Il matrimonio non è un contratto come tutti gli altri. Non ci si sposa infatti per tutelare interessi e patrimonio, bensì per fondare una comunione di amore e di vita basata sul dono di sé. Eppure nella recente pronuncia della Corte di Cassazione che apre ai ‘contratti prematrimoniali’ il matrimonio viene trattato alla stregua di un mero accordo di convenienza tra due contraenti. Così nel mantovano un marito dovrà risarcire di 146.400 euro la moglie dopo la separazione, semplicemente sulla base di una scrittura privata tra i due antecedente il loro matrimonio. In questo modo viene svilito il matrimonio sia sul piano giuridico, ma ancor più nella sua dignità di sacramento. Rispetto a tale squalifica del sacramento dell’amore abbiamo raccolto la riflessione di don Renzo Bonetti, ideatore del Progetto ‘Mistero grande’, un percorso di riscoperta dell’infinito valore della chiamata all’amore degli sposi in Cristo.
Don Renzo, se il matrimonio viene equiparato a ogni altro contratto giuridico dove finiscono gratuità, reciprocità e dono di sé sui quali si basa il vincolo coniugale?
«Con questo tipo di contratto, che cosa è l’amore? È il sentimento di una circostanza! Ciò implica però il non conoscere lo sviluppo affettivo delle persone che ricevono tutto nell’amore dalla nascita, dall’infanzia, al punto da crescere in un’identità precisa fino a essere capaci di dare tutto di sé anche mediante il corpo. Il corpo è segno della totalità, del dono di sé. Tradire questo significa che con il corpo ti do qualcosa di me ma non tutto quello che sono. È comprensibile purtroppo questo punto di arrivo, di ‘amare con le condizioni’, perché ci troviamo davanti a situazioni di immaturità umana e affettiva che rendono il legame matrimoniale sempre più fragile. Viene così in evidenza la mancanza di educazione all’amore; il voler staccare sessualità da amore, facendola diventare un esercizio fisico di soddisfazione personale, anche a scapito della libertà e soddisfazione dell’altro. Mancando l’educazione all’amore, il vivere in coppia è fondato più su una esperienza insieme che su valori più profondi. Di qui la coppia che sperimenta in sé e negli altri delle fragilità, si autoprotegge con contratti prematrimoniali, ma questo rivela la mancanza di radici profonde di una relazione d’amore».
Porre limiti e condizioni all’altro prima che ci si sposi implicherebbe un ‘dono condizionato’ al proprio tornaconto. D’altra parte come è possibile preventivare realisticamente le clausole di tale vincolo se la vita matrimoniale è per sua natura imprevedibile in ogni ambito (salute, posizione lavorativa, numero di figli etc.)?
«La parola matrimonio deriva dal latino matris-munus dove il munus, la ricchezza della madre, erano i figli. Oggi il munus (il dono) delle nozze non sono i figli ma se stessi e la propria personale realizzazione che non può essere condizionata. Concretamente le due persone desiderano garantirsi il reddito della propria personale ricchezza e per questo si pongono condizioni per assicurarsi che non vadano perdute. In altre parole le nozze diventano una sorta di cooperativa che parte dall’amore (un certo tipo di amore) e si regge solo finché essa garantisce a ciascuno un rendimento medio del 50% a testa. Qualora questo venga a mancare non ha più senso restare insieme; significa che “non ci amiamo più”. È chiara la concessione commerciale dell’amore: “Tu vai bene a me, Io vado bene a te”, finché questo funziona stiamo insieme. L’amore funziona così con il redditometro! Che poi questo metta in grave difficoltà eventuali figli non ci si preoccupa, perché si stabiliscono i doveri di ciascuno. Ma il figlio nato dall’unità - che è l’unità dei due, che porta dentro i cromosomi simultaneamente l’unità nell’amore di padre e madre - dovrà crescere senza questa unità di amore e godrà, se va bene, di un’unità organizzativa del papà e della mamma».
Quali sono le influenze culturali alla base di tale pronunciamento della Corte che riduce di fatto il matrimonio a un mero accordo di assistenza e cura solo fino a quando conviene a entrambi?
«È la conseguenza di una cultura senza Dio che ha cancellato anche le radici cristiane più profonde. Di qui l’uomo e la donna sono padroni di sé come se si fossero autoprodotti: padroni del corpo, padroni della vita (aborto, eutanasia etc.). È l’esaltazione dei diritti personali che non riconosce più il bene comune, ma solo una società che rispetta il ‘diritto personale’».
Cosa è invece il matrimonio nel disegno d’amore del Padre e quale il suo significato profondo?
«Che cosa chiede questa società ai cristiani? Chiede di piangere; chiede di dire “c’era una volta”? Chiede di proporre agli sposi e ai fidanzati che il matrimonio cristiano è una vocazione, è una scelta: una scelta a dire le radici profonde dell’uomo e della donna; a dire che siamo immagine e somiglianza di Dio. Noi siamo chiamati a portare nel mondo una qualità diversa di umanità e di relazione tra uomo e donna. Questa è la provocazione, la ‘buona notizia’: dire con la vita chi sono uomo e donna; non si sono autoprodotti ma trovano in loro elementi di infinito. Infatti nella vita comune di un uomo e di una donna che si sposano ci sono elementi di infinito. Perché l’amore è senza misura se siamo misurabili in tutto? Perché si dice il ‘per sempre’? Perché si è pronti a dare la vita per amore? Se io do la vita per amore vuol dire che l’amore che ho per te è più grande della mia vita, quindi dentro di me c’è qualcosa che è più grande di me. D’altra parte questa realtà, questa bellezza dell’amore è universale: non ha limiti di razza, di appartenenza, di cultura. Tutti vivono la stessa unica esperienza. Riguardo all’identità sacramentale l’uomo e la donna non solo realizzano un progetto di bellezza umana, ma sono chiamati a dire che lo Spirito è sceso sulla terra e rende l’uomo e la donna capaci di realizzare un progetto divino qui sulla terra. Noi guardiamo al divino che c’è nei riti e non siamo capaci di guardare il divino che è dentro l’uomo e la donna! Nella forza dello Spirito uomo e donna dicono l’amore di Cristo per la Chiesa e per l’umanità, cioè l’uomo e la donna sono spazio dove Cristo oggi può esprimersi. In tale prospettiva il matrimonio diventa essenziale».
Nel suo recente saggio Sposi per evangelizzare sottolinea ancora che la chiamata degli sposi non si esaurisce tra le mura domestiche. Gli sposi hanno una missione profetica da svolgere: sono chiamati a rendere visibile l’amore di Cristo nel quotidiano.
«Che cos’è l’amore? Chi è chiamato a far conoscere che Dio è Amore? Che elementi Dio ci ha dato per farsi conoscere come Amore anche senza conoscere le Scritture? L’uomo e la donna sono il libro che descrive che Dio è Amore, che fa sperimentare a chi lo vive fino in fondo cos’è l’amore: di due uno; lui, lei, uno, come la Trinità. Quindi si può sperimentare qualcosa del mistero trinitario e Cristo ha donato il suo Spirito perché questo si realizzi. Nel corpo dell’uomo e della donna è dato di sperimentare concretamente - e così di far sperimentare ad altri -, a partire dai figli, la bellezza dell’amore. Come possono esserci matrimoni più seri se in casa i figli non respirano l’amore di papà e mamma, i due totalmente diversi e totalmente uno, il mistero di due che diventano uno? Oggi facciamo l’accoppiamento, come fanno anche gli animali. In Dio non c’è l’accoppiamento: i due diventano uno e uno dà pienezza di identità all’altro. L’unità dà pienezza di identità, sia a lei che a lui. Questa è la via dell’evangelizzazione che manifesta l’amore del Padre e la presenza di Gesù».
(Foto Gemini IA)