Venerdì 24 Ottobre 2025

Morte in diretta streaming, il volto dell’inferno del web

La tragedia di Jean Pormanove rivela il volto oscuro del web: un circo digitale che alimenta solitudine, crudeltà e perdita del senso del limite

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Jean Pormanove, streamer francese di 46 anni, è morto in diretta dopo una maratona online di dieci giorni. Lo hanno visto spegnersi su un materasso, coperto da una coperta, mentre altri ridevano o assistevano impotenti. Una vita consumata davanti a una telecamera, tra umiliazioni e privazioni, trasformata in spettacolo fino all’ultimo respiro.

Non è solo la tragedia di un uomo. È il segnale più estremo di una malattia che riguarda tutti: l’overdose da social. Una sbornia collettiva che trascina bambini e anziani, genitori e figli, in un vortice di connessioni senza più legami. Una rete che promette comunità e invece alimenta la pandemia silenziosa della solitudine.

Il web è diventato un’arena in cui tutto è contenuto: la gioia, la rabbia, la violenza, persino la morte. Il pubblico, milioni di spettatori anonimi, non si limita a guardare: partecipa, commenta, rilancia. È il ritorno del circo, non più di pietra e sabbia, ma digitale. Dove la sofferenza di pochi diventa intrattenimento per molti, e l’umiliazione viene applaudita come se fosse gioco.

Questa è la spirale che divora: più dolore, più audience; più eccesso, più click. Una catena che non conosce freni, dove la dignità dell’uomo si dissolve nella ricerca di visibilità, e dove la crudeltà diventa merce. È un vortice che trascina vittime e spettatori insieme, complici e indifferenti.

Dietro tutto questo si rivela un vuoto ancora più profondo: la perdita del senso di Dio, e con esso del sacro e del limite. Quando si smarrisce l’idea che la vita abbia un valore intrinseco, inviolabile, ogni cosa diventa oggetto di consumo: anche il corpo, anche la sofferenza, anche la morte. L’uomo, ridotto a spettacolo, diventa schiavo di un meccanismo che lo divora, mentre la coscienza collettiva tace.

Il dramma è che non si tratta più soltanto di “morti virtuali”: questa dipendenza uccide davvero. Ammazza chi è pronto a tutto pur di restare visibile, e logora chi consuma ore infinite davanti a uno schermo, sostituendo il calore umano con il riflesso freddo di un display.

La morte di Jean Pormanove non è un incidente isolato, ma l’emblema di un tempo in cui l’esistenza si misura in follower e visualizzazioni. È il fallimento di un sistema che ha scambiato la libertà con l’assenza di limiti. E che, nell’illusione di essere connessi, ci lascia soli, spettatori passivi di un inferno che abbiamo costruito con le nostre stesse mani. (Foto Jean Pormanove © Instagram)

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