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«Operazione commerciale spericolata e furbetta» quella di suor Cristina. Cosa dice l’agenzia dei vescovi
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23 Ottobre 2014

«Operazione commerciale spericolata e furbetta» quella di suor Cristina. Cosa dice l’agenzia dei vescovi

Editoriale pubblicato con il titolo Sister Cristina fra testo e contesto

 

L’operazione commerciale più spericolata nel panorama musicale recente, ci sembra quantomeno furbetta (discograficamente parlando). Lo dimostrano la scelta di girare il video nella stessa location dell’originale (Venezia), l’internazionalizzazione del nome (Sister Cristina invece di Suor Cristina), e, ciliegina vera, la scelta del brano. Chi, meglio di una suora graziosa che ha vinto un talent in abbinamento con un tutor decisamente fuori dagli schemi come J-Ax, poteva meglio prestarsi a reinterpretare un grande classico del pop come “Like a virgin”? Laddove lo sfruttamento del binomio diavolo/acqua santa ha sempre molta presa sul pubblico, nemmeno agli americani di Sister Act sarebbe venuto in mente una simile mossa del cavallo. Il dubbio dell’uso strumentale della suora dalla voce d’angelo sorge spontaneo dopo i non brillanti risultati in termini di vendite e di pubblico post vittoria televisiva. Deinde per cui, chi avrebbe parlato di lei se non avesse cantato proprio una canzone di Madonna? E come non innescare la solita, astuta, macchina delle polemiche rivendicando un’interpretazione religiosa funzionale del testo? Ecco, il testo.
Non vogliamo dare giudizi morali in tema, l’esegesi non ci appartiene. Ma basta ricordare i primi minuti del film “Le iene” di Tarantino, dove se ne fornisce interpretazione esaustiva e colorita, per far comprendere le modalità con cui la parafrasi della canzone è radicata nell’immaginario collettivo. E ora ci si viene a dire che si può cantarla rendendola “qualcosa di più simile a una preghiera laica che a un brano pop”. Beata ingenuità. La forza di un testo, il suo attraversare il tempo, sta anche nella doppia caratteristica di essere interpretabile in mille modi diversi eppure di non piegarsi all’interpretazione stessa. La Divina Commedia è sempre lei, da quei sette secoli più o meno, e nulla scalfisce la forza evocativa di qualunque lacerto di verso che si affacci alla nostra memoria, sopravvivendo a tutte le parodie dissacranti o alle letture solenni. “La bocca sollevò dal fiero pasto” si può immaginare e dire come si vuole, ma ci riconduce sempre alla furia dolorosa della disperazione che si fa vendetta, non ad altro.
E c’è un ulteriore elemento da considerare, tutt’altro che avulso dal contesto. I religiosi non sono persone di un altro mondo, ma lo vivono e ci vivono: hanno talenti, passioni, voglia di vivere e una fede non da nascondere, ma da condividere. Per questo non si può non pensare che anche il paragone con la rock star Madonna risulti un po’ forzato, stante le note capacità della cantante italo-americana di essere un’abile e performante “macchina da soldi” che, solleticando pruderie e tabù, ha precorso, lanciato e cavalcato magistralmente mode&modi: dal periodo sacro/profano fatto di croci e crocette su pizzi e velette, al lesbo chic; dalla trasgressione patinata, alla conversione cabalistica; dal salutismo esasperato al giovanilismo come ragione di vita.
Suor Cristina, sfidando la sorte, si è praticamente autolanciata l’hashtag #sonoserena. Noi lo siamo un po’ meno per il suo futuro. Di cantante pop, s’intende.

 

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Qualche nota stonata l'avevamo notata anche noi..

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