Sembra un effetto “domino”, cominciato con la scoperta di “Mia moglie”, il gruppo Facebook in cui, più di 30.000 uomini, pubblicavano foto intime delle loro consorti, dandole in pasto ad utenti che si scatenavano con commenti a sfondo sessuale, violenti. Ma non finisce qui, perché questo è solo l’inizio dello scoperchiamento del vaso di Pandora che ora sta facendo emergere tutto un mondo nascosto e oscuro fatto di siti web in cui si commentano foto rubate dal web, di varie donne dello spettacolo e non, pubblicate a loro insaputa e non certo elogiandone le doti morali. Tra questi, ultimamente, è venuto alla luce il sito “Phica”, sul quale da anni vengono postate e commentate foto di attrici, influencer, cantanti, giornaliste e donne della politica che, ultimamente (forse prima di subire denunce e provvedimenti penali?) ha deciso di chiudere.
Con un comunicato apparso sulla homepage del forum, lo staff ha annunciato che lo spazio web sarebbe nato come «piattaforma di discussione e di condivisione personale, con uno spazio dedicato a chi desiderava certificarsi e condividere i propri contenuti in un ambiente sicuro. Purtroppo, come accade in ogni social network, ci sono sempre persone che usano in modo scorretto le piattaforme, danneggiandone lo spirito e il senso originario». Verrebbe da chiedersi quale tipo di condivisione si intendesse incentivare se, negli anni, il forum aveva ricevuto centinaia di segnalazioni, fino alle ultime denunce, nelle ultime ore, da parte di politiche come Alessandra Moretti, Alessia Marani, Lia Quartapelle, Beatrice Lorenzin, a causa di veri e propri incitamenti allo stupro fatti passare per “commenti” delle foto pubblicate senza autorizzazione.
Dunque, tutto sommato, nonostante le premesse, si tratta di una buona notizia, però facciamo notare che certe iniziativenon affondano le radici nel nulla, ma che la violenza contro le donne si genera, prima di tutto, in quel crogiuolo di male che è la pornografia. Parliamo di una connessione, quella tra la misoginia che sfocia in violenza e la pornografia, ben documentata e denunciata dalle femministe, per prime. Nel 1974 l’attivista Robin Morgan affermò, a chiare lettere, che «la pornografia è la teoria, lo stupro è la pratica» e l’anno dopo la giornalista Susan Brownmiller scrisse che la pornografia «è pensata per disumanizzare le donne».
Nel 1978 a San Francisco 5.000 donne protestarono contro quella che consideravano una industria dello sfruttamento sessuale e quello stesso anno, nel loro Pornography and sexual deviance, Michael J. Goldstein, Harold S. Kant e John J. Hartman constatarono come «i gruppi dei delinquenti sessuali, particolarmente gli stupratori, sono stati esposti nella preadolescenza a materiale erotico più esplicito». Nel 2000, due sociologhe, Raquel Kennedy Bergen e Kathleen A. Bogle, pubblicarono uno studio sulla rivista Violence and victims, per realizzare il quale interrogarono un centinaio di vittime di violenze sessuali. Le due accademiche, scoprirono che la maggior parte delle vittime interpellate (58%) ignorava se i carnefici facessero uso di materiale porno – dunque un’ ipotesi da non escludere completamente. Dall’altro rilevarono anche che, ben il 28% di esse aveva affermato che i loro abusatori utilizzavano tale materiale e il 12% aveva persino riconosciuto l’imitazione del porno nella violenza.
In tempi più recenti, nel 2016, sul Journal of Communication è uscita un’analisi basata su 22 studi realizzati in 7 diversi Paesi, che hanno dimostrato che i soggetti che consumano materiale pornografico più frequentemente, hanno maggiori probabilità di essere predisposti a compiere aggressioni sessuali. Inoltre, nel giugno del 2023, tre studiosi spagnoli - Gemma Mestre-Bach, Alejandro Villena-Moya e Carlos Chiclana-Actis – hanno pubblicato su Trauma violence & abuse un lavoro nel quale, pur mantenendo un atteggiamento di prudenza dettato dall’«eterogeneità delle metodologie e delle concettualizzazioni», hanno rilevato che «numerosi studi longitudinali e trasversali hanno suggerito un'associazione tra pornografia e violenza».
Ma anche senza il richiamo a prove scientifiche, basterebbe pensare agli effetti disastrosi del dilagare del porno tra i giovani, tramite l’uso degli smartphone: sempre in aumento gli stupri di gruppo, branchi formati, spesso, da “giovanissimi”, per non parlare del fenomeno del “sexting”, vera e propria piaga che coinvolge molte volte anche ragazzi in età scolare. Come mai allora, tutto questo non viene combattuto in maniera metodica e costante? Come mai si denunciano le violenze verbali e sessuali contro le donne ma si insiste sulla normalizzazione del porno, al punto che chi ne prende le distanze viene etichettato come “bigotto”? Forse perché quella del porno è una vera e propria industria e pornografia fa rima con quattrini? A pensar male si fa peccato ma spesso si indovina.. (Foto: Pexels.com)
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