Papa Leone: «La legge naturale orienti il legislatore e l'azione politica»
Nel cuore del suo discorso ai rappresentanti dell’Unione Interparlamentare Internazionale, riuniti in occasione del Giubileo dei Governanti e Amministratori, Papa Leone ha rilanciato con forza il ruolo centrale della legge naturale come fondamento dell’agire politico e normativo
Nel suo discorso ai parlamentari di 68 Paesi, incontrati nell’Aula della benedizione per il Giubileo dei governanti, con un richiamo sia a Sant’Agostino che a Cicerone, il Pontefice ha indicato nella legge naturale la bussola indispensabile per orientarsi nelle complesse sfide dell’attualità legislativa e politica. Da un lato, Agostino invita l’uomo a uscire dall’«amor sui» egoistico per entrare nell’«amor Dei», capace di generare una società fondata sulla carità; dall’altro, Cicerone nel De re publica esalta la legge naturale come «diritta ragione, conforme a natura, universale, costante ed eterna», che nessun potere politico può abolire o modificare.
«Una sola legge eterna e immutabile governerà tutti i popoli in tutti i tempi», ha citato Papa Leone, aggiungendo che proprio tale legge «costituisce la bussola con cui orientarsi nel legiferare e nell’agire, in particolare su delicate questioni etiche».
La legge naturale al cuore della dottrina sociale della Chiesa
Nel contesto attuale, spesso segnato da relativismo e frammentazione ideologica, il Papa ha offerto una chiara visione di sintesi: la legge naturale è valida al di là e al di sopra delle convinzioni opinabili e costituisce un riferimento solido per promuovere una politica al servizio del bene comune.
Con questo rilancio, Leone ha rimesso la legge naturale al centro della dottrina sociale della Chiesa (dove è sempre stata), come fondamento di ogni azione ispirata alla dignità della persona umana, specialmente quando tocca «la sfera dell’intimità personale».
L’apertura al trascendente non è un ostacolo: è un’opportunità per tutti
Il Papa ha inoltre incoraggiato i governanti a non escludere il riferimento al trascendente dai processi decisionali, ma anzi a cercarvi ciò che unisce tutti. In un’epoca segnata da divisioni e polarizzazioni, tale apertura diventa condizione per costruire una civiltà veramente umana. Un pensiero forte che sembra riecheggiare papa Benedetto XVI sulla convenienza a vivere «etsi Deus daretur», come se Dio fosse.
«Piuttosto che escludere a priori… gioverà cercare, in esso, ciò che accomuna tutti», ha affermato, ribadendo che la dimensione spirituale non separa, ma fonda e rafforza la vita delle comunità politiche.
Le altre due grandi sfide: povertà e intelligenza artificiale
Accanto al tema della legge naturale, Leone ha articolato due ulteriori riflessioni centrali:
L’urgenza della giustizia sociale, con un forte richiamo all’«inaccettabile sproporzione tra una ricchezza posseduta da pochi e una povertà estesa oltremisura». Il Papa ha denunciato le gravi conseguenze di tale squilibrio – l’ingiustizia permanente, la violenza, la guerra – e ha invitato i parlamenti a impegnarsi per «l’equa distribuzione delle risorse», in vista della pace sociale e internazionale.
La sfida dell’intelligenza artificiale, che deve essere posta al servizio dell’uomo e non trasformata in un pericolo per la sua dignità. «La vita personale vale molto più di un algoritmo», ha detto con forza Leone, ricordando che solo la memoria umana è «creativa, dinamica, generativa», capace di «unire passato, presente e futuro in una viva e feconda ricerca di senso».
L’esempio di Tommaso Moro, martire della coscienza
A chiusura del discorso, il Papa ha indicato ai politici un modello e un intercessore: San Tommaso Moro, «perfetto servitore dello Stato» proprio in forza della sua fede. Un uomo che seppe coniugare responsabilità civile, difesa dei deboli, senso dell’equità e attenzione alla famiglia, fino al sacrificio della vita pur di non tradire la verità.
(Foto Ansa)