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Le scimmie dattilografe che scrivono sonetti «per puro caso» dimostrano solo che Dio esiste e il caso no
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5 Agosto 2014

Le scimmie dattilografe che scrivono sonetti «per puro caso» dimostrano solo che Dio esiste e il caso no

di Giorgio Masiero

[…] Il teorema per cui un esercito di scimmie, che batta per un tempo sufficiente sui tasti di macchine da scrivere, può produrre tutti i libri del mondo è la metafora preferita dei moderni credenti nel moto casuale degli atomi come l’Origine di tutto. Dawkins, nel suo “L'Orologiaio cieco”, informato dai fisici che l’età dell’universo osservabile non basterebbe alle scimmie per produrre un sonetto di Shakespeare, al fine di potenziarne l’efficienza s’inventò, come sappiamo, l’evoluzione biologica con “target”, teleologica. Così commise però l’errore di contraddire l’orologeria “cieca” che voleva svelare e si arruolò involontariamente tra i sostenitori dell’Intelligent Design.

Una particolare combinazione di lettere può venire prodotta a caso, anche da una scimmia. Ma nessuna parola significa una cosa a caso: la parola “atomo” è la disposizione delle 5 lettere a-t-o-m-o più un ben definito significato (o un ristretto insieme di significati), per cui è stata creata intenzionalmente. Le parole sono artefatti che non possono essere compresi separatamente dalla mente del loro artefice intelligente.

Se ad una scimmia dattilografa capita di battere un sonetto di Shakespeare è una coincidenza. Perché il suo battere inconsapevole ha incrociato una disposizione che era già stata costruita da una mente, quella di Shakespeare. E anche se la scimmia producesse un poema originale, avrebbe solo battuto inconsapevolmente combinazioni di lettere che coincidono con parole già create dalle menti di coloro che hanno inventato quel linguaggio (codice). Per questa ragione, le menti sono in grado d’interpretare, cioè assegnano un senso ad una successione che alla scimmia non dice nulla.

Cosicché la metafora naturalistica delle scimmie dattilografe, quando correttamente intesa, non dimostra ciò per cui solitamente è usata, ovvero che l’informazione e l’ordine naturali siano una mera apparenza, una “convenzione” che in “verità” andrebbe attribuita al moto casuale degli atomi nel vuoto. Al contrario, sul piano logico, e perciò incontrovertibilmente, la metafora finisce col provare che le cose, proprio quando la nostra ignoranza le suppone create a caso, postulano un ordine creato da una mente. Le parole battute dalle scimmie non creano informazione, ma piuttosto si trovano a coincidere con un ordine pre-esistente, già creato da una mente.

La metafora delle scimmie dattilografe non ci rinvia ad un mondo senza senso, ma ove propriamente universalizzata dal pensiero metafisico, diviene una prova dell’esistenza di Dio. Perché, se in fisica il caso è ignoranza d’informazione e dell’ordine sottostanti, in metafisica esso è la sua negazione.

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