Casa mia è un porto di mare. Ci vengono un sacco di ragazzi amici dei miei figli. Vengono a studiare, per stare tra loro, per parlare e sparlare di quello e di quell’altro come accade a quell’età, e anche ad età più avanzate. Ultimamente discutono molto di Temptation Island, reality che spopola sull’etere. Così, per quanto io ami tenermi al largo da certe spiagge, sarà la mia natura preappenninica, ho voluto capire il perchè di tanto clamore. Il gioco è riassumibile così: due persone vogliono verificare la loro relazione e decidono di andare in un’isola dove vivranno separati insieme ad altri che li tenteranno. Se i naufraghi dell’amore tornano a casa insieme, significa che la relazione è forte, se cedono alla tentazione, è segno che quel rapporto che hanno voluto mettere alla prova non era destinato a durare. Ascolto con interesse, ne vedo anche una puntata e mi faccio persuaso che il problema, qui, prima ancora che di contenuto, è un problema di metodo.
Per i più ignari si potrebbe dire che si tratta di sottovalutazione della natura umana; per i più scaltri, che certi programmi sono promotori di un vero e proprio fine da perseguire: insinuare e convincere il dubbio e l’idea che su nessun rapporto sia possibile costruire. Anche perché i tentatori, chissà come mai, non sono dei personaggi fuori forma, ma sempre giovanotti in gran tiro e signorine molto avvenenti. A che livello si svolge dunque la tentazione considerato anche il fatto che il tempo della verifica è limitato a qualche settimana di mare: a livello sentimentale? A livello affettivo? O più banalmente a livello sessuale, per cui la componente istintiva prende facilmente il sopravvento?
Tanto varrebbe provare ad andare a fumare accanto ad una pompa di benzina per vedere l’effetto che fa. “Guidare a fare spenti nella notte per vedere se poi è così difficile morire” cantava Battisti già qualche decennio addietro. Se voglio mettere alla prova i miei sentimenti è cretino andare a tuffarmi in situazioni che ad essi si opporranno. Se devo verificare il mio rapporto con Giulia non posso che farlo con lei e non andando vedere se sono capace di resistere al fascino di Marta. L’errore quindi sta nel metodo, cioè nella strada, e se si sbaglia la strada è poi molto difficile arrivare alla meta. Ci penso ci ripenso e considero che all’opposto di questo metodo ce n’è un altro, basilare perché capace di tenere conto di tutti i fattori in gioco nell’esperienza umana, compresa quella cosa fastidiosa chiamata peccato, che poi ha a che fare con quell’altra cosa scomoda chiamata libertà.
Chi ha pensato questo metodo dell’uomo conosceva fino in fondo la natura. Una regola scritta più di mille anni fa, attorno alla quale delle persone scommettono ancora la propria esistenza; una strada fatta di regole, di indicazioni e soprattutto di comunità umane costituite come fortezze affinché la vita possa camminare certa e raggiungere il proprio Destino. “C’è un uomo che vuole la vita e desidera giorni felici?”. Una strada indicata da un monaco umbro, quel san Benedetto riformatore e costruttore non solo della Chiesa, ma di una nuova civiltà. San Benedetto scommise sulla persona e sul suo desiderio, contemplando la caduta e la possibilità di rialzarsi grazie ad una compagnia, Temptation Island scommette sull’individuo solo e sulla caduta. “Ma stai sommandole pere con le mele!” mi direbbero al mio paese. Forse sì, ma i media difficilmente sono innocui; essi riflettono una cultura e contemporaneamente la plasmano. Da san Benedetto e i suoi nacque l’Europa. Da Temptation Island?
(Fonte foto: Facebook/Screenshot Santa Maria in Aula Regia – YouTube)
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