Lazio, legge per la famiglia
Lazio, legge per la famiglia
La “legge che fa contenti i Pro vita” fa contenta la società
Tacciata come manifesto ideologico, la proposta di legge del Lazio mette sul tavolo interventi a favore della famiglia, della natalità e della crescita demografica. E quindi è una legge a favore dell’intera società, anche se qualcuno sembra non capirlo
30 Ottobre 2025 - 12:30
(Pexels.com)
Udite udite, in Lazio farneticano: si parla di diritto del nascituro, diritto dei genitori a scegliere sull’educazione dei figli, rimozione degli ostacoli che causerebbero l’aborto, e altre “atrocità”. Sembrerebbe che la regione Lazio si sia permessa, nella persona dell’assessore regionale per le Pari opportunità Simona Baldassarre, di firmare la proposta di legge 207 del 2025 dal titolo “Interventi a favore della famiglia, della natalità e della crescita demografica”. Il testo è stato presentato e approvato in giunta il 15 maggio e ora è passato ai consiglieri di maggioranza e opposizione.
Il tono è di certo ironico, per chi scrive. Qualcun altro invece al solo leggere il titolo è saltato sulla sedia. Associazioni femministe, consultori e la sinistra sono pronti a far di tutto purché questa proposta non diventi legge. A detta loro la «legge sulla famiglia che fa contenti i Pro vita», come titola RomaToday, sarebbe un cavallo di Troia per «gli ultracattolici antiabortisti».
Che cosa troviamo in questa proposta di legge? Si tratta di una proposta strutturata in 27 articoli che prevede un quadro di interventi a sostegno della famiglia e della natalità. In breve, contiene benefici economici, strumenti per la conciliazione vita-lavoro, servizi di prossimità, sostegno alla genitorialità, progetti dedicati alla maternità fragile e alle famiglie numerose, con anche l’istituzione della Carta Famiglia del Lazio e il progetto Famiglia giovane che prevede contribuiti per nuovi nuclei famigliari e percorsi di accompagnamento della donna in gravidanza. Oltre ai generosi stanziamenti economici (2,06 milioni di euro per il 2026 e 1,71 milioni per il 2027), la proposta pone al centro alcuni capisaldi - impronunciabili per alcuni -, primi fra tutti la considerazione del nascituro come soggetto giuridico da tutelare e la rimozione degli ostacoli che porterebbero la donna alla scelta di abortire.
Si legge nella proposta che la norma prevede «la promozione di servizi atti a soddisfare le esigenze, anche di ordine psicologico, delle donne e a migliorare le condizioni socioeconomiche delle stesse, soprattutto laddove rappresentino la causa primaria della volontà di interruzione della gravidanza». Si sono poi spinti oltre, perché si fa riferimento al «valore sociale del lavoro domestico e di cura, in quanto essenziale per la vita della famiglia e per la società». Apriti cielo. Insorgono le femministe e i consultori, perché, ormai si sa, la difesa delle donne non vale per quelle che vorrebbero essere aiutate a non abortire o che addirittura desiderano dedicarsi alla famiglia.
Inoltre, in linea con il Ddl Valditara attualmente in discussione in Parlamento, la norma tutela il consenso informato come «diritto dei genitori di scegliere i percorsi educativi più adeguati per i propri figli» incentivando anche l’istruzione parentale.
Alcuni consiglieri regionali del Pd e di Italia Viva hanno accusato il presidente Rocca di «violare la legge 194, attaccando a tutto campo il diritto alle donne di autodeterminare il proprio corpo, subordinandolo a quello del nascituro» e di attaccare «il diritto a esistere delle famiglie “diverse” da quelle immaginate dalla destra». Puntano poi all’istruzione, dichiarando che questa legge minaccerebbe il diritto di «bambine e bambini di ricevere l’istruzione pubblica di qualità, incentivando invece quella parentale» con la «volontà specifica di privilegiare il ruolo dell’associazionismo familiare, non in collaborazione ma quasi in sostituzione del pubblico». Qui poi non ci si è accorti del controsenso, perché basterebbe leggere la nostra Costituzione per scoprire che è la tendenza a sminuire il ruolo della famiglia delegando agli enti pubblici la cura e l’istruzione dei figli ad avere la meglio, e non il contrario.
Si fanno sentire anche Cgil Roma e Lazio, le famiglie Arcobaleno, il Coordinamento delle assemblee delle donne dei consultori e Non una di meno Roma che definisce la proposta un tentativo di «vanificare le conquiste di 50 anni di lotte transfemministe» che minaccerebbe chi non abortisce con «benefit ricattabili e strumentali». In realtà questa proposta si rifà proprio a quella parte della 194 secondo la quale lo Stato debba contribuire «a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza». Ma questi oramai sembrano dettagli superflui e superati.
Le chiacchiere, comunque, stanno a zero, perché esiste l’articolo 29 della Costituzione italiana: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio». Non se l’è inventato la destra, in quanto risponde al dato di realtà, alla fisiologia. Nonostante esista questo preciso obbligo costituzionale, c’è chi vaneggia nel tentativo di cancellare la famiglia dall’orizzonte culturale e sociale, perdendo di vista i reali bisogni della società e delle famiglie in favore di slogan vuoti e ideologici. È intervenuta in audizione per la legge Luisa Capitanio Santorini del Network “Ditelo sui tetti”, che, riprendendo l’articolo 29 sopracitato, ha precisato come «la famiglia non è un dato culturale che cambia con le mode, ma è una realtà “scritta nel cuore dell’uomo”, presente in tutte le società di ogni tempo», che nei confronti della società ha «debiti da onorare e crediti da riscuotere».
In fin dei conti, sembra che a dare tanto fastidio sia la semplice attuazione della nostra Costituzione. Questa proposta non fa altro che mettere in atto l’articolo 30 secondo il quale la Repubblica deve agevolare «con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose» proteggendo «la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo». È facilmente deducibile che questa legge non “fa contenti” i Pro vita, bensì farebbe contenti tutti. Se solo ci si rendesse conto che mettere la famiglia nelle «condizioni di svolgere appieno i suoi compiti […] unici, insostituibili e non vicariabili», riprendendo ancora quanto espresso da Ditelo sui tetti, significa avere a cuore l’accoglienza della vita, la formazione dell’uomo e il necessario ricambio generazionale.











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