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Il Pd epura la consigliera Bigon che ha fermato il suicidio assistito in Veneto
NEWS 26 Gennaio 2024    di Paola Belletti

Il Pd epura la consigliera Bigon che ha fermato il suicidio assistito in Veneto

Nomen omen manco per sogno. Il Partito che si chiama Democratico ha appena sollevato Anna Maria Bigon «dal ruolo di vice segretaria provinciale del Pd di Verona», leggiamo su Tgcom.24. Vero che da Roma si sono affrettati a sottolineare come questa decisione sia da imputare solo e soltanto agli organi locali, ovvero la segreteria scaligera del partito, e viceversa. Quali sono i motivi allora di questo surriscaldamento di animi e di tanta risonanza mediatica? Anna Maria Bigon è la consigliera che, astenendosi dal voto il 16 gennaio scorso in Consiglio regionale a Venezia «ha di fatto portato alla bocciatura della legge di iniziativa popolare sul suicidio medicalmente assistito in Veneto».

Ci scusino se attingiamo di nuovo a un motto latino, ma è quella la dinamica che viene in mente: excusatio non petita, accusatio manifesta. No, non ci convince la nota congiunta con cui il segretario regionale del Veneto Andrea Martella e Igor Taruffi, il responsabile nazionale di quella che la Bigon considera la propria dimora politica, parlano di «una decisione presa a livello locale in totale autonomia che non è frutto di indicazioni nazionali». Anzi potrebbe addirittura aumentare la preoccupazione sullo stato di salute della libertà nelle fila del partito che per tradizione ha sempre avuto una vivace ala cattolica al suo interno. Che l’affossamento della legge regionale sul fine vita, sostenuta da un entusiasta Luca Zaia e dal PD, non abbia causato solo una piccola reazione allergica localizzata, ma abbia provocato uno shock a tutto l’organismo, trova diretta conferma nell’epurazione della consigliera democratica;  la quale non ha mai fatto mistero della sua provenienza cattolica, né dei personali motivi di dissenso per la legge che si stava discutendo in aula e che lì è rimasta senza poter approdare in commissione.

Due giorni fa i suoi l’hanno richiamata all’ordine. A quei suoi, che dovrebbero essere quelli dell’autodeterminazione a tutto campo, della libertà di coscienza assoluta (salvo il fastidioso esercizio di obiezione in caso, per esempio, di procedure abortive o eutanasiche), non piace che la coscienza di qualcuno decida liberamente in una direzione diversa da quella imposta dalla linea di partito. Franco Bonfante, che si attribuisce in toto la paternità della decisione di destituirla dal ruolo, ci ha anche tenuto a dichiarare che lo ha fatto per amore di trasparenza: «È una mia scelta, una scelta politica», ha dichiarato all’Adnkronos: «non ho condiviso la decisione di Bigon, specie nel metodo. Non si poteva far finta di nulla». La sua dichiarazione si fa più articolata quando esplicita con enfasi l’estraneità dei vertici di partito (che forse non hanno voglia di giocare a “prendi la patata bollente”?) e richiama il principio della libertà di coscienza su temi eticamente sensibili.

Una libertà, però, che a suo parere (e anche questo pare sia largamente anche se non unanimamente condiviso), deve essere condizionata.  «Non credo nelle sanzioni disciplinari su temi etici ed è corretto che sia lasciata libertà di voto per motivi di coscienza», ha aggiunto sempre Bonfante, «ma chi la pratica deve essere consapevole delle conseguenze politiche, a maggior ragione se vi erano alternative, come l’uscita dall’aula con una contemporanea dichiarazione esplicativa». O mangi ‘sta minestra o ti accompagno alla (porta)finestra. Eppure la Bigon non ha agito in modo improvviso e quindi imprevedibile; aveva chiaramente esposto le ragioni dell’astensione e spiegato come si era confrontata per tempo con Graziano Delrio, già ministro in precedenti governi e attualmente parlamentare nelle fila del Pd.

Lo stesso Delrio ha ricordato come «sui temi etici la libertà di coscienza è fondamentale ed ha rappresentato un tratto identitario del PD fin dalla sua fondazione», ipotizzando ai microfoni di Avvenire una sua autosospensione in caso di sanzioni nei confronti della consigliera veneta. Il clima, dunque, è alquanto teso. Forse è una questione di catechismo laico sul quale in troppi siamo poco preparati: ciò che certo PD intende per libertà di coscienza su temi etici va riferito solo ed esclusivamente a coscienze “rettamente” formate. Secondo i loro dogmi, è chiaro.

(Fonte foto: Imagoeconomica)


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