Preziose parole di Giovanni Paolo II per aiutare l’uomo contemporaneo a risvegliarsi dal “sonno della cultura” e a decidersi di «coltivare» la propria persona.
La cronaca milanese dei giornali del 20 febbraio 2004 annuncia un boom di iscrizioni al liceo, soprattutto classico, per il prossimo anno scolastico. La scelta degli studenti viene presentata come effetto della “riforma Moratti”. Quale che sia la motivazione, ne prendo atto con soddisfazione. Ogni cosa che aiuti i giovani a ragionare, a ri-conoscere le proprie radici attraverso un percorso di studi che favorisca l’assimilazione della cultura e della propria storia, deve essere accolta con gioia perché aiuta a pervenire alla conoscenza delle verità. Non che non si imparino cose importanti anche negli istituti tecnici o professionali, ma il liceo favorisce un approfondimento delle materie umanistiche, diverso e superiore. Soprattutto rappresenta un’inversione di tendenza rispetto a una mentalità, ancora diffusa, secondo la quale la scuola deve anzitutto servire ad avviare a una professione, mentalità che considera il lavoro intellettuale come un non-lavoro, e che lascia trasparire il trionfo di una mentalità “attivistica”, che disprezza ogni forma di contemplazione. È una mentalità che ha provocato tanti danni al mondo cattolico soprattutto negli anni successivi al 1968, che ha portato all’abbandono dello studio della meta?sica, al disprezzo della vita contemplativa (che negli ultimi anni si sta prendendo una bella rivincita), a guardare con distacco a quelle materie, come il latino e il greco, considerate vecchie, inutili, “morte”. Insomma, ha trionfato la cultura dell’ef?mero e del “gridato”, del risultato a tutti i costi, del “qui, tutto e subito”, che disprezza le tradizioni, ri?uta il passato comunque e adora qualsiasi progresso, ritenuto “inevitabile”. Questa cultura rimane egemone, ma prendiamo per buono il segnale che viene dalla lettura dei giornali, e speriamo.
Certamente chi ha sempre operato nel senso dell’esaltazione dell’importanza della cultura è stato l’insegnamento della Chiesa. In particolare, papa Giovanni Paolo II ha ripetuto recentemente queste importanti, oltre che splendide parole, di Cicerone: «Come la terra, anche se fertile, non può portare frutti senza coltivazione, così l’anima senza la cultura». Ha pronunciato queste parole ricevendo da un’università della “sua” Polonia la laurea honoris causa e ne ha appro?ttato per ricordare il ruolo della cultura, che non deve essere confusa con la bibliomania, con la semplice erudizione, con un intellettualismo ?ne a se stesso. Anche un analfabeta ha una cultura, cioè possiede una visione del mondo, conosce una gerarchia dei valori che gli impone delle scelte, delle preferenze, che gli fa compiere certe azioni e ri?utarne altre.
Questa è cultura. Naturalmente, come diceva Cicerone e come ripete il Ponte?ce, per avere tale cultura bisogna coltivarsi, così come per star bene di salute bisogna aver cura del proprio corpo, così per star bene come persona (che è anima e corpo, oltre che psiche) bisogna dedicare tempo anche alla propria formazione spirituale e intellettuale, come si dedica tempo a mangiare e a dormire, a esercitare ?sicamente il proprio corpo.
Questa coltivazione della propria persona ha naturalmente anche degli effetti sociali. Abituarsi a ri?ettere, a leggere e a studiare, a confrontarsi con le opinioni altrui senza pregiudizi, insomma a cercare la verità in ogni cosa, non porta soltanto alla gioia dell’incontro con Colui che salva perché è la Verità, ma favorisce la risoluzione dei con?itti ideologici, avvicina le classi sociali e le spinge a collaborare, porta al superamento degli odii religiosi e razziali. Fateci caso, dietro a quasi tutte le “revisioni” di drammatici periodi della storia, dietro alla fuoriuscita di tanti uomini dalla violenza e dalla gabbia delle ideologie, ci sono quasi sempre la conversione o almeno l’inizio di un percorso verso Dio o, se preferite, il ritorno alla realtà.
Nel già ricordato discorso alla delegazione dell’università polacca di Opole, il Santo Padre ha ricordato proprio queste verità, indispensabili a nazioni che escono dalla tempesta delle ideologie, con tutti gli odii, i rancori e i desideri di vendetta di chi ha vissuto per decenni in un regime comunista oppure, per esempio, di coloro che hanno attraversato il decennio della guerra balcanica dal 1992 al 2002. Solo chi rientra in se stesso perché scopre chi è il suo Signore può essere capace di perdonare, di dimenticare quanto ha subito e di ricominciare a vivere senza odio, premessa necessaria per ricostruire una nazione. «L’Università […] può essere di aiuto in una puri?cazione della memoria che non dimentichi i torti e le colpe, ma permetta di perdonare e di chiedere perdono, e poi di aprire la mente e il cuore alla verità, al bene e alla bellezza, valori che costituiscono la comune ricchezza e che vanno concordemente coltivati e sviluppati».
Anche in Italia si presenta questo problema. Si tratta di riconoscere una memoria condivisa, senza dimenticare i torti e le colpe come ha detto il Papa, ma cercando quei principi di senso comune che possano garantire una convivenza accettabile in una società divisa, ieri, dalle contrapposizioni ideologiche e, oggi, dalla presenza di religioni, culture e da costumi molto diversi fra loro, una società fra l’altro contrassegnata dalla diffusa assenza di riferimenti ideali. Il tutto in una società che ha conosciuto già nella storia recente almeno due grandi ferite dilaceranti, l’unità nazionale raggiunta contro la Chiesa, e la guerra civile dopo la caduta del regime fascista. Una società nella quale le radici cristiane «parlano in silenzio», come ha detto Giovanni Paolo II a proposito di cattedrali, opere d’arte, musica e letteratura: ma appare evidente che oggi non può più bastare la testimonianza meravigliosa ma silenziosa dei monumenti che indicano dove affondano le radici della nazione oppure la straordinaria grandezza raggiunta da alcune opere letterarie e dai loro autori.
Oggi, af?nché la fede diventi cultura e penetri nel cuore della patria, servono persone dedicate a questo compito, piene di ?ducia nella Provvidenza divina, ricche di fede, suf?cientemente colte, capaci di rispondere ai so?smi della mentalità dominante, uomini e donne che assomiglino agli apostoli degli ultimi tempi auspicati da san Luigi Maria Grignion de Monfort nella sua Preghiera infuocata.
BIBLIOGRAFIA
Giovanni Paolo II, discorso in occasione della consegna della laurea honoris causa dall’Università di Opole, in Polonia, del 17 febbraio 2004 (L’Osservatore Romano, 18 febbraio 2004).
IL TIMONE – N. 32 – ANNO VI – Aprile 2004 – pag. 56 – 57