla. E i più piccoli sono le prime, innocenti vittime di questa insipienza di tanti adulti, compresi i preti che sposano la “pastorale della zucca”.
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