Descritto come «profondo e reale», al punto da ricevere una vera ovazione, è il discorso di una laica che, al sinodo sulla sinodalità, ha definito l’ordinazione delle donne sacerdote come una forma di clericalismo e una distrazione da ciò che le donne cattoliche vogliono e di cui hanno bisogno. Il National Catholic Register ha parlato con due membri del sinodo che erano presenti nell’Aula Paolo VI al momento del discorso della durata di tre minuti: oltre a criticare le richieste di ordinazione ministeriale delle donne, l’intervento ha sottolineato l’importanza della maternità, sia biologica che spirituale, per comprendere cosa significhi essere una donna da una prospettiva cattolica e che prende le mosse dalla centralità di Maria, Madre di Dio, come paradigma della femminilità.
L’intervento di una delle 54 donne votanti al Sinodo, rispondeva ad una sollecitazione che chiedeva: «È possibile prevedere l’inclusione delle donne nel diaconato e in che modo?» La risposta ha ricevuto forti applausi da parte di alcuni dei 365 membri dell’assemblea sinodale, che entra ormai nella terza settimana dei lavori. In realtà la centralità della donna è stata già sottolineata dalla grande novità di questa Assemblea, che è la sua composizione, in cui, cioè, per la prima volta, è presente un numero significativo di donne e laici, arrivando a rappresentare ben il 27% dell’assemblea sinodale. Le voci dei delegati sinodali sulla questione, tuttavia, sono tante e differenti: c’è chi già prima dell’assemblea ha dichiarato la propria intenzione di portare avanti questa scottante tematica.
Ad esempio, il cardinale di San Diego Robert McElroy, ha affermato, lo scorso gennaio, che la Chiesa dovrebbe utilizzare il sinodo per «muoversi verso l’ammissione delle donne al diaconato», un risultato che la laica svizzera Helena Jeppesen-Spuhler ha sostenuto e descritto come «un trampolino di lancio» verso le donne sacerdote. Eppure ci sono stati alcuni membri che hanno tentato, al contrario, di minimizzare pubblicamente il peso delle discussioni interne, sull’ordinazione femminile.
Ad esempio, sabato scorso, l’abate generale cistercense Mauro Giuseppe Lepori – che ha scritto sull’ultimo numero del Timone (qui per abbonarsi) – ha dichiarato alla stampa che, sebbene i partecipanti discutessero dell’ammissione delle donne al diaconato, questo non era al centro dell’attenzione e che il tema delle donne sacerdote non era stato affrontato.
Ma più di tutti, papa Francesco ha mostrato sì la volontà di fare un passo avanti, collocando le donne in ruoli chiave di leadership, anche nella Curia Romana, come ha fatto la scorsa settimana, quando ha nominato una religiosa come sottosegretario dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, ma contemporaneamente ha affermato più volte che la Chiesa non può ordinare sacramentalmente le donne.
E come pietra tombale sulla questione, il Papa, nel 2013, in riferimento alla lettera apostolica Ordinatio Sacerdotalis di San Giovanni Paolo II del 1994, in cui insegnava che «la Chiesa non ha alcuna autorità per conferire l’ordinazione sacerdotale alle donne e che questo giudizio deve essere tenuto in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa», ha dichiarato lapidario che questa era «l’ultima parola» sull’argomento. (Fonte foto: Bing)
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