Raccomandati oltre seicento volte dai Sommi Pontefici, gli esercizi spirituali dettati da s. Ignazio conservano tutto i loro valore. Aiutano “chi li fa” a scoprire i disegni di Dio su di lui.
Il 31 luglio la Chiesa cattolica ricorda sant’lgnazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, i gesuiti, come vengono più frequentemente ricordati, ma anche iniziatore di una tradizione spirituale che, nella storia della Chiesa, non ha ancora cessato di recare frutti. Si tratta degli esercizi spirituali detti di sant’lgnazio, ricevuti da quest’ultimo – secondo la tradizione – nella grotta di Manresa, in Spagna, dove Ignazio si era ritirato dopo la conversione per conoscere la volontà di Dio sulla sua vita. E in effetti, proprio questa rimarrà la caratteristica fondamentale degli Esercizi, quella di aiutare “chi li fa” – chi vi partecipa – a seguire il Signore Gesù, cercando di conoscere cosa Dio desideri da lui.
Il Magistero della Chiesa non si è limitato a dare un’approvazione generica a questo testo, un piccolo libretto tradotto in tutte le lingue e disponibile in diverse edizioni. Dopo l’approvazione nel 1548, sono state più di seicento le raccomandazioni e gli interventi dei Papi, tanto che credo si possa dire che gli Esercizi di sant’lgnazio non sono il metodo di una particolare scuola di spiritualità, ma un mezzo universale che permette a chiunque di trovare il proprio modo di servire il Signore: negli esercizi “che si compiono secondo il metodo ignaziano, tutto il disegno è così sapientemente combinato, ogni parte è così strettamente connessa con l’altra, che ove non si resista alla grazia divina, rinnovano l’uomo, per così dire, radicalmente e lo rendono tutto sottomesso alla volontà divina” (Papa Pio XI, Lettera apostolica Meditantibus nobis, 3 dicembre 1922).
Un poco di dimestichezza con il testo degli esercizi aiuta a superare il luogo comune che vuole i gesuiti un insieme di uomini astuti, intriganti, esclusivamente dediti alla conquista del potere degli Stati all’interno dei cui confini operano. Per questo sarebbero stati espulsi dai governi europei nella seconda metà del 1700 e la pressione di tali governi, legati a una prospettiva illuministica e ispirati dalla massoneria o da altre società segrete, arrivò a spingere il Papa Clemente XIV allo scioglimento della Compagnia (21 luglio 1773).
Iniziava così un periodo drammatico per la storia della Chiesa, che si era privata del contributo di chi aveva capito la portata dell’aggressione anticattolica in corso: i gesuiti potranno ricostituirsi dopo la caduta di Napoleone, nel 1815, una volta superata la fase più cruenta del processo rivoluzionario, ma incalcolabile è stato il danno arrecato loro e alla stessa compagine ecclesiale. Lo scandalo, soprattutto dentro la Chiesa, era stato enorme: pensate cosa significherebbe oggi lo scioglimento di un ordine religioso conosciuto soprattutto per la sua fedeltà al Pontefice e per l’impegno nella lotta per la difesa della Chiesa. Alla base dello scioglimento e dell’espulsione dai paesi europei vi era l’accusa, appunto rivolta ai gesuiti, di “far politica”, come di direbbe oggi, cioè di cospirare contro gli Stati e fare pressione sui Pontefici affinché assecondino il loro disegno di controllo del potere politico. Ora non vi è dubbio che vi siano stati gesuiti che siano caduti in questo errore, ma l’insegnamento del loro fondatore è profondamente diverso.
Negli esercizi, Ignazio indica in tre atteggiamenti le principali caratteristiche del seguace di Cristo: la povertà, il disprezzo di sé, l’umiltà, imitando Cristo povero, umile, che ha disprezzato se stesso fino a farsi carico di tutti i peccati del mondo.. È impressionante, in particolare, l’insistenza di Ignazio per il disprezzo delle ricchezze. Essa emerge in una delle contemplazioni più importanti, I due stendardi, mentre in quella successiva, Le tre classi di uomini, viene indicato l’esempio di un uomo che avesse ottenuto – onestamente, ma non proprio per desiderio di servire Dio – una forte somma di denaro: Ignazio sostiene come il fedele di Gesù, se vuole fare la volontà di Dio, deve prendere in considerazione l’ipotesi di distaccarsi dalla somma ricevuta, ed “essere pronto a conservare o abbandonare la cosa nella misura in cui si renderà conto – sia per ispirazione divina che per il dettame della ragione – che ciò è più utile al servizio di Dio”. La povertà indicata da Ignazio è sempre molto concreta, ma non ha le caratteristiche dell’odio di classe: essa è la condizione della libertà.
L’uomo deve liberare il suo cuore dall’attaccamento a tutte le ricchezze terrene; conoscerà così la vera libertà e potrà seguire il modello, Cristo. Gli esercizi ignaziani indicano la strada da percorrere per imitare Gesù, attraverso un processo di purificazione che conduce la persona a seguire il Signore, contemplandone i misteri della vita, dall’Incarnazione alla Resurrezione, e sforzandosi di imitarlo. Una persona che partecipa a un turno degli esercizi di sant’lgnazio ricorderà questa esperienza per tutta la vita: non si tratta di ascoltare belle meditazioni, come in un qualsiasi ritiro, ma di penetrare in un metodo assolutamente particolare, di percorrere un itinerario spirituale al seguito di Cristo impegnando tutte le facoltà, l’intelligenza, la volontà e i sensi, al fine di portare tutta la persona a fare la maggior gloria di Dio, ad maiorem Dei gloriam.
RICORDA
Oltre alle proposte della Federazione Italiana Esercizi Spirituali, chi volesse partecipare a un turno di esercizi secondo il metodo di sant’Ignazio, della durata di cinque giorni, può rivolgersi all’Opera di Maria Madrea della Chiesa, Villaggio del fanciullo, 54020 Filetto (MS), www.opusmariae.it; e-mail: opusmariae@libero.it
BIBLIOGRAFIA
Il Libro Blù, a cura dell’Opera di Maria Madrea della Chiesa, ed. Kolbe, Seriate (BG) 1997 (con il testo completo degli esercizi ignaziani).
IL TIMONE N. 21 – ANNO IV – Settembre/Ottobre 2002 – pag. 54 – 55
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