«Lo dovrebbero vedere i padri sinodali, prima di iniziare la seconda tappa del cammino di discussione sulla famiglia». Quel che i padri sinodali dovrebbe vedere è un film, Viviane di Ronit e Shlomi Elkabetz (2014), e il caloroso consiglio è l’incipit della recensione che Lucetta Scaraffia ha pubblicato su L’Osservatore Romano. La quale ci spiega che la pellicola « affronta — dal punto di vista di una donna, regista e straordinaria interprete — il nodo complesso fra famiglia e religione, matrimonio e rapporti fra donne e uomini. Certo, la situazione che il film prospetta è molto diversa da quella della Chiesa cattolica, e in particolare del mondo occidentale: in Israele, dove il divorzio può essere ratificato solo con il consenso del marito, un tribunale rabbinico deve stabilire se si può costringere al consenso un marito che da anni lo rifiuta a una moglie che vive già da anni fuori casa, e che impiegherà ben cinque anni per raggiungere un accordo fra i due». Ma la sostanza è che il tema centrale della pellicola è «una richiesta di divorzio che agli uomini, rabbini in testa, sembra incomprensibile». Solo a loro?
Prosegua la recensione: «la coppia ha allevato quattro figli osservanti, il marito rifiutato non ha mai tradito la moglie, non ha mai lesinato contributi economici alla famiglia, le ha concesso libertà di uscire e di fare — per accompagnare i figli — di tipo “moderno”. Perché la moglie se ne vuole andare, pur non avendo nessun altro legame con un uomo, pur sapendo che va incontro a una vita di solitudine e di difficoltà nel suo ambiente di ebrei marocchini?
«Intorno a questa domanda si dipanano le diverse fasi del processo, ed emergono le diverse testimonianze: le donne capiscono Viviane, gli uomini no. Le donne capiscono che la freddezza, il disprezzo, la mancanza di ogni considerazione e calore umano, anche in un quadro apparentemente perfetto, possono rendere una vita matrimoniale un inferno. Gli uomini no, gli uomini si fermano alle apparenze, all’adeguarsi dei due coniugi ai ruoli previsti: ed entrambi sono stati quasi perfetti nello svolgimento dei ruoli stabiliti, ma il matrimonio non funziona lo stesso. Per gli uomini è un mistero, e si spiega solo con una “pazzia” della donna, che però continua la sua battaglia».
Alla fine però non abbiamo capito e allora chiediamo: perché mai il film «lo dovrebbero vedere i padri sinodali, prima di iniziare la seconda tappa del cammino di discussione sulla famiglia»? O forse abbiamo capito…
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