Anche Benedetto XVI dice la sua sul Sinodo. Contro la possibilità di ammettere i divorziati risposati civilmente alla Comunione.
Come rivelato ieri dal quotidiano bavarese Süddeutsche Zeitung, c’è una sorpresa e non di poco conto nel quarto volume dell’opera omnia di Joseph Ratzinger uscito in questi giorni in lingua tedesca per le edizioni Herder.
Il volume contiene un articolo del 1972 dal titolo „Zur Frage nach der Unauflöslichkeit der Ehe: Bemerkungen zum dogmengeschichtlichen Befund und zu seiner gegenwärtigen Bedeutung“ (sulla questione dell’indissolubilità del matrimonio: osservazioni sui risultati della ricerca storica sui dogmi e loro significato per il presente). In questo scritto l’allora professore all’Università di Ratisbona riteneva che, alla luce della Tradizione della Chiesa, posta l’indissolubilità del matrimonio sacramentale per comando divino, fosse possibile ammettere alla Comunione, in casi molto limitati e specifici, anche cristiani divorziati e unitisi in un secondo matrimonio.
Una posizione non dissimile da quella sostenuta dal cardinale Walter Kasper all’ultimo Concistoro e all’ultimo Sinodo.
Bene, Benedetto XVI è voluto intervenire modificando il breve saggio di oltre 40 anni fa – cosa piuttosto rara nel suo costume – togliendo il passaggio chiave che si è prestato a speculazioni e strumentalizzazioni anche recentemente. E questo nonostante Ratzinger avesse già corretto la sua posizione giovanile, con la massima evidenza, nel corso del suo insegnamento, del suo lavoro come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e del suo magistero come Pontefice.
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