da L'Osservatore Romano
«Non inquinare, osservare un digiuno ecologico, rispettare la natura, proteggere il proprio corpo che, a causa di agenti inquinanti, diventa vulnerabile a molte malattie». Questa, in sintesi, la proposta quaresimale dei gesuiti cambogiani, riuniti nella provincia dell’Asia-Pacifico, che vuole essere sì una scossa allo stile di vita consumista e poco lungimirante, ma nel contempo intende toccare questioni cruciali della regione del sud-est asiatico, dove alcuni progetti industriali hanno ripercussioni distruttive sull’ambiente.
I gesuiti cambogiani notano che «i primi a fare le spese delle pratiche inquinanti sono le fasce povere della popolazione, a causa del loro accesso già limitato all’acqua potabile, a cibo e aria pulita. I poveri sono colpiti prima degli altri. La principale causa di morte nei Paesi a basso e medio reddito — affermano in un documento i religiosi cambogiani — non è soltanto la malnutrizione, non la tubercolosi, la malaria, l’Hiv o l’Aids, bensì l’inquinamento».
I gesuiti sottolineano che «nel tempo di quaresima, mentre si entra “nel deserto” per riflettere su se stessi, urge valutare al più presto anche la responsabilità personale nell’avvelenare l’ambiente e le persone, soprattutto i poveri. Dunque, è bene spostarsi a piedi o in bicicletta, limitando l’utilizzo dei veicoli a motore. Oppure abbandonare l’uso di sacchetti di plastica e di tutti gli altri involucri usa e getta, riscoprendo l’arte del riciclo dei materiali».
Non si dispensano solo consigli sul “non fare” ma anche le buone pratiche da seguire: i religiosi hanno lanciato, per esempio, un miniprogramma di riforestazione, impegnandosi a piantare un albero ogni qual volta un religioso prende un aereo per impegni pastorali, dato che il trasporto aereo è una delle principali fonti di riscaldamento globale del pianeta.
Già da alcuni anni, i gesuiti hanno avviato una strategia di «riconciliazione con il creato», impegnandosi in tre macroaree: rivedere lo stile di vita; curare programmi di formazione per i giovani; gestire in modo equo e sostenibile le risorse naturali. Il tutto all’insegna di quella che viene definita «giustizia climatica», che anima milioni di attivisti cristiani collegati a livello planetario nella rete “Global Climate Catholic Movement”.
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