Potrebbe essere un Discorso di sant’Ambrogio, di sant’Agostino oppure di uno dei Cappadoci o ancora di un qualsiasi altro Padre della Chiesa l’omelia recentemente pronunciata dal cardinal Angelo Bagnasco a Tortona. Intitolata La forza della fede è una riflessione che non può rimanere nei confini del tortonese, perché può essere un valido aiuto spirituale per tutta la cristianità che si prepara alla Pasqua.
L’intervento di Sua Eminenza ha approfondito la figura di san Marziano, Patrono locale, perché – come sottolineato in apertura del sermone – «in un tempo smemorato è ancor più importante fare memoria dei nostri Padri, specialmente di coloro che hanno confermato la fede con il martirio». Nel II secolo, sotto l’imperatore Adriano, dopo essere stato Vescovo per molti anni, il Santo – «secondo la consolidata Tradizione» – andò incontro alla morte, dando testimonianza con il suo sangue. Il cardinale si chiede e domanda al contempo a ciascun fedele: «Ha da dirci qualcosa quest’antica anima, che è al cospetto di Dio e qui tra noi, ha da dirci qualcosa oggi, in un’epoca di generale fluidità, dove nulla sembra certo e stabile nel mondo? Dove ogni scelta e idea sembrano equivalenti e insindacabili, da accogliere comunque? Ha ancora senso per noi dare la vita per qualcosa, affrontare la persecuzione, oppure sono cose di altri tempi, nei quali i cristiani (oggi a volte lo si pensa) non sapevano dialogare con tutti, erano intransigenti nella fede, incapaci di mediazioni per evitare lo scontro, un po’ intolleranti, e la Chiesa era chiusa al mondo?».
Nel nostro contesto pare di moda l’opinione di una Chiesa che debba andare d’accordo con chiunque (in sé non una cosa sbagliata) a qualsiasi costo, scontentando così inevitabilmente tutti. Il cardinale Bagnasco indica l’unica soluzione ragionevole: «A queste domande risponde la vita di Cristo!», a dire che è lui il criterio di giudizio e la verità definitiva: «Alle aspettative della gente, alle loro pretese, alle accuse, Gesù ha risposto con una parola impossibile: se stesso. In questa Parola assoluta, ogni piccola parola umana era elevata in alto, trovava la sua verità, e a volte la sua inconsistenza. San Marziano ha vissuto così, come suggerisce la preghiera liturgica, dove s’invoca il dono della conoscenza del mistero di Cristo e la forza per testimoniarlo».
Il credere in Dio è un Suo dono dato a ogni creatura: «La fede è come un innamoramento: all’inizio è un colpo al cuore, una misteriosa attrazione, una corrispondenza interiore. Per questo la fede non può scomparire dalla terra: molto può cambiare, ma il cuore dell’uomo non cambierà mai nella sua tensione verso l’Infinito, nella sua nostalgia di un per sempre e un tutto di beatitudine, di una felicità che non è nelle sue mani nonostante il progresso, ma che può solo essere invocata e attesa dall’Alto. Per questo, l’uomo moderno non è un deserto impossibile: è tristemente distratto».
Tra le righe vien detto che egli può essere aggredito, strategicamente, da una distrazione perenne, perché la sua coscienza taccia, sia messa a tacere dalla confusione, l’equivalenza, lo smarrimento, la divisione. Pertanto, «bisogna provocare il cuore di ogni persona con la luce di Gesù, con il fascino della sua esigente Parola. Alla sua bellezza nessuno si sente indifferente anche se non riuscirà forse subito ad arrendersi al suo amore. Ma, come l’innamoramento suscita il desiderio di conoscere il mondo interiore dell’amato, così l’incontro con Cristo spinge ad entrare sempre più nel suo intimo mistero. Ecco la riflessione e l’approfondimento: la catechesi non è astrazione fredda e lontana, un dovere pesante, ma è il desiderio di conoscere il pensiero, i sentimenti, i criteri, le azioni dell’amato, Gesù. Non accade così in ogni rapporto di affetto? Pensare di conoscere già tutto dell’altro, è allontanarsi dall’altro e spegnere il rapporto». Quante resistenze, infatti, all’amore di Cristo, quanta indolenza, ma soprattutto quanta distrazione voluta da una cultura dominante! «E noi oggi? Riteniamo forse che la “dottrina cattolica” sia cosa inutile, che cristallizza la fede? La dottrina non cristallizza niente, semmai infuoca l’amore a Cristo. La Chiesa non vuole controllare la fede, ma deve far sì che essa sia nel mondo ma non secondo il mondo e le sue mode. Non si tratta di essere aperti o chiusi, ma fedeli come lo è stato san Marziano».
Si deduce, quindi, che anche il nostro sia un tempo di martirio, sebbene non si debba averne paura, perché l’Onnipotente è con noi: «I martiri sono i primi testimoni della fede, e la loro forza non è loro, ma quella di Cristo. A Geremia, spaventato di fronte alla sua missione, Dio dice: “Non temere, perché io sono con te”. E Gesù dirà a suo tempo: “Senza di me non potete far nulla”. La nostra forza, dunque, sta nel nostro nulla: per questo, quando riconosciamo che il compito affidatoci è più grande di noi, è allora che l’opera comincia poiché Dio entra in azione». Ogni battezzato è, di conseguenza, chiamato a offrire la vita: «L’essere perseguitato è un segno del discepolo: “io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”. Oggi si prova un certo disagio di fronte a queste parole, come se fossero una dichiarazione di superiorità dei credenti sugli altri, ma è una lettura ideologica. Il Vangelo e l’esperienza ci dicono che siamo tutti un miscuglio di luce e di tenebra, di terra e di cielo, e che siamo chiamati alla conversione del cuore e della vita. Ciò non significa tirarci indietro dal mondo e rinunciare al mandato di Gesù, piuttosto significa andare con umiltà e convinzione, anche se il mondo vorrebbe ridurci al silenzio facendoci credere che non abbiamo più nulla da dire».
Ecco allora la vera profezia: «I profeti – di cui oggi spesso si parla dicendo che la Chiesa deve essere profetica – non erano profeti di sventura, nemici del popolo o arcigni controllori della fede altrui, ma erano messaggeri della vita. Quando le scelte erano sbagliate perché lontane dalla parola di Dio, ne indicavano l’esito nefasto, poiché chi “semina vento raccoglie tempesta” e “l’albero si giudica dai frutti”. Richiamavano la verità e smascheravano l’errore e il male. Per questo erano derisi e odiati: anche uccisi».
Cristo nel Vangelo – spiega a braccio il Porporato – ha smascherato il male, e questo dato spesso non lo si vuole riconoscere per timore di turbare, di disturbare e di rompere i rapporti, di apparire intransigenti: «In modo più drammatico dobbiamo dire: tradiamo l’uomo che dobbiamo amare». I profeti invece agiscono in modo differente, pagando di persona se è il caso: «A Gesù non è accaduto lo stesso? Ha annunciato che Dio è Amore e che l’amore è drammaticamente serio: esige impegno e fatica, per questo riempie il cuore». Nel nostro contesto – viene ricordato dal pulpito – si parla d’amore senza definirlo, i termini si danno per scontati, quasi che ognuno possa deciderne il significato. Tutt’altra cosa è esercitare l’intelligenza della fede: «La fede è dono di Dio – da cercare, da desiderare, da invocare –, è vita con Gesù – prezzo del suo sangue –, è giudizio sul mondo. Il giudizio di Dio salva perché libera dall’errore e dal peccato e ci apre all’abbraccio del Padre. Il peccato è esperienza universale, ma Cristo ci dona il perdono ogni volta che – in ginocchio – chiediamo misericordia con l’impegno della conversione. Ma l’uomo moderno vuole essere perdonato? Oppure cerca solo di essere discolpato?». In realtà, egli ha urgenza di sentire parlare di Dio: è un atto d’amore nei suoi confronti e non un’ingerenza: «Non dimentichiamo: anche l’uomo contemporaneo – pur distratto da mille cose – porta in fondo al cuore la domanda inesorabile (che ritorna ostinata, perché è la firma di Dio): “che cosa sarà di me?”. Egli vuole inginocchiarsi non di fronte a se stesso, ma di fronte a qualcuno che possa dirgli le parole di Dio: “Io ti assolvo dai tuoi peccati: vai in pace”. E così riprendere la strada».
Il cardinal Angelo Bagnasco conclude la sua predicazione ricordando che, nonostante ci siano «molte forme di persecuzioni: quelle del corpo e quelle dello spirito», «San Marziano ci accompagna con la sua preghiera e ci ripete le parole dell’unico Signore e Salvatore: “Non temete, io sono con voi sempre”».
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