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6.12.2024

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I giovani ambientalisti: «È quasi vergognoso desiderare figli»
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17 Settembre 2024

I giovani ambientalisti: «È quasi vergognoso desiderare figli»

«Con il cambiamento climatico, siamo la forza trainante delle cose che crollano, ma poi anche il pianeta farà quello che il pianeta deve fare. … Quindi … sembra quasi, tipo, vergognoso voler avere figli ». A scandire queste parole è Melanie una giovane nativa americana cresciuta nella riserva Navajo; a pubblicarle, insieme a molte altre testimonianze, è Jade S. Sasser, professoressa associata presso il Department of Gender & Sexuality Studies presso l’UC Riverside e autrice del podcast”Climate Anxiety and the Kid Question”, oltre che del libro Climate Anxiety and the Kid Question: Deciding Which to Have Children in an Uncertain Future, pubblicato a inizio 2024.

GLI EFFETTI DELLA DERIVA IDEOLOGICA GREEN

Nell’articolo che ne riporta un estratto le persone intervistate sono sette, un solo ragazzo (?, non è detto, potrebbe trattarsi di una ragazza che si autodefinisce queer o altro), le altre giovani donne, tutte appartenenti a minoranze razziali (sarebbero etniche, ma razza e razzismo sono altri due termini obbligatori, pare). Ciò che emerge da, anzi sommerge le espressioni di questi giovani della GenZ è la paura, una paura generale e pervasiva, fondata su un solo principio: siamo troppi, quasi tutti cattivi, e facciamo male al pianeta. E anche siamo troppo pochi a voler cambiare le cose e quelle ci travolgeranno.

Solo in questa cupa speranza sembrano riporre una qualche fiducia e un disperato senso di giustizia, quella che si concretizza nell’esecuzione di una sentenza di morte. La paura generata dalla distorta coscienza della pur reale emergenza ambientale si riversa come un torrente inquinato nel sano desiderio di generare figli. Un desiderio che tutte le persone interpellate dichiarano di sentire, ma che hanno già dirottato diligentemente nella sola versione per loro accettabile, manco a dirlo quella più eco-sostenibile, quella con meno impatto sull’ambiente e quella che, soprattutto, non li caricherebbe della gravosa responsabilità di gettare in questo mondo di disperazione climatica altre persone innocenti che non hanno chiesto di entrarci.

Dalla sintesi editoriale al libro, l’elenco dei neologismi che sintetizzano il neo pensiero terrorizzato e terrorizzante sul futuro dell’umanità: «Eco-ansia. Colpa climatica. Disturbo da stress pre-traumatico. Solastalgia. Lo studio delle emozioni ambientali e dei relativi impatti sulla salute mentale è un campo in rapida crescita, ma la maggior parte dei ricercatori trascura una preoccupazione strettamente correlata: l’ansia riproduttiva». C’è tutto: cambiamento climatico, riscaldamento globale, salute mentale, diritti riproduttivi, aborto, difesa delle donne, il peso di una responsabilità che schiaccerebbe un elefante – quella di salvare il mondo, pardon, il Pianeta e, timido e vergognoso, persino il desiderio di generare che qui però può essere solo chiamato “riproduzione”.

IL CLIMA, L’ANSIA E IL DIRITTO DI ESISTERE

È questo il vero tema: sono il diritto e la gioia di esistere ad essere seriamente messi in discussione, a meno che tu non sia un panda, un organismo unicellulare sopravvissuto a diverse ere geologiche o magari una persona non-binary. Pace per quelli che su questa crosta di terra che scotta si sono trovati loro malgrado e non ne hanno colpa, ma quelli che verranno? Dipendono dalle decisioni di chi è ora in età fertile, o meglio, può esercitare il suo diritto a riprodursi e con tecniche diversificate, non è specificato qui, ma immaginiamo che ogni forma di gravidanza medicalmente assistita sia ritenuta valida. Basta col sarcasmo, anche se è una sorta di ultimo argine alla desolazione: vediamo che dicono di sé e del loro futuro incerto questi giovani di colore della GenZ californiana (per lo meno un campione di popolazione specifico e non per forza rappresentativo della cultura americana generale).

Il primo a raccontarsi è Bobby: «Bobby, 22 anni, si considera un ambientalista. Si è laureato di recente in studi sulla sostenibilità presso un college nella California meridionale. La sua famiglia è guatemalteca-americana. Bobby è sicuro che un giorno diventerà genitore, ma anche certo che non metterà al mondo figli biologici. I suoi pensieri sull’ambiente, il futuro e la genitorialità emergono nettamente dal suo attuale lavoro in un ristorante, dove è impiegato infelicemente. “Si spreca così tanto che potrebbe essere restituito alla terra”». Alla terra? Perché non a famiglie in difficoltà, per esempio?. «“Sono preoccupato per quello che dovranno affrontare crescendo […] Ecco perché sono più propenso a un bambino in affido, e forse alla fine ad adottarlo. Perché non è stata una mia scelta avere quel bambino, ma posso aiutarlo a guidare verso una vita migliore. … L’ambiente è davvero il fattore decisivo per me”».

Idem Victoria che viene da una famiglia numerosa ed è felice di questa storia personale, eppure: «”Immagino che in futuro mi piacerebbe avere dei figli”, dice. “Mi piacerebbe davvero avere una famiglia numerosa. Sono cresciuta in una famiglia numerosa, quindi è bello”. Victoria è interessata ad adottare o ad avere in affido un bambino, e collega questo desiderio alla sua formazione universitaria in materie ambientali». È disposta a rinunciare alla gravidanza e al legame naturale biologico per essere meno egoista. Adotterà bambini neri, non ha dubbi. Rosalinda che ha amici come lei di colore, spaventata da ciò che devono affrontare loro come genitori, dichiara la propria intenzione a non avere figli. Melanie, di origine Navajo, racconta con trasporto del suo sogno di una famiglia numerosa e felice e lo prende a sassate, le pietre sono sempre la paura, l’angoscia, un senso di sopraffazione che arriva di gran carriera dal presente e dal futuro.

«”Penso che potrei non avere figli, anche se li desidero”, nota. “Solo perché, con tutte le cose che vediamo accadere nel mondo, sembra ingiusto coinvolgere qualcuno in tutto questo contro la sua volontà”». Cosa non ha fatto il pseudo-diritto all’autodeterminazione! Si pretende, forse inconsapevolmente, di tirarlo fino alla decisione di nascere. Su quello, cari tutti, temo che dovremo metterci una pietra sopra: nascere è un dono, o se preferite un dato che ci precede sul quale non abbiamo potere. Una volta si poteva dire: siamo solo creature.

Di Melanie sono anche le parole sulla vergogna di avere figli, sulla inaccettabilità etica di un desiderio che pure sente. (Povera creatura!). Per Elena invece l’emigrazione a causa dell’emergenza climatica è la minaccia che più di tutte vorrebbe risparmiare ai propri figli. Stupisce, ma nemmeno tanto, notare come per evitare dolori e fatiche ai propri figli potenziali, questi giovani teorizzino la necessità di privarli del bene fondamentale che, forse, li esporrebbe a questi o – certamente – ad altri pericoli, la vita. Questo ragionamento fallace e demoniaco ricorda tanto decisioni di morte prese di qua dall’Atlantico in nome del best interest di piccoli malati.

CHI PUÒ SALVARE PIANETA E UOMINI?

Alla fine, la sola informazione che può fare la differenza è quella che riguarda il governo reale del mondo e di ogni creatura. Se tutto ciò che esiste è creato e generato costantemente nell’essere da un Padre buono, allora anche un problema enorme come la crisi ambientale e climatica può essere affrontato con buona volontà, speranza e un operoso e sereno abbandono al Creatore; altrimenti non solo questi giovani californiani cresciuti a pane integrale ed eco-ansia, ma molti altri possono lasciarsi attanagliare dalla paura. Inoltre, la “risorsa” davvero scarsa la cui riduzione minaccia seriamente la sostenibilità della vita nelle comunità umane, sono proprio i figli, lo dice persino Musk, che qualche calcolo pare lo sappia mettere in fila. Per stare bene al mondo (che però non è il sommo bene a cui orientare tutte le nostre energie a scapito della salvezza eterna) serve più conoscenza, dunque, ma una conoscenza retta: sapere che chi ha creato l’universo lo ha anche salvato e continua la sua opera può farci tornare sia il desiderio di avere bambini, sia il loro stesso fiducioso abbandono. (Fonte foto: Imagoeconomica)

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