La grande solennità della Pentecoste fa esultare la Chiesa e ogni suo figlio perché Gesù Cristo, asceso al cielo, compie la Sua promessa «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20b).
Il dono dello Spirito Santo non è infatti un aleatorio progetto futuro su un nuovo percorso che in me o nella Chiesa possa ribaltare quanto insegnato o udito finora, bensì è la possibilità di sentire oggi ciò che Cristo ha insegnato, farci sperimentare la Sua grazia ora. In altri termini, è l’opera di Cristo in noi e per noi: la santificazione («Non vivo più io, ma Cristo vive in me», Gal 2, 20). I Sacramenti che la Chiesa amministra sono lo strumento con cui Cristo, attraverso lo Spirito Santo, santifica (cioè “cristifica”) tutto l’uomo; in questo sperimentiamo la Pentecoste, non in fantasiose trasformazioni delle strutture per giustificare la nostra resistenza alla vera novità, al vero cambiamento: Cristo in noi.
Lo Spirito Santo discese sugli Apostoli e poi su tutti i cristiani per trasformarli, per trasformarci in Gesù. Ecco perché oggi la Chiesa gioisce con pienezza: perché si realizza il pieno Mistero di Cristo in noi.
E la Chiesa è insieme l’umanità che fa esperienza di questa santificazione e il Corpo di Cristo a cui necessariamente attingere attraverso i Sacramenti per poter essere santificati; è il “già” che in Cristo risorto ascende e sperimenta la gloria e il “non ancora” che nei cristiani attende, prega e offre chiedendo all’Amato: “Vieni!”.
Gesù Cristo nel dono dello Spirito si fa contemporaneo di ciascun battezzato; scrive Romano Guardini: «La sua vita terrena è entrata nell’eternità e in tal modo è correlata ad ogni ora del tempo terreno redento dal suo sacrificio… Nel credente si compie un mistero ineffabile: Cristo che è “lassù”, “assiso alla destra del Padre” (Col 3, 1), è anche “in” quest’uomo, con la pienezza della sua redenzione; poiché in ogni cristiano si compie di nuovo la vita di Cristo, la sua crescita, la sua maturità, la sua passione, morte e resurrezione, che ne costituisce la vera vita» (Romano Guardini, Il testamento di Gesù).
Lo Spirito di Cristo che ci fa Suoi, anzi di più, che ci fa Lui, si presenta nel racconto della prima lettura come fuoco, che – come il roveto di Mosè – arde, ma non brucia, operando in noi la santificazione, la trasformazione in Cristo. Questo cambiamento solleva delle resistenze in noi, poiché deve cancellare i residui dell’uomo vecchio che intralciano e guastano il nostro rinnovamento. «Questo effetto del fuoco divino però ci spaventa, abbiamo paura di essere “scottati”, preferiremmo rimanere così come siamo. […] Molte persone credono in Dio e ammirano la figura di Gesù Cristo, ma quando viene chiesto loro di perdere qualcosa di se stessi, allora si tirano indietro, hanno paura delle esigenze della fede. C’è il timore di dover rinunciare a qualcosa di bello, a cui siamo attaccati; il timore che seguire Cristo ci privi della libertà, di certe esperienze, di una parte di noi stessi. Da un lato vogliamo stare con Gesù, seguirlo da vicino, e dall’altro abbiamo paura delle conseguenze che ciò comporta. […] Abbiamo sempre bisogno di sentirci dire dal Signore Gesù quello che spesso ripeteva ai suoi amici: “Non abbiate paura”» (Benedetto XVI, Omelia, 23 maggio 2010).
Maria Santissima, in questo mese a lei dedicato è l’evidenza di questa umanità nuova, generata dall’irrompere dello Spirito di Cristo, capace di diventare trasparenza di eternità e perciò rinnovare la faccia della terra.
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