Nel silenzio assordante dei media ci sono 500.000 sfollati nel nord della Repubblica democratica del Congo. Il controllo delle miniere e il ruolo delle potenze mondiali. E la Cei stanzia un milione di euro
La complessa situazione nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), è determinata da molteplici cause, ma è chiaro che il conflitto nel Nord Kivu è profondamente radicato nella competizione per le immense ricchezze del sottosuolo congolese: oro, cobalto, coltan e rame. La "balcanizzazione" del Congo è attribuita alla predazione delle risorse, con paesi limitrofi come il Ruanda che giocano un ruolo cruciale nelle triangolazioni per l'accesso ai minerali. Il Ruanda, privo di grandi risorse, deve buona parte del pil ai minerali congolesi illegalmente estratti e portati oltre confine. La competizione per l'esplorazione e il commercio di risorse naturali ha intensificato il conflitto congolese, con il commercio di coltan controllato dal gruppo M23 che genera una stima di 300.000 dollari al mese per il gruppo. E il Ruanda è accusato di sostenere il gruppo ribelle M23, fornendo armi e combattenti.
Secondo diverse fonti l’Occidente, in particolare Stati Uniti, Francia e Belgio, avrebbero in qualche modo favorito l’azione del gruppo M23, pur condannandolo formalmente, evitando di porre sanzioni economiche nei confronti del Ruanda. Sarebbe in atto una guerra per il controllo delle miniere del Congo che in realtà vedrebbe contrapporsi Cina e Stati Uniti; Washington intende contrastare gli investimenti cinesi nella regione attraverso il "Corridoio di Lobito" (cofinanziato anche dalla Unione europea), una linea ferroviaria di 1.300 km che mira a collegare i bacini minerari della RDC allo Zambia e al porto angolano di Lobito, sull'Oceano Atlantico. Un progetto che, nelle intenzioni di Washington, mira a essere la risposta alla Nuova Via della Seta cinese (Belt and Road Initiative, BRI).
È significativo che Molly Phee, ex assistente segretario di Stato per gli affari africani sotto l'amministrazione Biden, riporta l’Agenzia Nova, abbia recentemente affermato che gli Stati Uniti avevano proposto, senza successo, di coinvolgere il Ruanda nello sviluppo della mega-infrastruttura ferroviaria, in cambio del ritiro del loro sostegno ai ribelli M23. «Avevamo proposto a entrambe le parti (Ruanda e Congo) che se fossimo riusciti a stabilizzare la RDC orientale, avremmo potuto lavorare allo sviluppo di una diramazione dal corridoio di Lobito attraverso la RDC orientale. (I ruandesi) non hanno permesso tale azione», ha affermato Phee in un'intervista con i media internazionali prima della fine del suo mandato. «Abbiamo cercato di offrire incentivi positivi. Esiste un quadro autentico, fondamentalmente negoziato dalle parti, e al momento il Ruanda sembra essersi tirato indietro».
Ecco perché a Kinshasa le proteste contro le ambasciate occidentali sembrano davvero indicare una consapevolezza popolare dei legami tra il Ruanda e l’Occidente. Intanto il gruppo ribelle M23 ha intensificato le operazioni, prendendo il controllo di Goma e causando un'enorme ondata di sfollati, che sarebbero almeno 500.000 dall'inizio di quest'anno nel Nord e Sud Kivu. La caduta di Goma nelle mani dell'M23 rischia di scatenare una guerra regionale più ampia, ricordando i devastanti conflitti congolesi della fine degli anni '90 e primi anni 2000. Il presidente congolese Félix Tshisekedi è sotto forte pressione per rispondere all'aggressione percepita come guidata da Ruanda e Uganda.
La Cei, conferenza episcopale italiana, ha stanziato un milione di euro per la crisi in Congo e ha lanciato un accorato appello che ben descrive la situazione: «si fermi il massacro a Goma e nelle altre aree della Repubblica Democratica del Congo in preda alla violenza: basta! In stretto contatto con le Chiese locali e i missionari presenti sul territorio, riceviamo quotidianamente notizie e immagini di uccisioni, mutilazioni, distruzioni e sfollamento di grandi masse di popolazione, che si svolgono nel silenzio quasi totale dei media. Una strage che miete vittime soprattutto tra i civili, senza risparmiare bambini, anche neonati, donne e persone inermi. Non possiamo tacere di fronte a questo scempio, all’annientamento dell’umanità». (Foto: Ansa)
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