Leone XIV: fede e ragione
Una fattoria per tutte le stagioni
La Fattoria degli animali compie 75 anni. L’allegoria di Orwell va riletta con occhi nuovi, perché il totalitarismo ha facce sempre diverse (e «noi siamo troppo tranquilli»)..
02 Settembre 2021 - 00:05
Perché leggere Orwell?
La domanda-chiave su un romanzo che ha contribuito in modo decisivo a cambiare lo sguardo del mondo sull’Unione Sovietica (in particolare quello americano, suo alleato nella Seconda Guerra mondiale) la ritroviamo – spiegata bene - nella penna felice di Alberto Mingardi. Il fondatore del centro-studi Bruno Leoni scrive: «Per quanto l’aggettivo “orwelliano” sia usato con una certa generosità sulle pagine dei giornali, soprattutto nei paraggi di articoli che lamentano l’eclissi della privacy e le possibilità di sorveglianza fornite dalle nuove tecnologie, non è immediatamente chiaro perché si debba leggere Orwell, oggi». Una risposta interessante è quella fornita da un profondo conoscitore di Orwell, John Rodden, docente all’Università della Virginia, il cui libro più recente è George Orwell: Life and Letters, Legend and Legacy (Princeton University Press, 2020). Rodden racconta di aver insegnato spesso ai suoi studenti la favola di Orwell, e di averlo fatto spiegandone la «seria morale esopica», e cioè che il potere corrompe. Sempre. Aggiungendo subito, però, che sarebbe pericoloso (e negligente) trascurare o minimizzare lo studio delle corrispondenze storiche contenute nel romanzo: il parallelo con la rivoluzione russa.
Da Stalin al totalitarismo tout court
D’altra parte – ed è il vero monito di questo vero e proprio cultore di Orwell – si può anche correre il rischio di commettere l’errore diametralmente opposto, a suo dire più grave: concentrarsi esclusivamente sulle corrispondenze col comunismo di Stalin eludendo il più ampio monito di Orwell contro la tirannia politica complessivamente intesa. La prova provata di ciò che suonerebbe come il più grande tradimento di George Orwell sta in un aneddoto che lo stesso John Rodden racconta, e che riguarda una sua intervista ad alcuni spettatori cinesi reduci da una messa in scena teatrale di Animal Farm nella città di Pechino. Confessa lo scrittore: «Al mio rimanere sorpreso dal fatto che l’Ufficio della censura culturale cinese avesse approvato la rappresentazione pubblica di una satira sulla bestialità del comunismo, mi hanno guardato con aria interrogativa. “Vedi, Animal Farm è un’allegoria”, hanno detto, “è una satira della storia russa, non della storia cinese”». In questa prospettiva, che è poi l’unica, La Fattoria degli animali parla oggi del rischio del totalitarismo in tutte le sue declinazioni geopolitiche. Al torbido comunismo cinese che si rende protagonista di azioni brutali (è notizia di questi giorni nuove prove sull’espianto forzato di organi di detenuti) si aggiunge un Occidente in cui il cancro del politicamente corretto - spesso declinato nella violenta salsa LGBTQ, ma non solo - fa guardare con ammirazione proprio una delle più note massime di Orwell: «Libertà è la libertà di dire che due più due fa quattro. Garantito ciò, tutto il resto ne consegue naturalmente».
Troppo utile (quindi banale).
Dall’uscita della Fattoria degli Animali si è assistito prima a quel crollo del regime comunista russo che tanto turbò lo scrittore (non va dimenticato che per Palmiro Togliatti, capo dei comunisti italiani, Orwell era «un’altra freccia aggiunta all’arco sgangherato della borghesia anticomunista); poi all’inizio e alla fine della Guerra Fredda; infine all’ascesa e alla caduta di un numero spropositato di aspiranti “Napoleone” in ogni continente. La Fattoria degli Animali - opera un tempo così controversa tanto da non trovare editori - è servita per così tanto tempo a spiegare il concetto di totalitarismo (anche e soprattutto ai ragazzi di scuola) che oggi rischia purtroppo di essere percepita come un’opera banale. È il rischio che spesso corrono certi classici.
Illusioni pericolose
Molti per fortuna non ci stanno. «L’idea che i paesi occidentali siano abbastanza intelligenti e forti da riconoscere e resistere alla morsa del totalitarismo è un mito pericoloso», questa è la tesi della scrittrice Téa Obreht. Che a proposito del 75esimo anniversario di Animal Farm aggiunge: «Siamo troppo tranquilli, convinti di essere al sicuro da forze che potrebbero ripiombarci addosso. Stiamo già facendo grandi passi avanti in questa direzione. La Fattoria di animali ci chiede di lavorare contro quell’illusione».










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