Venerdì 24 Ottobre 2025

Né neutralisti, né pacifisti. L’arma per l’Europa ce l’hanno i cristiani

Il fatto che ci sia da riarmare l’arsenale spirituale a scapito di quello di bombe e missili è propriamente il problema de “Leuropa”, cioè di quella Unione che ha tradito quello che i suoi padri fondatori, Degasperi, Schumann e Adenauer, avevano in animo

croce pace
Nel dibattito sulla guerra in Ucraina e per il riarmo delle nazioni europee accade che ai cattolici (e al Papa) viene sostanzialmente dato dei pacifisti e/o degli inutili neutralisti. Non va giù in certe redazioni dei giornaloni e in certe segreterie politiche che i cattolici si mettano a predicare l’assoluta necessità del dialogo per un negoziato. Si viene spesso arruolati come cripto filo-putinisti. Malcelati calabraghe di fronte all’aggressore. Indiretti sostenitori del ciuffo pazzo di Trump a scapito de “Leuropa”, il continente dei fratelli. Insomma, ripetere con papa Francesco che per tentare davvero di costruire la pace occorre «disarmare la terra» anziché, diciamo noi, riarmare “Leuropa”, è ritenuto l’attentato terroristico di chi si rifugia in una preghierina. In attesa che domani arrivi la copertina del Timone di aprile a svelarvi cosa ne pensa la nostra redazione di tutta la faccenda, proviamo oggi a spiegare che la “preghierina” non è affatto un rifugio in calcio d’angolo, una scusa per evitar di pugnare, un sospiro da pusillanimi. Anzi. Il fatto che ci sia da riarmar l’arsenale spirituale a scapito di quello di bombe e missili è propriamente il problema de “Leuropa”, cioè di quella Unione che ha tradito quello che i suoi padri fondatori, Degasperi, Schumann e Adenauer, avevano in animo. E cioè che senza la cultura comune radicata nella tradizione greco-romana e giudaico-cristiana si è fa appunto “Leuropa” ma non l’Europa. Ma “Leuropa” non esiste ed è per questo che non attecchisce tra i popoli europei. Senza una forza spirituale profonda nessun’arma potrà mai difenderci. Senza una forza spirituale comune si riesce solo a cercare un proprio spazio nel riarmare i singoli Stati (perché non c’è nessun esercito comune da armare), ma non si tocca palla sui tavoli diplomatici in cui cercare altre soluzioni. Imbracciare l’arma della preghiera per la pace diventa allora una modalità di combattimento. Perché alle armi, al sangue e alla distruzione c’è sempre un’alternativa. Il cardinale Pietro Parolin recentemente ha detto che «chi sceglie di riarmarsi, prima o poi deve affrontare la realtà che le armi, per quanto possano sembrare un deterrente, sono destinate a essere utilizzate». Se si imbraccia un rosario, al contrario, si riconosce che in fondo non si è dei padreterni, ma gente che ha bisogno di salvezza. Agli editorialisti con l’elmetto sembrerà poco, ma è sempre meglio di un missile nucleare.

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