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Macché patriarcato, il guaio è la debolezza (post femminista) degli uomini da peluche
NEWS 23 Novembre 2023    di Matteo Carnieletto

Macché patriarcato, il guaio è la debolezza (post femminista) degli uomini da peluche

Femministe e progressisti dicono che ad uccidere Giulia Cecchettin sarebbe stato il maschilismo tossico, frutto di testosterone e violenza che albergherebbero dentro ogni uomo. I maschi sono colpevoli, quindi. Tutti. Nessuno escluso. Questa, però, è una visione incompleta ed errata che non ci aiuta a comprendere davvero ciò che sta accadendo a giovani e meno giovani. Se proviamo ad approfondire il profilo di Filippo Turetta, scopriamo infatti che dell’uomo aveva ben poco. Da tempo era tornato, raccontano i genitori, a dormire con un orsacchiotto, proprio come fanno i bambini. Lo faceva perché in questo modo gli sembrava di abbracciare Giulia, la ragazza che lo aveva lasciato e dalla quale non riusciva a staccarsi. Quel feticcio gli serviva a lenire il dolore della separazione. Ma in modo infantile, proprio come fanno i piccoli per ricordarsi della mamma: «Tu non ci sei più, ma questo pezzo di stoffa mi ricorda ancora di te».

Ma non solo. In un audio pubblicato ieri dal Tg1 si sente Giulia parlare con le sue amiche e dire che proprio non vorrebbe più vedere Filippo, ma che ha paura di farlo perché lui continua a dirle di essere depresso, che si ammazzerà se lei dovesse chiudere definitivamente. Giulia gli crede. Non pensa che sia un “ricatto emotivo” e continua a frequentarlo, fino a perdere la vita. La ragazza, insomma, gli voleva bene e si preoccupava per lui. Filippo no, invece. Della Cecchettin le importava ben poco. Era il peluche da stringere tra le braccia. Un comportamento estremamente infantile. Di possesso. Quando siamo bambini, infatti, vogliamo tutto. Piangiamo. Strepitiamo. Vogliamo, e pretendiamo, le attenzioni di chi ci vuole bene. Crescendo, però, dovremmo capire che non tutto è lecito. Che ci sono dei limiti che hanno a che fare con il rispetto e l’integrità dell’altro. Ma, soprattutto se si sviluppa una buona e forte virilità, capiamo che la nostra vita dipende unicamente da noi.

Nel bene e nel male. Senza cadere in un certo americanismo che idolatra il self made man, possiamo dire che il destino è nelle nostre mani. E siamo noi a plasmarlo. Ma per far questo dobbiamo essere consapevoli che essere maschi, ossia dotati di cromosomi XY, non basta. Dobbiamo diventare uomini. Oggi, però, compiere questo passaggio è più complesso rispetto al passato. E sapete perché? Perché, a distanza di più di mezzo secolo dal ‘68, mancano gli uomini. Soprattutto mancano i padri i quali – come spiega anche l’ultimo libro di Giuliano Guzzo, Maschio bianco etero & cattolico – il primo esempio per i figli. Siamo troppo fuori casa e spesso, quando ci siamo, rimaniamo incollati al telefono, per divertimento o perché incollati ai social.

Siamo stanchi e frustrati. Siamo continuamente sul chi va là perché, è inutile dirlo, siamo al centro della guerra dei sessi. Non dobbiamo dare fastidio, essere delle mamme bis, ma anche colf e cuochi. Ma non è questo di cui hanno bisogno i nostri figli, se vogliamo crescerli davvero indipendenti. Dobbiamo mostrare loro che, qualsiasi cosa accada, papà è pronto a reagire con coraggio. C’è un problema? Esiste la soluzione. Un dolore? Lo si può lenire. Un male? Lo si può combattere. Un amore finito? Tu vali lo stesso, indipendentemente da chi hai al tuo fianco.

Perché la felicità, che come scrive Emanuele Samek Lodovici è una cosa che dobbiamo chiedere unicamente a noi stessi e non agli altri, è una via (di virtù) da seguire. È quella strada che, come dicevamo prima, ci porta dall’essere maschi a essere uomini. Non per il mondo che ci circonda, però. Non per Filippo. Il mondo, dalla rivoluzione francese in poi, ci dice che la felicità è un diritto che gli altri devono darci. Non a caso, scrive Samek Lodovici, «se io ho diritto a essere felice, diventa inesorabile il problema dell’eliminazione più o meno incruenta di chi non mi rende felice». Parlava dell’aborto, il filosofo cattolico morto troppo presto. Ma vale anche per le relazioni tra ragazzi e adulti. È dunque un errore di prospettiva, quello che ci troviamo davanti. Di mondo al contrario. Non quello descritto dal generale Roberto Vannacci, ma quello desiderato dal principe di questo mondo. Che, non a caso, è omicida fin dal principio (Fonte foto: Screenshot Rai, YouTube/Pexels.com)

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