Proliferano credenze sulla fine del mondo. Dimenticano Cristo e cresce la paura.
Con il sopraggiungere dell’ anno Duemila, mentre da un lato molti storici sono impegnati giustamente a ricondurre alla verità dei fatti la “leggenda nera” relativa all’ anno Mille, la quale fu pensata a tavolino dagli illuministi settecenteschi per screditare la Chiesa cattolica (non ci fu, in realtà, nessuna leggendaria paura dell’ anno Mille); dall’ altro si può facilmente notare, soprattutto grazie ai mass media, un proliferare di credenze e – spesso – dicerie relative all’imminente fine del mondo. Secondo alcune indagini, pare che addirittura un terzo dei cittadini americani affermi che la fine del mondo potrebbe avvenire durante la vita dell’intervistato. Questa percentuale costituisce la base su cui si fonda il successo di romanzi come Left Behind (“Lasciati indietro”), in testa alle classifiche americane e giunto al sesto volume della serie. In esso, secondo una telogia di stampo evangelico-fondamentalista, si racconta con dovizia di particolari e prendendo il libro dell’Apocalisse di San Giovanni come canovaccio, come dovrà avvenire la fine del mondo.
Anche in Italia non mancano accenni alla fine del mondo che si fanno sen tire – trovando spesso eco nei mass media – in ambienti legati a veggenti e rivelazioni oppure alle controverse interpretazioni delle Centuries et prophéties di Nostradamus (1503-1566). Per sua natura, questo testo si presta al gioco che Umberto Eco ha chiamato della “interpretazione infinita”, dove l’interpretazione è molto più importante di qualunque realtà originaria. Ognuno di fatto lo interpreta come vuole, e questo torna particolarmente di moda a ogni fine di anno o a ogni svolta epocale, quando il calendario rende più forti le angosce per il futuro.
Il cantante Ligabue in una canzone del 1994 si chiedeva “A che ora è la fine del mondo?”, e proseguiva: “Fine del mondo in mondovisione. Diretta da San Pietro per l’occasione”. In realtà, avvicinandosi il Duemila, pare proprio che il cantante abbia sbagliato indirizzo: a San Pietro e dintorni – fuori metafora nella Chiesa cattolica – nessuno aspetta la fine del mondo imminente. La Chiesa, in fedele ascolto della Rivelazione, attende certamente la fine del mondo, cioè il momento in cui Cristo “verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti” nella Parusìa, ma fa sue le parole di Gesù: “Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il padre ha riservato alla sua scelta” (Atti 1,7).
Questa frase del Maestro divino è stata ben commentata da Sant’ Agostino (354-430) nella sua opera De Civitate Dei: “Si è soliti domandare quando avverrà ciò? È una domanda importuna sotto ogni aspetto. Se infatti il saperlo fosse stato per noi un bene, chi meglio dello stesso Dio, nostro Maestro, l’avrebbe detto ai suoi discepoli? […] Inutilmente, perciò, ci affanniamo a calcolare e determinare gli anni che restano al mondo”.
RICORDA
“Vegliate dunque, perché nessuno conosce né il giorno né l’ora”
(Matteo 25, 13)
IL TIMONE – N.4 – ANNO I – Novembre-Dicembre 1999 – pag. 11