Il giudizio espresso da Francis DeBernardo, direttore esecutivo di New Ways Ministry, associazione da decenni impegnata per l’accoglienza delle persone Lgbtq+ nella chiesa cattolica, dice molto del passo finale del primo round del Sinodo sul sinodo che ieri ha presentato appunto la sua Relazione finale di sintesi.
«Oggi, il rapporto finale della prima Assemblea Generale del Sinodo delude, semplicemente riaffermando lo status quo della gerarchia». Con queste poche parole scritte nel comunicato di New Ways Ministry appare abbastanza chiaro che le attese aperture vero il mondo Lgbtq+ non sono avvenute come ci si attendeva, scompare l’acronimo arcobaleno dal testo e anche sulle benedizioni delle coppie gay non c’è una riga specifica. Semmai si rimanda appunto all’ulteriore anno di discernimento e all’assemblea finale dell’anno prossimo. Un po’ poco per un percorso sinodale faraonico che si è avviato nel 2021 coinvolgendo tutte le chiese locali, ma pienamente in linea con il “processo aperto” di un nuovo modo di essere chiesa.
Il testo finale sulla questione si limita sostanzialmente a dire che le persone che si sentono emarginate dalla Chiesa, a causa della loro situazione matrimoniale, «identità e sessualità, chiedono di essere ascoltate e accompagnate, e la loro dignità difesa». Una formula decisamente vaga e peraltro non in contrasto con quanto da sempre la chiesa insegna, la novità semmai è proprio in questa continua forma simil-assembleare di cui la Chiesa si è dotata dal 2021.
Ma tre anni di sinodalità nell’orbe cattolico non sono bastati nemmeno per altre due questioni calde del dibattito, quelle relative all’ordinazione delle donne al diaconato e del celibato sacerdotale.
Ogni paragrafo delle 40 pagine della Relazione finale è stato approvato con la necessaria maggioranza dei due terzi, ma quelli che coinvolgono l’ordinazione delle donne e mettono in discussione la necessità del celibato sacerdotale hanno ottenuto il maggior numero di voti “no”.
In merito alla possibilità di ordinare le cosiddette “diaconesse” il massimo che si rileva nella relazione finale è che i delegati chiedono che la ricerca teologica e pastorale continui sulla possibilità delle donne di essere diaconi, e hanno chiesto che i risultati dei due gruppi di studio commissionati da Francesco siano pubblicati prima dell’apertura della seconda sessione del sinodo nell’ottobre 2024. Si tenga presente che un gruppo di studio sul tema è stato attivato da tempo, sono almeno sette anni che la questione è stata avviata da Francesco, ma di fatto ancora nulla è emerso di significativo e la cosa assomiglia davvero a una specie di telenovela, anche se sappiamo che la chiesa viaggia su tempistiche diverse da quelle del mondo.
Sul celibato dei preti, il testo finale dice che «sono state espresse valutazioni diverse sul celibato dei presbiteri. Tutti ne apprezzano il valore carico di profezia e la testimonianza di conformazione a Cristo; alcuni chiedono se la sua convenienza teologica con il ministero presbiterale debba necessariamente tradursi nella Chiesa latina in un obbligo disciplinare, soprattutto dove i contesti ecclesiali e culturali lo rendono più difficile. Si tratta di un tema non nuovo, che richiede di essere ulteriormente ripreso». Anche in questo caso quindi niente di nuovo e peraltro il Papa nel libro intervista uscito in questi giorni – “Non sei solo. Sfide, risposte, speranze”, realizzato nei mesi scorsi in Argentina da Francesca Ambrogetti e Sergio Rubin, e pubblicato ora in Italia da Salani Editore – aveva dichiarato che non sarà lui a modificare la disciplina del celibato ma «che lo disponga, se lo riterrà opportuno, il mio successore». E sull’ordinazione delle donne Francesco è stato ancor più evidente: una donna non può accedere al sacerdozio «perché non le spetta il principio petrino, bensì quello mariano, che è più importante (…) Il fatto dunque che la donna non acceda alla vita ministeriale non è una privazione, perché il suo posto è molto più importante».
Come si chiude quindi il tanto atteso “sinodo sulla sinodalità 2023”, quello iniziato nel 2021 e che dal 4 ottobre si è svolto in Vaticano e al quale hanno preso parte 464 delegati, di cui 364 aventi diritto di voto e per la prima volta laici e tra loro 54 donne? Lo ha detto in una battuta il cardinale maltese Mario Grech nella conferenza stampa di presentazione della Relazione finale: «C’è molta strada da fare, manca un anno. Il Sinodo non finisce qui».
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