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13.12.2024

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«Ad multos annos»
31 Gennaio 2014

«Ad multos annos»

 

Rino Fisichella
Arcivescovo, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione

Già dal titolo, la rivista ha sempre indicato da quale parte dover andare. Il Timone, infatti, è il comando dell’orientamento del veicolo e ne determina la direzione. Intuizione felice che ha permesso nel corso degli anni di avere tra le mani uno strumento capace di fare una sana e vera apologetica. Ho sempre sostenuto la sua importanza per l’intelligenza della fede. Con l’apologetica, infatti, si vuole offrire anzitutto una presentazione del cristianesimo e dei suoi contenuti e, qualora fosse necessario, anche una sua difesa. È uno dei compiti fondamentali per il cristiano. Non è un caso che l’apologetica trovi il suo punto di riferimento specifico nella prima lettera di Pietro, là dove l’apostolo esorta a essere sempre pronti a «dare ragione della speranza» presente in noi. Una speranza che si fa forte della verità della fede ed è sostenuta dall’amore. Di questo si deve “dare ragione”; vale a dire, essere capaci di trovare le argomentazioni che permettono alla fede di uscire dall’esperienza del singolo individuo per diventare una proposta universale. L’apostolo indica anche il metodo con cui dobbiamo farlo: con «dolcezza, rispetto e retta coscienza». Insomma, capaci di andare verso tutti, forti della verità della rivelazione che ha dato senso alla nostra vita e, per questo, crediamo lo passa dare anche a quella di tanti altri. Il Timone lo ha sempre fatto con coerenza e anche con coraggio. In tempi non facili ha saputo mantenere fede al suo impegno e oggi può guardare con soddisfazione al lavoro compiuto. Un vero apologeta, tuttavia, è instancabile. Sa di essere al servizio di una verità che lo sorpassa e lo obbliga a una corsa perenne per portare a tutti la bella notizia del Vangelo che salva. Per questo motivo, mi auguro che nei prossimi anni, in questa avventura della nuova evangelizzazione, Il Timone possa essere strumento valido per dare voce a un’intelligenza della fede capace di comunicare in maniera semplice e profonda la verità cristiana. Essa deve dare spessore, soprattutto in un periodo come il nostro che rincorre i fantasmi del mito e della superstizione, al tema della storicità di Gesù e della Chiesa. La novità cristiana, d’altronde, si condensa proprio in questo fatto: Dio si fa uomo e permane nella nostra storia, accompagnando quanti credono in lui, con la forza che proviene dall’Eucaristia.


Saverio Gaeta

Giornalista, scrittore

«Cento di questi numeri», era stato l’augurio al direttore Gianpaolo Barra in quell’ormai lontano maggio del 1999. Ora che il numero 100 è andato in stampa, non ci si può limitare ai festeggiamenti e all’ovvio auspicio di ulteriori cento uscite (rinnovabile all’infinito!). Guardando la sequenza di fascicoli viene spontaneo pensare a quanto bene abbia fatto questa rivista a quelli che l’hanno potuta leggere. Ma nel contempo, suscitando un vero movimento culturale e ispirando in tanti una passione rinnovata nel testimoniare la fede, ha apportato indirettamente positività perfino a chi non ha ancora scoperto Il Timone. Personalmente, appena mi arriva a casa, non resisto alla tentazione di dare almeno una sfogliata alla nuova rivista, qualsiasi cosa stia facendo. Poi la leggo con più calma, soffermandomi sulle lettere, che sono sempre genuine testimonianze di quella «bellezza che salverà il mondo», e sul dossier, dal quale ricavo spesso insegnamenti e spunti di riflessione. Più in generale, apprezzo molto i contributi dei colleghi che mi aiutano a maturare un giudizio sulla realtà, Vittorio Messori in primis, seguito dall’editoriale di Gianpaolo e dagli articoli di Rino Cammilleri, Andrea Tornielli e Vincenzo Sansonetti (senza voler togliere nulla a tutti gli altri amici che collaborano). È su questa traiettoria che credo occorra intensificare gli sforzi, in modo da rendere definitivamente Il Timone “il” punto di riferimento dell’apologetica cattolica. Quella che risponde al comando di Cristo di andare nel mondo per insegnare e per convertire: «Un dovere, non un optional; una missione, non un passatempo», come affermava icasticamente Gianpaolo nel primo numero. Con i Quaderni del Timone si è fatto un grande passo in questa direzione. La prossima mossa potrebbe essere l’istituzione di una “nazionale” dei conferenzieri cattolici, strutturando dei veri e propri percorsi annuali in diverse regioni d’Italia. Già qualcosa si sta muovendo, qua e là. Rendere più organica l’organizzazione, ovviamente partendo dall’iniziativa delle realtà locali, potrebbe dare il via a una nuova stagione di impegno.

Piero Gheddo
Sacerdote, missionario del PIME

Quando Gianpaolo Barra mi invitò a collaborare a “Il Timone”, la prima reazione non fu positiva: nel sottotitolo la parola “apologetica” sembrava tendere verso lo spirito aggressivo. Proprio in quei giorni, mi viene tra le mani il bollettino dell’UAAR (Unione Atei e Agnostici Razionalisti) in cui trovo questa definizione: «L’apologetica è quel ramo della teologia nel quale i cattolici vogliono dimostrare che il papa e la chiesa hanno sempre ragione». Non è così. L’Apologetica, antica quanto il cristianesimo, si occupa di difendere le verità della fede cristiana, confutando le critiche ingiuste e le eresie (“apologhetikòs” in greco significa difensivo). A me è bastato il bollettino dell’UAAR per rendermi simpatico il Timone. Ho subito espresso la mia disponibilità a collaborare. Dopo cento numeri credo si possa dire che la rivista ha centrato l’obiettivo e il successo di abbonati e di vendite lo dimostra. Per due motivi: primo, per confutare quanto scrivono gli avversari del cristianesimo; secondo, per spiegare in modo chiaro quanto noi crediamo per fede e rileggere la storia e l’attualità della Chiesa secondo la realtà dei fatti. In un paese scristianizzato come l’Italia, credo sia giusto compiere un’operazione di “prima evangelizzazione”. Nel nostro popolo l’informazione religiosa di base è estremamente superficiale e il cristianesimo va ripresentato in modo semplice, facile, giornalistico. Forse si dovrebbe tornare al Catechismo di san Pio X, ma probabilmente avrebbe scarso successo, specie fra i giovani. Una rivista di informazione e formazione apologetica ha più possibilità di incidere. Infine, nelle nostre comunità cristiane oggi la tendenza è di chiuderci nella miseria della situazione italiana. Auguro al Timone di allargare sempre più gli orizzonti verso i popoli dove la Chiesa sta nascendo, per aprire i cuori alla speranza e all’ottimismo che viene dalla fede. Lo Spirito Santo non dorme mai, non si stanca mai, non va mai in pensione. La Chiesa che nasce ed è perseguitata lo dimostra ogni giorno.

Ettore Gotti Tedeschi
Presidente IOR – Istituto Opere Religiose

Il Timone salva la vita. Scriveva Richard Bach (quello del romanzo-breve Il gabbiano Jonathan Livingston) che ciò che per il bruco è la fine del mondo, per Dio è invece la farfalla. Se è vero, come è, che la vita eterna è la vera vita e per conquistarla dobbiamo ben operare qui, è necessario prima di tutto imparare a ben pensare qui, a ben comportarci qui. Ricordo negli anni Settanta che Giovanni Cantoni non smetteva mai di ripeterci che se il pensiero (le idee) non influenza il comportamento, sarà il comportamento a influenzare le idee. E se il comportamento che oggi va per la maggiore, quello coerente con la cultura e le idee odierne, dovesse influenzare le idee, staremmo freschi. In fine ed in pratica, dobbiamo riprendere a pensare, ma pensare come? Dobbiamo riappropriarci delle idee forti, che nascono da convinzioni forti. E le convinzioni forti hanno bisogno di verità forti. E le verità forti necessitano di una “cultura” che le difenda dagli attacchi che cinquecento anni di “eresie” hanno minato, un po’. E detta difesa è anzitutto l’apologetica. Dovunque io vada a parlare (di economia naturalmente), in specifico nel mondo cattolico, emerge una ignoranza di apologetica da non credere. Ma se noi stessi non abbiamo certezze sulla storia della Chiesa, quali verità potremo difendere? Con quali idee forti? Finirà che la cultura dominante, il comportamento che ne deriva, arriverà a condizionare le nostre idee, il nostro pensiero. E saremo fregati veramente e definitivamente, con rischio di vita eterna. Chi ci salva? Buoni preti che insegnano buona dottrina, anzitutto. E poi il nostro Timone può fare molto, essendo probabilmente l’unica rivista di apologetica dove scrivono (quasi) tutti i migliori cervelli del mondo cattolico italiano pensante. “Salva la vita” l’editoriale di Barra, “salva la vita” la riflessione filosofica di Samek, quella dottrinale di Biavaschi, il Vivaio del grande Messori (secondo me, anche di più le riflessioni di sua moglie…). “Salva la vita”, complicandola, il Kattolico Cammilleri. Il Timone dovrebbe essere venduto in farmacia, con ricetta medica, o forse mi contraddico essendo un “salvavita”. Io so solo che mia moglie Francesca regala il Timone ai malati: non sono sicurissimo che guariscano, ma son quasi certo che lo leggono. E cominciare a leggere il Timone è l’inizio della trasformazione del bruco in farfalla.

Francesco Agnoli
Scrittore, giornalista

Festeggiare il centesimo numero del Timone: perché? I motivi sono veramente tanti. Il più evidente viene subito in mente: perché in un’epoca di scristianizzazione, in cui spesso anche il mondo cattolico, quel poco che rimane, è segnato dalla confusione e dal relativismo, una voce che si oppone, che ribadisce, “opportune importune”, la Verità, dichiarandosi fedele alla Chiesa di sempre, è un’opera provvidenziale. Ogni tanto penso: se il Timone, e Radio Maria, ci fossero stati negli anni Settanta, quando si discuteva di aborto e di divorzio, quante cose forse sarebbero state diverse? Pensiamo ai poveri “apologeti” di quegli anni: erano soli, senza mezzi, le riviste del mondo cattolico erano sostanzialmente tutte in mano al mondo progressista, gli editori erano per lo più diffidenti, e non c’era neppure internet… Oggi, invece, in Italia, vi è una rivista esteticamente curata, incisiva, non banale, che offre una visione non omologata: un’opera di carità grandiosa, insomma, per tante anime che cercano di rimanere fedeli e ragionanti, nell’ora in cui le Tenebre sembrano divenire sempre più spesse. C’è un aspetto, in particolare che vorrei sottolineare: il Timone ha il merito, soprattutto grazie al suo direttore, di aver voluto mettere insieme tanti autori che provengono da mondi diversi, che magari su alcune questioni non sono sempre in sintonia, che in passato si sono anche divisi su qualche singola vicenda, ma che però appartengono tutti allo stesso accampamento cristiano. Ognuno con le sue specificità, talora con le sue “fissazioni”, i suoi profondi limiti, ma tutti con un identico fine: servire la Chiesa attraverso la propria penna, in un tempo in cui i poveri non sono più le persone senza tetto o senza cibo, ma milioni di italiani ricchi e ben pasciuti che hanno perso il senso dell’esistenza perché hanno tagliato i ponti con la storia, la ragionevolezza, la fede dei loro padri.

Massimo Introvigne
Sociologo, scrittore

Del Québec, bastione del cattolicesimo nell’America del Nord protestante, si diceva un tempo che era fondato sulle trois blancheurs, le «tre cose bianche»: il Papa, la Madonna e l’Eucarestia. Tra i salesiani la stessa formula circola a partire da un sogno in cui san Giovanni Bosco (1815-1888) vide nel 1862 una nave guidata dal Papa in mezzo a due colonne bianche sormontate rispettivamente da una grande ostia e da una statua della Madonna. La forza del Timone, fin dall’origine, è stata di essere il giornale delle «tre cose bianche».
Sull’Eucarestia si gioca la differenza fra il cattolico pronto a dare fieramente ragione della speranza che è in lui e il cattolico timido intimorito dal mondo. Il Timone è il giornale di chi crede che un Signore morto e sepolto duemila anni fa non solo è vivo ancora oggi ma è presente in tutte le chiese cattoliche del mondo in un pezzo di pane chiamato Eucarestia. I cattolici timidi, quelli che Benedetto XVI ha chiamato nel suo pellegrinaggio a Fatima «credenti che si vergognano e che danno una mano al secolarismo », hanno anche paura, magari per un malinteso ecumenismo, che si parli troppo della Madonna. Il Timone non si vergogna di dire, con san Bernardo (1090-1153), che de Maria numquam satis, «di Maria non si parla mai abbastanza», e di riproporre con il grande apostolo della devozione mariana san Luigi Maria Grignion de Montfort (1673- 1716) l’ideale di «compiere tutte le proprie azioni per mezzo di Maria, con Maria, in Maria e per Maria, per compierle più perfettamente per mezzo di Gesù, con Gesù, in Gesù e per Gesù». Alla fine, il grande merito del Timone che riassume tutti gli altri è quello di essere stato sempre, senza esitazioni, con il Papa. Delle due l’una: o nella Chiesa che cos’è dottrina, Tradizione, fede, morale lo indica il Papa oppure lo decide un comitato di teologi, non importa se progressisti o conservatori, più o meno in dissidio fra loro e manipolati dai poteri forti di questo mondo. Il Timone sta con il Papa, e sa che il suo Magistero spesso non arriva ai fedeli. Per farlo conoscere il Timone ha fatto molto. Ma può fare di più, intervenendo e spiegando con maggiore tempestività: e per questo è nata La Bussola Quotidiana.

Stefano Lorenzetto
Giornalista, scrittore

Liberi di pensare che si tratti solo di un gioco di parole. Ma se Gesù Cristo scelse Pietro per fondare sulla pietra la sua Chiesa, un motivo dovrà pur esserci se la barra del timone oggi è saldamente tenuta da Gianpaolo Barra. Il quale, nato a Varese da un appuntato della Guardia di Finanza e da una casalinga sardi, preso a “calci nei denti” dai compagni del liceo G.B. Grassi di Saronno perché non professava la fede comunista, licenziatosi dalla Rinascente per andar a fare il contrabbandiere di Bibbie e santini nei Paesi dell’Est, alla fine sentì una vocina che gli diceva di fondare appunto “il Timone”, l’unico periodico di apologetica dai tempi di san Pio X.
Conobbi Barra una decina d’anni fa. Andai a intervistarlo per “Il Giornale”. Volevo scoprire come facesse una pubblicazione semiclandestina e priva di pubblicità a crescere al numero di 500 abbonamenti al mese. La risposta mi venne quando gli chiesi se vedesse qualche cattolico avviato su una brutta strada. «Don Andrea Gallo di Genova e il comboniano Alex Zanotelli, padri spirituali del movimento no-global», disse senza reticenze. «Nelle loro riflessioni non si avverte mai la centralità di Cristo e della Chiesa. Partono dai mali della società per tornare sempre alla società. Tutto in orizzontale. Perché sono preti? Potevano fare i funzionari della Croce rossa». Il direttore responsabile del “Timone” mi confessò di sentirsi l’allenatore della nazionale degli apologeti, sulle orme di Quadrato, Aristide, Giustino, Taziano, Atenagora, Teofilo, tant’è vero che un mese prima del nostro incontro aveva ricevuto un articolo persino dall’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, cardinale Joseph Ratzinger.
Prima di lasciarci, gli domandai se vi fossero dei non credenti che, da bravo apologeta, gli sarebbe piaciuto poter convertire. Mi rispose: «Marco Pannella, Eugenio Scalfari, Umberto Eco, Giorgio Bocca. E i filosofi Gianni Vattimo, Emanuele Severino, Massimo Cacciari ». Dentro di me pensai che l’allenatore s’era messo a disputare una partita persa in partenza. Fa piacere vedere che, a distanza di 100 numeri, la sua squadra non ha ancora abbandonato il campo e continua a battersi con lo stesso ardore.

Luigi Negri
Vescovo di San Marino – Montefeltro

Carissimi amici del Timone, ricordo ancora con commozione ed entusiasmo il primo incontro con Gianpaolo Barra, e poi quella serie di incontri informali con coloro che si sarebbero assunti la responsabilità di collaborare stabilmente a questa grande opera. Durante il primo incontro con Gianpaolo ho capito che eravamo consanguinei, per entrambi l’interesse fondamentale della vita era una fiducia incondizionata nel mistero di Cristo – cioè la preoccupazione per la fede, propria, degli amici, della intera Chiesa. Ma questa certezza radicale della fede diventava movimento dell’intelligenza e del cuore. La fede, proprio perché vera, non poteva non diventare cultura, cioè coscienza critica e sistematica della realtà e criteri con cui vivere e giudicare la realtà in tutti i suoi aspetti. Avevo imparato tutto questo nella grande testimonianza di fede della mia famiglia, della mia parrocchia, ma tutto questo era fiorito in modo incredibile e concretissimo nell’incontro con Monsignor Giussani.
Su questa tensione alla dimensione culturale della fede, Gianpaolo Barra ed io eravamo assolutamente identificati. E siccome l’amicizia è vera se ospita grandi idealità, Gianpaolo Barra è uno dei miei più grandi amici. Un gruppo di laici, coscienti della propria identità e della inderogabile responsabilità della missione hanno creato uno strumento di educazione alla cultura e di promozione della missione di tutto il popolo cristiano. Forse si potrebbe anche discutere se altri, che avrebbero dovuto attendere alla educazione del popolo cristiano, non abbiano agito. Ma forse queste discussioni sono inutili. Resta il fatto che il Timone è nato e si è sviluppato come strumento prezioso di incremento della coscienza della fede e di aiuto a una capacità di giudizio sulla realtà, che è condizione anche per ogni dialogo.
Il Timone si è trovato subito dentro una terribile volontà del laicismo italiano di chiudere la partita con la Chiesa. Eliminare la presenza della Chiesa e la sua capacità culturale, criminalizzare in un modo indegno i fattori più importanti della tradizione storica del nostro Paese, sostenere una ideologia del massmediatico in cui si sintetizzano materialismo, edonismo, progressismo e cattiva scienza: tutto questo ha spinto il Timone a una serie di interventi che recuperassero criteri giusti ed operativi per assimilare in modo vivo la grande tradizione cattolica del nostro Paese. Quella tradizione cattolica che Benedetto XVI ha definito al convegno di Verona “la base della cultura del nostro popolo”.
L’articolazione e la ricchezza delle rubriche che caratterizzano ormai il Timone sono l’espressione di questa capacità di rendere vivo il passato, cosciente e stimolante il presente, in funzione di un futuro più cristiano e quindi più umano. Questo è il Timone oggi per me, e nella mia Chiesa particolare lo indico come uno strumento fondamentale da usare per la maturazione della propria fede e per sostenere l’impeto della missione.
Ma il Timone non è solo per i cristiani, lo guardano con molta attenzione quegli “uomini di buona volontà” che sono molti di più di quanti noi non pensiamo, e ai quali può essere offerta una cultura dignitosamente umana e cristiana.
Ma a che cosa serve ultimamente il Timone? A rendere esperienza quotidiana, nel cuore di tanti, tanti uomini, quel «dialogo tra Cristo e il cuore dell’uomo» in cui consiste, secondo Giovanni Paolo II, la missione della Chiesa nel mondo. Tante altre cose vorrei dire, ma mi sembra che queste siano sufficienti e concludo come si concludeva una volta negli anniversari significativi: Ad multos annos.


Rino Cammilleri
Scrittore, saggista

Il pubblico non sa quanto sia difficile per un giornalista cattolico “piazzare” un articolo apologetico. Intendendo per apologetica la descrizione o il racconto di un fatto secondo la visuale cattolica. Anche la scelta dell’argomento implica l’apologetica, perché il giornalista cattolico non deve essere costretto a lasciare la sua visione del mondo fuori della porta delle redazioni come si fa con gli ombrelli bagnati.
Gli ostacoli che incontra sui media sono di ordine ideologico o, molto più spesso di quanto si pensi, dovuti a miopia di chi dirige le redazioni stesse. Sui quotidiani quel che “va” è la politica spicciola (…Berlusconi ha detto… Fini ha risposto… durissima la reazione dell’opposizione… secca replica di Bersani…), che per l’apologeta è pura perdita di tempo e di energie. Nelle pagine cosiddette culturali, poi, è ancora peggio, perché l’attualità comanda e l’ultima trovata dello scultore Cattelan o del fotografo Toscani fanno aggio su, per esempio, l’anniversario del dogma dell’Immacolata Concezione. Infine, quand’anche venisse ammessa un’opinione apologetica, ecco che accanto spunterebbe l’opinione contraria di, poniamo, Giorello. Così, secondo i capiredattori, si vivacizza la notizia e il giornale appare imparziale. In realtà, due opinioni opposte su ogni cosa producono solo scetticismo: nulla è vero, tutto è opinabile. Relativismo, insomma. Proprio il nemico assoluto per un cattolico, il nemico contro il quale il Papa non cessa di tuonare.
Per noi apologeti «il Timone» è, dunque, come l’acqua per un pesce. Quando non c’era, bisognava inventarlo. Ora che c’è, non deve fare altro che continuare ad essere quello che è. Una boccata di ossigeno per chi vi scrive. Un orientamento sicuro per chi lo legge. Una boa nel mare magnum delle chiacchiere inutili (o, peggio, dannose) dette e scritte nel quale la nostra società vive immersa.

Andrea Tornielli
Vaticanista, direttore de La Bussola Quotidiana

Quello che più mi stupisce, se guardo ai dieci anni del Timone, è stata la capacità di aggregazione che la rivista ha saputo favorire. In un tempo in cui si pensava, e talvolta si continua purtroppo a pensare, che il kèrigma, l’annuncio della fede, le sue ragioni, la storicità dei Vangeli, etc. non interessino davvero l’uomo di oggi, immaginando che invece sia più attratto dalle conseguenze morali, o dalle ricadute sociali o politiche della fede, il Timone ha colmato un vuoto.
Ricordo ancora quando Gianpaolo Barra venne a presentarmi l’iniziativa, che non aveva ancora cadenza mensile. Parlammo prendendo un caffè in un bar vicino alla redazione del Giornale. Da allora la rivista è cresciuta, non soltanto riuscendo ad avere tra i suoi collaboratori firme illustri, ma anche – e questo, ripeto, è ciò che mi colpisce di più – favorendo la nascita di centri culturali vivaci, in grado di proporre i contenuti della rivista attraverso conferenze e incontri.
In una società qual è la nostra, secolarizzata e sempre più digiuna degli elementi fondamentali della fede che lungo secoli di storia ne hanno costruito la cultura, al punto da far decidere il Papa di istituire un dicastero ad hoc per la nuova evangelizzazione, il Timone svolge un servizio prezioso. Lo svolge offrendo articoli alla portata di tutti – non soltanto di chi può permettersi di compulsare la vastità dei tomi universitari – che approfondiscono le ragioni della fede e aiutano a leggere la storia, sfatando ricostruzioni errate e leggende nere. Buon compleanno, dunque, al Timone, anche da parte dei cugini minori de La Bussola quotidiana, il neo-nato giornale online che ha appena iniziato la sua navigazione…

Roberto De Mattei
Storico, vice presidente del C.N.R. (Consiglio Nazionale delle Ricerche)

Ho salutato la nascita e lo sviluppo de “Il Timone” come un evento di grande importanza per il mondo cattolico italiano. Due mi sono subito parse le salutari novità introdotte dalla rivista diretta da Gianpaolo Barra. La prima è il taglio dichiaratamente apologetico in un momento in cui la scienza che dimostra la credibilità razionale della Chiesa cattolica appariva messa da parte per la sua dimensione polemica ed anti- irenistica. L’apologetica è infatti la scienza che smaschera e denuncia gli errori del proprio tempo, con quello spirito militante che da Tertulliano arriva a sant’Agostino, da san Tommaso a sant’Alfonso de’ Liguori, fino agli autori contemporanei. Il padre Garrigou Lagrange, in quel capolavoro di apologetica che è Le sens commun, spiega bene come la retta concezione di apologetica non deve partire dai bisogni o dalle esigenze dell’uomo moderno, come vogliono i modernisti, ma dalle verità razionali, o preambula fidei, per opporle agli errori e alle eresie sempre risorgenti.
La seconda caratteristica che ho apprezzato ne “Il Timone” è stato il suo spirito di unione e collaborazione nei confronti di tutti coloro che combattono la buona battaglia in difesa della Chiesa e della Civiltà cristiana. Il campo cattolico è sempre stato tentato dalla frammentazione e dai personalismi. Chi legge le pagine dedicate dal beato John Henry Newman a Gli ariani del IV secolo comprende che una delle principali cause della crisi religiosa di quel tempo furono i risentimenti personali, le invidie e i protagonismi di coloro che avrebbero dovuto far fronte comune contro il nemico ariano e si combatterono invece aspramente tra di loro. Fu a causa di queste divisioni interne che nacquero i gruppi semiariani e sant’Atanasio si trovò solo a combattere la sua battaglia in difesa della fede.
L’epoca in cui viviamo conosce una crisi interna della Chiesa più grave, a mio parere, di quella ariana, mentre l’Occidente vive un declino culturale e morale che Benedetto XVI ha paragonato al tramonto dell’Impero romano. Sappiamo però che la Chiesa è indefettibile e che la verità è destinata a trionfare nella storia. Il migliore augurio che posso fare a “Il Timone” in occasione del suo centesimo numero è di non perdere mai il suo spirito originario: combattivo contro i nemici esterni e di cristiana amicizia, senza censure e preclusioni, verso i fratelli nella fede.

Eugenio Corti
Scrittore

L’accusa di apologia colpisce da tempo in modo sistematico chiunque professi le visioni trascendenti e cristiane della realtà e della storia, che in Occidente furono un tempo pacificamente proprie della gran maggioranza delle persone, e in Italia di Dante e di Manzoni. L’autore odierno che venga anche soltanto sospettato di apologia viene per ciò stesso emarginato dalla “società che conta”, non può scrivere sui giornali importanti, e se pubblica le sue opere, esse non vengono prese in considerazione dalle persone “intelligenti”.
Chi ha stabilito questo? Chi lo prescrive? Vagamente si dice e si pensa: il progresso. Ma chiunque abbia conservato un minimo d’indipendenza nel giudizio constata che il progresso – nonostante le sue conquiste obiettive – non sa affatto spiegare innumerevoli cose, e addirittura il perché dell’esistenza stessa dell’uomo e quale sia il suo fine. Nel corso degli ultimi cent’anni alcuni celeberrimi personaggi “illuminati” hanno preteso di spiegare “modernamente” – in realtà in modo anticristiano – il mondo, indicando come avrebbe dovuto continuare a svilupparsi il progresso umano secondo i loro schemi. Due in particolare, Marx e Nietzsche, hanno incontrato un seguito enorme anche di masse e i loro seguaci, preso il potere, si sono applicati a imporre con la forza le loro indicazioni. Cosicché tutti abbiamo dovuto assistere al folle assassinio di centinaia di milioni d’esseri umani attuato seguendo niente altro che coltissime idiozie. In sostanza dal punto di vista razionale ci troviamo di fronte a una constatazione elementare: che se uno si taglia fuori dalla percezione – questa sì illuminante – della Trascendenza e dell’Immanenza in cui l’uomo è cresciuto da quando ha abbandonato le selve, si trova con ciò stesso tagliato fuori da una grande, fondamentale parte della realtà in cui vive.
L’accusa di apologia non è altro che il prodotto dell’incapacità di riflessione di troppe menti contemporanee, sulle quali continua in qualche modo a far presa l’insegnamento di quei celebratissimi maestri smentiti in modo tanto tragico dalla storia.
Invito chiunque si rende conto della necessità di usare l’intelletto a non intrupparsi per mero spirito di pace nello sterminato branco degli irrazionali di questo mondo. Penso che il Timone sia un esempio originalissimo di questa lucida difesa delle ragioni della fede.
Sono stato con convinzione uno dei primi collaboratori di questa rivista, e sono molto contento che raggiunga il traguardo significativo dei 100 numeri: il mio augurio è che sempre più lettori scoprano e diffondano il Timone nel mondo cattolico.

Cardinale José Saraiva Martins
Prefetto Emerito della Congregazione della Causa dei Santi

La felice ricorrenza che vede il Timone tagliare il traguardo del centesimo numero è un’indubbia opportunità di bilancio, revisione e stimolo. Per quanto mi riguarda, tra le tante qualità che vorrei far notare sulla “nostra” rivista il Timone, una prevale segnatamente alla mia lettura: come essa tratta dei santi. E non è cosa da poco, né marginale.
Una rivista di apologetica accessibile e incisiva, ai nostri tempi, potrebbe ignorare i santi che effettivamente sono l’apologia del cristianesimo? Altre riviste lo hanno fatto e lo fanno. Il Timone, grazie a Dio, mai. Anzi, in ogni numero Santi, Beati, Venerabili, Servi di Dio, candidati agli altari, o il tema della santità cristiana e tutto ciò che le concerne, sono sempre presenti, spesso in modo esplicito in articoli, servizi, segnalazioni, approfondimenti. Ogni pagina però “trasuda”, sono tentato di dire senza tema di retorica, un vero e proprio anelito alla santità, e soprattutto, in ognuna di esse fa capolino qua e la qualche figura di santo.
Il Timone , allora, è perfettamente in linea ( e non solo per questo) con il Papa Benedetto XVI, che fin dall’esordio del suo pontificato ha messo in rilievo il ruolo dei Santi nella vita della Chiesa. Come quando disse, per esempio, ai giovani che l’ascoltavano per la Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia, che i santi sono coloro «mediante i quali il Signore, lungo la storia, ha aperto davanti a noi il Vangelo e ne ha sfogliato le pagine » (20 agosto 2005). Inoltre, bisogna riconoscere che la Rivista è segnata da modelli di santità, il cui messaggio è capace di sfidare il trascorrere del tempo. D’altra parte lo mise bene in luce già il Venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II (ormai prossimo alla beatificazione), quando a Lisieux ricordò che «i santi non invecchiano praticamente mai, che essi non cadono mai “in prescrizione”. Essi restano continuamente i testimoni della giovinezza della Chiesa. Essi non diventano mai personaggi del passato, uomini e donne di “ieri”». Al contrario: essi sono sempre gli uomini e le donne di “domani”, gli uomini dell’avvenire evangelico dell’uomo e della Chiesa, i testimoni del “mondo futuro” (Omelia, 2/6/1980). Questa citazione mi aiuta a dire che il Timone è una rivista giovane, che in molti auspichiamo possa arrivare sempre maggiormente nelle mani dei giovani cattolici. Per grazia, e nonostante l’umana fragilità dei suoi appartenenti, i santi nella Chiesa sono davvero tanti e c’è da sbizzarrirsi, perché la storia della Chiesa è soprattutto storia di santità. Una di queste grandi figure, la Santa carmelitana Edith Stein ha scritto: «Ci fa bene pensare che abbiamo la cittadinanza del Paradiso e che i Santi in cielo sono nostri concittadini e coinquilini. Questo ci fa sopportare più facilmente le cose quae sunt super terram» (in La mistica della croce, Città Nuova, 1985, p. 92). Mi pare che la rivista il Timone sia anche una risposta concreta alla grande meta con cui Giovanni Paolo II, all’inizio di questo millennio, interpellò tutta la Chiesa: «In primo luogo non esito a dire che la prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pastorale è quella della santità». (NMI, 30). Fra i tanti problemi che la Chiesa deve affrontare, e l’elenco sarebbe lungo e articolato, per quanto mi appaiano importanti, c’è una questione di fondo che andrebbe sempre più approfondita: quella della santità della Chiesa. Tutti gli altri vengono dopo. Grazie a tutti coloro che, con in testa il carissimo e benemerito Direttore Gianpaolo Barra e tutti i collaboratori, prendono davvero a cuore la Chiesa, e… buona strada!

Cardinale Carlo Caffarra
Arcivescovo di Bologna

Eminenza, qual è il suo giudizio sul Timone?
«Io penso che il Timone risponda a due esigenze fondamentali della fede: la prima è quella che San Pietro descrive come la necessità di rendere ragione della nostra speranza, dire le ragioni della propria fede. In questi cento numeri il Timone ha assolto brillantemente a questa necessità. L’altra esigenza soddisfatta dal Timone è quella di dimostrare l’infondatezza di tante obiezioni dottrinali e storiche alla Chiesa: un’opera perciò fondamentale per la difesa della verità della fede».
Che cosa apprezza di più del Timone?
«Del menù proposto apprezzo soprattutto la varietà delle portate, se mi lasciate passare il paragone. La parte catechetica, quella storica, quella dottrinale, quella di attualità, e così via. E di numero in numero sono attratto ora dall’una ora dall’altra portata, a seconda degli argomenti proposti».
Quale utilità crede che abbia per i cattolici italiani?
Una utilità enorme. Come pastore vedo ogni giorno di più la necessità che i credenti non si accontentino di professare la propria fede: è necessario che la interroghino, che la pensino. La fede se non è pensata non è vera, diceva S. Agostino. Ed è davvero così, perché se non si è capaci di pensare la fede, si diventa incapaci di una valutazione sulla storia, sulla vita, sulle vicende ordinarie di ogni giorno. Il risultato è che ciò che faccio al lunedì non ha niente a che vedere con ciò che celebro la domenica. Ecco, il Timone è un prezioso contributo a questo sviluppo della fede.
Se dovesse suggerire qualcosa da cambiare o da introdurre nel Timone, a cosa penserebbe?
Ecco, se proprio dovessi suggerire qualcosa direi che mi piacerebbe leggere la narrazione dell’esperienza dei grandi santi, un po’ seguendo lo stile delle catechesi del mercoledì del Papa. Non esposizioni dottrinali, che sono già presenti, ma le esperienze, sia dei Padri della Chiesa, sia dei santi del Medioevo, sia di persone più vicine a noi cronologicamente, magari non canonizzate, ma che sono comunque di indubbia esemplarità. Io posso constatare che quando il papa descrive le esperienze dei santi, anche i fedeli più umili apprezzano queste narrazioni. E credo che sarebbe una ricchezza anche per il Timone. (intervista raccolta da Riccardo Cascioli)

Monsignore Giovanni D’Ercole
Vescovo ausiliare dell’arcidiocesi de l’Aquila

Non è difficile rendersi conto delle sfide che la fede cattolica incontra in questo nostro tempo, ma è anche facile constatare che si avverte nell’aria un clima di smarrimento culturale e spirituale. Si è assetati di certezze che non falliscano, di risposte religiose che soddisfino le attese esistenziali. C’è bisogno di riscoprire l’essenziale del messaggio evangelico e di presentarlo in modo che sia percepito come necessario per la nostra vita. A me pare che il Timone, senza paure e senza compromessi, abbia scelto di riproporre la dottrina cattolica nella sua integrità e verità. Difende la fede cattolica e illumina le coscienze; combatte l’errore e risponde a questioni delicate sulle quali si sarebbe tentati di glissare per non entrare in collisione con quel “buonismo” che vorrebbe conciliare tutto e indicare un vangelo scontato ed armonizzato con altre religioni e fedi.
Il Timone svolge un’azione di apologetica e di catechesi con un linguaggio lineare e popolare. Soprattutto mi piace perché parla di Gesù Cristo e delle sue proposte di vita senza se e senza ma. Giunti al centesimo numero, il mio augurio è che possa crescere e diffondersi sempre più, entrando nelle parrocchie e nelle case per contribuire a quell’opera di nuova evangelizzazione che sta tanto a cuore a Papa Benedetto XVI come lo fu a Giovanni Paolo II. Auguri di tutto cuore e la mia benedizione.

Vittorio Messori
Giornalista, scrittore

Dopo essere stato per quasi cinque anni «dietro le quinte», come lui stesso ebbe modo di dire e come ricorda Gianpaolo Barra nell’intervista pubblicata su questo numero, lo scrittore Vittorio Messori – dopo averne incoraggiato la nascita – scende in campo da gennaio 2004 in prima persona sul Timone, portando nelle sue pagine la storica e seguitissima rubrica Vivaio, già ospitata per anni da Avvenire. Riportiamo di seguito il testo integrale con cui Messori presentava il suo esordio.
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Come qualcuno ricorda, Vivaio fu il nome (che presi da un appunto del Diario di Giovanni Papini) della rubrica che tenni su Avvenire da maggio 1987 sino a dicembre 1992. Buona parte di quegli articoli – quasi 600, se non ricordo male – fu raccolta dalle Edizioni San Paolo in tre volumi: Pensare la storia, La sfida della fede, Le cose della vita. La ricerca di una possibile lettura esplicitamente cattolica, sia della cronaca che della storia, è continuata poi sulle pagine di Jesus, con due rubriche mensili: una più breve, Sillabario cristiano, e una più estesa, La Bussola. A partire da questo mese, mentre continuo su Jesus il Sillabario, porto sul Timone il pezzo «lungo». Sono lieto di dare la mia collaborazione, per quanto vale, a un giornale che persegue la riscoperta di quella apologetica che, dimenticata se non irrisa in certi ambienti, è oggi più che mai urgente ed essenziale. Sono convinto che la crisi attuale non sia di strutture e di istituzioni ecclesiali o di formulazione di norme etiche, bensì di fede, che riguardi innanzitutto la possibilità stessa del credere. Sforzarsi di mostrare che il credente non è un credulo, che non c’è opposizione tra fede e ragione, che scommettere sui Vangeli è ragionevole, è tra gli impegni più urgenti. Ed è anche più che mai necessario contrastare gli equivoci, le incomprensioni, se non le vere e proprie menzogne sulla storia della Chiesa e sul comportamento nei secoli di coloro che si dissero suoi figli. Equivoci, incomprensioni e menzogne alimentati oggi, purtroppo, anche da qualcuno che, all’interno della struttura ecclesiale, ha finito per arrendersi alle «leggende nere» ripetute ossessivamente da due secoli; o che, dimenticando che peccato mortale dello storico è l’anacronismo, vorrebbe giudicare il passato con l’attuale vulgata politicamente corretta, transitoria e precaria, ma vista quasi fosse il punto di arrivo definitivo del pensiero. Con modestia pari alla passione, questo giornale si è posto il compito di aiutare a capire, a conoscere, a ritrovare le ragioni della fede e la gratitudine e la giusta fierezza di dirsi cattolici, senza arroganze ma anche senza complessi. Vale dunque la pena che chi può scrivere lo faccia e che i lettori sostengano con gli abbonamenti un’impresa che (ed è una garanzia di libertà) solo su di essi può contare.

Giovanni Cantoni
Reggente di Alleanza Cattolica

Carissimi, conosco tragicamente la condizione umana e il tempo che fugge: buona retorica. Perciò, in occasione della pubblicazione del centesimo numero del Timone, vi accompagno con la preghiera affinché, nel percorrere e nel guidare sulla retta via, la via ortodossa, siate maestri vigili, non ciechi che guidano altri ciechi.
Non avendo nulla da donarvi di mio, ringraziandovi piuttosto di quanto donate a me e a quanti si rendono disponibili all’ascolto, non vi rimando a un testo – ci vorrebbe tempo per la sua ricerca –, ma approfitto dello spazio che mi è concesso per citarvelo, così almeno risparmiandovi il tempo di tale ricerca. Si tratta della proposizione XXII del Sillabo del beato Papa Pio IX, una proposizione che suona così: «L’obbligazione da cui sono assolutamente legati i maestri e gli scrittori cattolici si restringe a quelle cose soltanto, che dall’infallibile giudizio della Chiesa vengono proposte a credersi da tutti come dogmi di fede». E mi permetto di sottolineare che si tratta di una proposizione condannata.
Con ogni augurio di bene e di buon lavoro apostolico, in Jesu et Maria.

 

 

 

 

Dossier: IL TIMONE a quota 100

 

IL TIMONE N. 100 – ANNO XIII – Febbraio 2011 – pag. 32 – 51

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