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14.12.2024

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Mons. Delpini: «Il Natale del Signore ci chiama a un altro sguardo». E fa la differenza
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25 Dicembre 2023

Mons. Delpini: «Il Natale del Signore ci chiama a un altro sguardo». E fa la differenza

Offriamo ai lettori una riflessione che l’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, ha donato al Timone per il Santo Natale 2023. Lo abbiamo ricevuto come un grande dono e come tale lo regaliamo a voi, cari lettori, perché il nostro sguardo sia davvero illuminato dall’unica Luce che permette di vedere le cose in un altro modo. Buon Natale.
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di Mario Delpini*

Sembra una notte buia, una ovvietà del buio. E invece irrompe la luce.

Sembra una esperienza spaventosa. E invece risuona l’annuncio della grande gioia.

Sembrano pastori condannati a una vita grama. E invece sono i primi destinatari della rivelazione della verità della storia.

Sembra un povero figlio di povera gente senza casa. E invece è Cristo Signore.

I cristiani si ostinano a celebrare il Natale del Signore come il dono di un altro sguardo.

Lo sguardo distratto legge il calendario come una successione di giorni di fatica per il lavoro e di giorni di fatica per le vacanze. I discepoli di Gesù leggono il tempo come anno di grazia, come tempo opportuno per l’incontro che dona la pace.

Lo sguardo avido interpreta le feste come occasione per vendere e comprare, per fare affari e accumulare ricchezze. I discepoli di Gesù interpretano le feste come celebrazione della gioia di entrare nel dono che rende capaci di essere dono.

Lo sguardo presuntuoso pretende di spiegare la vita come un destino a morire, di spiegare l’uomo e la donna come macchine, di spiegare le scelte come l’esecuzione di un determinismo. I discepoli di Gesù accolgono la promessa che dà ragioni alla speranza di vita eterna e contemplano la vita umana come vocazione a diventare figli di Dio, liberi e responsabili della gioia degli altri e della custodia del mondo.

Lo sguardo sospettoso si guarda intorno inquieto, teme in ogni incontro un pericolo, in ogni presenza sconosciuta una minaccia. I discepoli di Gesù sorridono al mondo e riconoscono in ogni persona un fratello, una sorella, un figlio di Dio e sa che tutti sono chiamati a diventare un cuore solo e un’anima sola.

Il dono dello sguardo ispirato dalla rivelazione di Natale si offre come una chiamata alla conversione. Non si arrende ai riti commerciali del Natale, non indugia nei sentimentalismi, non si allinea al politicamente corretto che spaccia per rispetto delle religioni la cancellazione di ogni segno religioso.

I discepoli, piuttosto, come i pastori quella notte, si lasciano avvolgere dalla gloria perché riconoscono che la verità della vita, degli uomini e delle donne, del presente e del futuro si può conoscere solo nella luce di Gesù: veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo (Gv 1,9).

Ecco: entrare nella luce, nello splendore della gloria di Gesù: noi abbiamo visto la sua gloria (Gv 1,14). Così i discepoli di Gesù celebrano il Natale. Così si augurano “buon Natale”.

La gente di questo nostro tempo è quindi autorizzata a domandare ai discepoli di Gesù: che cosa vedete, dunque, voi che avete accolto la luce? che cosa avete da dire, dunque, voi che avete creduto nella Parola fatta carne? che cosa avete da dare, dunque voi, che avete ricevuto grazia su grazia?

Avranno il coraggio, l’umiltà, la semplicità di rispondere in modo cristiano i cristiani?

Ecco la risposta semplice e vera: vediamo la gloria di Dio che riempie la terra. Questo pianeta con in segni di avida devastazione è pieno della gloria di Dio perché ogni uomo, ogni donna è amato, è amata, in modo da essere capace di amare. Questo amore è la gloria di Dio: una vocazione ad amare.

Vediamo il tempo come dimora della speranza. Il trascorrere dei giorni non è un ineluttabile ingranaggio che trascina l’essere verso il nulla, la vita verso la morte. Piuttosto andiamo verso il compimento della promessa di Natale: a tutti quelli che lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio, il potere cioè di rispondere alla chiamata a partecipare alla festa di Dio.

Vediamo il principio commovente della gioia piena. Le vicende tragiche della storia umana, i disastri di una terra malata, l’incomprensibile cattiveria che spinge all’odio, alla crudeltà, alle decisioni assurde di farsi del male a vicenda non bastano a zittire le confidenze di Gesù. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena (Gv 15,11).

La gioia di Natale, infatti, non è una parentesi di evasione della tristezza opprimente del quotidiano. È piuttosto il dono di quella amicizia, di quel rimanere in Gesù che dona un altro sguardo e permette di gioire della missione di dare gioia.

*Arcivescovo di Milano

(Foto Imagoeconomica)

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