di Orlando Sacchelli
Dalla Stazione spaziale internazionale arrivano le immagini che ritraggono Samantha Cristoforetti impegnata nella sua nuova missione. Nel cuore della notte ha scritto la sua prima "pagina" del diario che l'accompagnerà nel viaggio, dicendo che «servirebbero giorni per comprendere tutto quello che è successo». La 37enne italiana (astronauta di Asi ed Esa e capitano dell’Aeronautica militare) elenca tutti i momenti poco prima del lancio della navicella spaziale Soyuz, fino all’arrivo alla Stazione spaziale. Cose normalissime che si fanno prima di un viaggio: «Salutare la mia famiglia, vestirmi per il lancio, arrivare alla rampa di lancio, salire a bordo con l’ascensore, allacciarsi le cinture… e poi il lancio, la cavalcata verso l’orbita, un brusco spegnimento dei motori e la sensazione del mio corpo di volare via dal seggiolino».
In questo avamposto umano nello spazio, abituato continuativamente dal 2 novembre 2010, c'è spazio per ogni genere di attività oltre al lavoro. Si fa ricerca, si portano avanti esperimenti più o meno complessi, si fanno riparazioni (quando servono). E si cerca di passare nel modo migliore possibile il tempo libero: oltre alle foto, incredibilmente belle, che quasi tutti gli astronauti fanno (e twittano), c'è chi legge, chi gioca a scacchi, chi suona (o almeno ci prova) e ascolta musica. C'è anche chi fa sport, anche in assenza di gravità: nel 2007 Suni Williams fece una maratona nello spazio, ovviamente usando un tapis roulant, in contemporanea con quella di Boston.
Nello spazio, luogo che simboleggia il punto più alto della scienza e della continua ricerca dell'uomo, c'è tempo anche per la preghiera. Ovviamente per chi lo desidera. Nelle foto che ci arrivano in questi giorni si vede che, in un angolo, ci sono alcune icone religiose. Si trovano nella sezione russa della stazione.
«Abbiamo quattro icone sacre», raccontò qualche anno fa l'astronauta russo Maksim Suraev (in missione da marzo a ottobre 2009). «Abbiamo anche i Vangeli e una grande croce. Io ho un reliquiario della croce nella mia cabina. Me l'ha data un sacerdote». Chi vuole, cristiano o di altra religione, può pregare. E, magari, sentirsi più vicino a Dio.
Ma torniamo per un attimo al nostro pianeta. In molti luoghi, per un motivo o un altro, il crocifisso viene rimosso, nascosto o messo al bando. Nello spazio, dove gomito a gomito convivono per mesi scienziati e astronauti di diverse lingue e provenienza, il crocifisso trova posto.
In un angolino ma c'è. E nessuno si sogna di toglierlo. Siamo certi che nella Stazione spaziale internazionale ci sia spazio anche per altre fedi e religioni. La fede non deve dividere ma unire. Proprio come (dovrebbe essere) sulla Terra.
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