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L’ambasciatore israeliano alla Santa Sede attacca ancora i Patriarchi
NEWS 16 Ottobre 2023    di Lorenzo Bertocchi

L’ambasciatore israeliano alla Santa Sede attacca ancora i Patriarchi

Continua il lavoro diplomatico della Santa Sede per proporre una soluzione pacifica alla situazione che sta devastando Israele e la striscia di Gaza. La linea è quella espressa dal Papa all’Udienza generale di mercoledì scorso – «chiedo che gli ostaggi vengano subito rilasciati. È diritto di chi è attaccato difendersi, ma sono molto preoccupato per l’assedio totale in cui vivono i palestinesi a Gaza». Parole che sono state ribadite nella sostanza anche dal Segretario di Stato vaticano cardinale Pietro Parolin in un’intervista concessa ai media vaticani il 13 ottobre.

Ieri all’Angelus Francesco ha ripetuto: «Rinnovo l’appello per la liberazione degli ostaggi e chiedo con forza che i bambini, i malati, gli anziani, le donne e tutti i civili non siano vittime del conflitto. Si rispetti il diritto umanitario, soprattutto a Gaza, dov’è urgente e necessario garantire corridoi umanitari e soccorrere tutta la popolazione. Fratelli e sorelle, già sono morti moltissimi. Per favore, non si versi altro sangue innocente, né in Terra Santa, né in Ucraina o in qualsiasi altro luogo! Basta! Le guerre sono sempre una sconfitta, sempre!».

Sul lato diplomatico però bisogna registrare un continuo batti e ribatti tra i Patriarchi di Terrasanta e l’ambasciata di Israele presso la Santa Sede. La prima dichiarazione dei Patriarchi, dello scorso 7 ottobre, a seguito dell’attacco di Hamas ad Israele, aveva sollevato la protesta dell’ambasciata d’Israele che ha definito «deludente e frustrante» il comunicato perché, sempre secondo l’ambasciata, dalla lettura della dichiarazione «non si riesce a capire cosa sia successo, chi fossero gli aggressori e chi le vittime». In un’intervista il cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme, ha risposto dicendo che «il messaggio dei patriarchi è partito quando non si aveva ancora piena coscienza di quello che stava accadendo. Comprendiamo lo stato d’animo degli israeliani di fronte all’orrore e alla barbarie di cui solo ora si prende coscienza. Forse sono stati troppo precipitosi nel rispondere ma non è il momento delle polemiche. La situazione è gravissima, dobbiamo lavorare per comprenderci».

Il 13 ottobre c’è un nuovo comunicato dei Patriarchi (foto in alto), che si sono riuniti lo stesso giorno per pregare e consultarsi sulla grave crisi umanitaria scatenata dagli attacchi di Hamas. Il nuovo comunicato si concentra «sull’aggravarsi della crisi umanitaria a Gaza» e annota che l’ordine di evacuare il nord della Striscia, impartito il 13 ottobre dalle forze armate israeliane «e di chiedere a 1,1 milioni di persone, compresi tutti i membri delle nostre comunità cristiane locali, di trasferirsi nel sud entro 24 ore non farà altro che aggravare una catastrofe umanitaria già disastrosa».

«L’intera popolazione di Gaza è privata di elettricità, acqua, carburante, cibo e medicine. Secondo fonti Onu, 423mila persone sono già sfollate a causa della distruzione delle loro case. Molti civili a Gaza ci hanno detto che non esistono modi realistici in cui possano evacuare in sicurezza in nessuna direzione». Quindi l’appello diretto a Israele. «Chiediamo allo Stato di Israele, con il sostegno della comunità internazionale, di consentire l’ingresso di forniture umanitarie a Gaza in modo che migliaia di civili innocenti possano ricevere cure mediche e forniture di base. Inoltre, invitiamo tutte le parti a ridurre l’escalation di questa guerra per salvare vite innocenti pur continuando a servire la causa della giustizia». Infine, l’invito alla giornata di preghiera e digiuno convocata per domani, martedì 17 ottobre, che si svolgerà anche nelle diocesi italiane per volontà della Cei di unirsi appunto a questa preghiera.

Ma la risposta dell’ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede è stata ancora una volta durissima. L’ambasciatore Raphael Schulz con una raffica di tweet postata sabato notte ha ratificato una volta in più la difficoltà dei rapporti diplomatici con la Santa Sede in questo momento. Sebbene l’incontro con Parolin avvenuto proprio venerdì, lo stesso giorno in cui i Patriarchi si riunivano per diramare poi il nuovo comunicato, sia stato apprezzato, la nuova risposta ai Patriarchi non necessita di troppi commenti e fa fare macchina indietro alle manovre distensive messe in campo dal Segretario di Stato.

 

In particolare la chiusura del suo thread su X, lascia poco spazio alle trattative: «L’unica parte che i Patriarchi nominano con una richiesta specifica è Israele, la parte che è stata ferocemente attaccata una settimana fa. Che vergogna, soprattutto quando questo viene dal popolo di Dio».

Ieri sera poi è arrivato un durissimo comunicato del ministro degli esteri israeliano Eli Cohen: «Non c’è spazio per paragoni infondati. Hamas, un’organizzazione terroristica peggiore dell’Isis, si è infiltrata in Israele con l’intento di ferire civili innocenti, mentre Israele è una democrazia che cerca di proteggere i suoi cittadini da Hamas. Ci aspettiamo che la Santa Sede emetta una condanna inequivocabile e chiara degli atti terroristici omicidi perpetrati dai terroristi di Hamas che hanno causato gravi danni a bambini, donne e anziani solo perché ebrei e israeliani. È inconcepibile che un annuncio che esprima preoccupazione soprattutto per gli abitanti di Gaza venga diffuso nello stesso momento in cui Israele seppellisce 1.300 cittadini assassinati e una vasta popolazione vive sotto continui attacchi missilistici e missilistici. Israele sta combattendo una guerra che gli è stata imposta e continuerà a combattere Hamas finché non rappresenterà più una minaccia per i cittadini israeliani. Questo viene fatto a beneficio del mondo intero.”

La tensione diplomatica è altissima, ma è ragionevole aspettarsi che la linea della Santa Sede resti ferma: condanna al barbaro attacco di Hamas, liberazione degli ostaggi, legittima difesa che non metta in pericolo i civili palestinesi che vivono a Gaza. Una linea di pace per fermare il massacro e provare a incamminarsi ancora verso quella soluzione dei «due popoli, due Stati» che da tempo la diplomazia vaticana propone.

«Possa instaurarsi una pace duratura basata sulla giustizia, vi sia vera riconciliazione e risanamento. Sia universalmente riconosciuto che lo Stato di Israele ha il diritto di esistere e di godere pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti. Sia ugualmente riconosciuto che il Popolo palestinese ha il diritto a una patria indipendente sovrana, a vivere con dignità e a viaggiare liberamente. Che la “two-state solution” (la soluzione di due Stati) divenga realtà e non rimanga un sogno». Lo disse papa Benedetto XVI il 15 maggio 2009 ripartendo dal suo viaggio apostolico in Israele. Sono passati 14 anni.

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