di Antonio Giuliano
«Lavorare, creare, donare». Non mi sorprende che tutta la vita di Michele Ferrero sia stata racchiusa in questi tre verbi, il motto che lui stesso volle affiancare alla sua Fondazione.
A 89 anni scompare un imprenditore sui generis. Fondatore nel lontano 1946 ad Alba dell’impero della dolcezza: papà della Nutella, ma anche del Mon Cheri, del Kinder, del Rocher, della Fiesta, del Pocket Coffee e altre squisitezze. Un patrimonio di oltre 26 miliardi costruito con una vita riservata, lontana dai riflettori e dalle luci del gossip.
Una tenacia da vendere e una dedizione non comune verso i suoi dipendenti: «La mia unica preoccupazione – disse una volta – è che l’azienda sia sempre più solida e forte per garantire a tutti coloro che ci lavorano un posto sicuro».
Così mattone dopo mattone l’azienda della Nutella è diventata uno dei principali gruppi dolciari del mondo, presente in 53 Paesi con oltre 34mila collaboratori, 20 stabilimenti produttivi e 9 aziende agricole. Un impegno senza confini ma con occhi e cuore sempre aperti anche al dramma dei luoghi più nascosti e invisibili dell’economia nazionale.
Non gli sfuggì pertanto la tragedia di un piccolo paese lucano, Balvano (Potenza), uno degli epicentri del dolore dello sconvolgente terremoto del 1980. Qui il crollo della chiesa di S. Maria Assunta causò la morte di 77 persone, di cui 66 bambini e adolescenti che stavano partecipando alla Messa della sera. Anziché rimanere inerte di fronte al dolore innocente volle con tutte le sue forze che uno stabilimento della Ferrero sorgesse proprio qui «per dare lavoro, sollievo e speranza» ad una terra così duramente colpita. Un’industria che ancora oggi dà lavoro ad oltre 300 persone.
Quando nel 2014 il centro lucano gli ha conferito la cittadinanza onoraria rispose di suo pugno con una lettera alla comunità: «Ho interpretato questo riconoscimento come manifestazione del profondo legame che mi unisce alla città di Balvano. Sono inoltre estremamente orgoglioso di entrare a far parte di questa comunità di cui ho avuto modo di conoscere ed ammirare la serietà, la laboriosità, la rettitudine e l’alto senso civico e morale».
Ferrero aveva una fede rocciosa di cui non faceva mistero. Alle celebrazioni per il cinquantenario della fondazione dell’azienda disse senza giri di parole: «Il successo della Ferrero lo dobbiamo alla Madonna di Lourdes, senza di lei noi possiamo poco». E in ognuno degli stabilimenti sparsi per il mondo c’è sempre una statuina della Vergine.
A Lourdes andava ogni anno portando con sé i manager e organizzando la visita anche per i dipendenti. L’ha fatto finché ne ha avuto le forze prima dell’ultimo viaggio verso il cielo, lì, tra gli angeli di Balvano.
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