domenica 1 dicembre 2024
  • 0
Presto beati i due missionari francescani massacrati nel 1991 in Perù dai comunisti di «Sendero Luminoso»
NEWS 13 Novembre 2014    

Presto beati i due missionari francescani massacrati nel 1991 in Perù dai comunisti di «Sendero Luminoso»

di Daniele Metelli

 

Accusati d’ingannare il popolo con le loro bibbie e i loro rosari. Una condanna a morte annunciata ed eseguita dietro al muro del piccolo cimitero di Pariacoto, una cittadina sulle alture peruviane – le Black Mountains – nella diocesi di Chimbote. Padre Michal Tomaszek e padre Zbigniew Strzalkowski, due sacerdoti francescani di origine polacca, furono fucilati dai guerriglieri di “Sendero Luminoso” il 9 agosto 1991. La loro morte venne ricordata pochi giorni dopo da Giovanni Paolo II a Czestochowa, in occasione della Giornata mondiale della gioventù: “Ci sono nuovi martiri in Perù” disse in un momento del raduno. Dopo ventitré anni il processo per la loro beatificazione è entrato nella fase decisiva. Lo ha annunciato Luis Armando Bambarén Gastelumendi, vescovo emerito di Chimbote ed ex presidente della Conferenza episcopale peruviana. Bambarén, gesuita come papa Francesco, ha fatto sapere ai propri concittadini che presto avranno “i primi beati martiri tra i santi del Perù”.

La storia dei due missionari è raccontata nel libro Hermanos martires(Frati martiri) pubblicato nel 2011, l’anno in cui la positio è arrivata in Vaticano. L’autore, il giornalista italiano Alberto Friso, preconizza un giorno non troppo lontano in cui si riconoscerà che i due frati morirono in odium fidei. Appartenevano alla Congregazione dei conventuali della provincia di Sant’Antonio a Cracovia. Completati gli studi nel seminario maggiore della loro città partirono per una missione nelle Ande peruviane assieme al sacerdote Jaroslaw Wysoczanski, con l’obiettivo di fondare il primo convento del loro ordine e portare la fede, la speranza e la carità tra i poveri di Pariacoto, uno dei maggiori centri della produzione mondiale di coca destinata a essere trasformata in cocaina. Un commercio straordinariamente florido che garantiva ingenti profitti per i trafficanti quanto magri salari per i coltivatori.

Un pomeriggio d’estate, apparentemente come tanti, alcuni abitanti del posto cominciarono a incidere strani graffiti sui muri degli edifici nella piazza, segnale di un imminente attacco dei terroristi. I frati non cessarono dalle loro attività quotidiane: il coro, il catechismo, etc. Frate Zbigniew curò come sempre anche l’esposizione del Santissimo Sacramento, in attesa dell’arrivo di padre Miguel – così Michal si faceva chiamare per facilità – per la messa del giorno. Alcuni incappucciati arrivarono all’improvviso, li catturarono entrambi (solo loro due perché Zbigniew riuscì a convincere a non toccare i novizi) e li fecero salire su un furgone con le mani legate. Lungo il tragitto il processo sommario: colpevoli perché il loro aiuto ai poveri frenava la rabbia del popolo e rallentava la rivoluzione. Sul banco degli imputati era la carità, “contestata e attaccata come sistema di conservazione dello status quo”, con le parole di Benedetto XVI nella Deus Caritas. Inoltre, l’annuncio del Vangelo della pace scoraggiava i giovani dall’aderire ai gruppi terroristici. Poco dopo, vicino al piccolo cimitero, l’esecuzione assieme ai sindaci di Pariacoto e Pueblo Viejo. Sulla via del ritorno uccisero a colpi di fucile anche il sindaco di Cochabamba.

 Autori del massacro furono alcuni uomini di “Sendero Luminoso”, l’organizzazione armata d’ispirazione maoista che agli inizi degli anni ’90 era molto attiva nella regione di Pariacoto, anche grazie ai finanziamenti derivanti dal narcotraffico.

Gli sforzi congiunti dell’allora vescovo di Chimbote e della Conferenza episcopale peruviana hanno dapprima portato all’apertura della fase diocesana, nel giugno del 1995, del processo per la beatificazione dei due missionari francescani. L’iter locale si è concluso nel 2011. La fase romana dovrebbe essere più rapida. Papa Francesco beatificherà presto i due frati: questo il cuore della missiva che mons. Bambarén Gastelumendi ha inviato da Roma alla sua ex diocesi.