Gli scienziati si sono occupati a lungo di come siano nate le specie viventi e non si sono mai preoccupati per le loro estinzioni, ritenendole giustamente insignificanti per l’evoluzione e l’esplorazione di tutte le possibili nicchie ecologiche. L’unica estinzione particolarmente nota è quella dei Dinosauri, che risale alla fine del periodo geologico chiamato Cretaceo, ovvero a circa 65 milioni di anni fa e che è stata illustrata e celebrata dai film, dalla letteratura e anche dai giocattoli. In realtà, le estinzioni di massa che hanno accompagnato la storia della vita sulla Terra sono molto significative da un punto di vista volumetrico e rappresentano un grosso problema per chi crede all’evoluzione senza se e senza ma.
Noi sappiamo che negli ultimi 500 milioni di anni si sono succedute almeno 5 grandi estinzioni di massa che, ogni volta, hanno cancellato dalla faccia della Terra almeno i tre quarti delle specie presenti in quel momento. L’estinzione è sempre stata provocata da una grossa calamità esterna, come l’impatto di meteoriti o come massicce eruzioni vulcaniche che hanno reso l’aria irrespirabile e hanno impedito la fotosintesi clorofilliana, che è la prima fonte della catena alimentare sulla Terra. Le calamità naturali quindi non hanno guardato in faccia a nessuno ed hanno ucciso sia i viventi fragili che quelli maggiormente adattati all’ambiente, i quali, secondo l’ipotesi darwiniana, avrebbero dovuto invece sopravvivere, fare figli e cambiare il corso della storia.
Partiamo da 500 milioni di anni fa, ovvero dal periodo geologico detto Cambriano, perché è a quel momento che risale il cosiddetto “big bang della vita”: nel giro di poche decine di milioni di anni compaiono all’improvviso e dal nulla tutti i piani corporei che oggi conosciamo più altri che poi si sono estinti. In altre parole, fino a quel periodo sulla Terra si trovavano solo rappresentanti di forme di vita unicellulare, come archeobatteri o protisti. Nel Cambriano la vita si manifesta fin da subito in tutte le sue forme possibili, a partire praticamente dal nulla e in pochi milioni di anni: le rocce sedimentarie pre-cambriane, che sono molto spesse e ubiquitarie, non presentano traccia di fossile, così come invece accade in quelle successive.
La lacuna fossilifera pre-cambriana, registrata ormai su tutto il Pianeta, non può essere attribuita a cause naturali che abbiano impedito la conservazione, perché le rocce più antiche sono uguali a quelle fossilifere, ovvero sempre di tipo sedimentario. E’ accaduto esattamente il contrario di quanto ipotizzato da Darwin nell’Origine delle specie, ovvero che da una prima e semplice forma di vita è andata aumentando spontaneamente la complessità, grazie alla mutazione e alla selezione naturale, fino a creare le infinite forme di vita diverse che oggi possiamo descrivere tra i viventi e tra i fossili. La realtà dei fatti paleontologici ci dice invece che all’inizio apparve tutta la complessità, senza precursori, declinata in mille forme diverse, che poi, nel corso della storia, si sono diversificate nelle singole specie, la maggior parte delle quali si sono estinte.
Un bel problema. Per due motivi: il primo è la comparsa della complessità della vita (dai batteri ai coralli, dagli anellidi agli artropodi, dagli echinodermi ai cordati) in modo subitaneo, perfettamente funzionale, senza forme intermedie e senza tentativi casuali e il secondo è il molteplice fenomeno dell’estinzione devastante che resetta impietosamente qualunque tipo di evoluzione o di progresso fatto dalle forme viventi nei loro habitat. È come se una città, costruita per milioni di anni, e perfezionata e adattata in ogni dettaglio, nelle piazze, nei monumenti. nei parchi, nei palazzi, nei singoli appartamenti, venisse spazzata via da un uragano improvviso nell’arco di 3 milioni di anni (il tempo stimato per l’estinzione).
I cantieri devono ripartire quasi da zero, dalle fondamenta, perché tutte le migliorìe apportate nel tempo (=il frutto dell’evoluzione) sono state cancellate e costruiscono nuove città che si espandono per milioni di anni, fino al nuovo uragano che distrugge tutto una seconda volta. La scena si ripete almeno altre tre volte. E’ chiaro che l’evoluzione non ha né i tempi né le possibilità per lasciare un segno sulle forme di vita e modificarle. Se ti estinguo, non puoi evolvere. Semplice. Le estinzioni di massa, che colpiscono sia il mondo animale che quello vegetale, non sono contemplate nella gloriosa narrazione dell’evoluzione, che adesso ascoltiamo insieme.
La prima forma di vita oceanica (L.U.C.A.) spunta per caso dal nulla, si irradia e si diversifica, passo dopo passo, mutazione dopo mutazione, generazione dopo generazione, fino a riempire gli oceani con plancton, con coralli, con meduse, con spugne, con molluschi, con conchiglie, con pesci corazzati, alghe e quant’altro si muove sotto il livello del mare. Poi, accade che qualche forma di pesce più curioso degli altri inizia a colonizzare la terra ferma come ha fatto Cristoforo Colombo con le Americhe nel 1500 ed succede il miracolo: la vita, inarrestabile nella sua corsa verso il trionfo, crea le rane e poi da queste le lucertole, le tartarughe, e i serpenti fino ai Dinosauri, che finalmente esprimono il pieno possesso della nuova colonia, invadendo ogni ecosistema.
A questo punto alla vita mancano ancora due corone di gloria per poter celebrare il trionfo del progresso senza un progetto: l'aria, che verrà solcata dagli uccelli piumati e la terraferma, dove le nuove mamme partoriranno in sicurezza il cucciolo già formato all'interno del loro corpo (ecco i Mammiferi) e non più dentro l’uovo calcareo. Quando poi tutto sembra compiuto, un mammifero di piccola taglia si solleva liberando le mani e diventa bipede. Il suo cervello cresce per magia e diventa un essere autocosciente e intelligente, suo malgrado; la mamma, però, appoggiata ora su due piedi e non più su quattro, deve accettare di partorire con grandi dolori.
Ma tanto è una femmina e deve sacrificarsi al progresso inarrestabile della vita, che a quei tempi non conosceva la parità di genere. A dire il vero, la narrazione dell’evoluzione non riconosce valore nemmeno alla legge dell’entropia. La vita, infatti, per milioni di anni, secondo l’evoluzionismo, ha aggiunto ordine su ordine, complessità su complessità, quando la natura delle cose, in realtà, viaggia solo nella direzione opposta, come ci insegna il secondo principio della Termodinamica. Ma fa lo stesso. Noi, uomini di Scienza (con la esse maiuscola, si intende) dobbiamo ricorrere solo a cause materiali, anche quando sono contradditorie o assurde. Guai a pensare la cosa più immediata e ragionevole, ovvero che il “senso del Mondo sia fuori del Mondo”, come insegnava anche il grande filosofo Ludwig Wittgenstein. (
Foto: Pexels.com)