Sant’Agostino (354-430) è stato uno dei massimi protagonisti della storia della cultura occidentale: la sua testimonianza di uomo e di pensatore ha lasciato una traccia feconda e indelebile non soltanto nella tradizione cristiana, della quale è uno dei più straordinari maestri, ma nell’intera civiltà dell’Occidente. Numerosi sono i motivi del filosofare agostiniano che hanno rivestito eccezionale importanza nella storia del pensiero: molti di questi conservano una suggestiva attualità e su alcuni di essi soffermeremo la nostra attenzione, ben sapendo che il patrimonio di sapienza lasciatoci dal santo dottore africano è pressoché inesauribile.
Con un’intensità riscontrabile in pochi altri casi, in Agostino la dimensione esistenziale e quella affettiva si intrecciano inestricabilmente con quella religiosa e con quella filosofica: fede e ragione, ricerca della verità e conquista di essa, invocazione e riflessione, lettura e dialogo, scrittura polemica e preghiera appassionata, amore e amicizia, spirito e carne si incontrano e si scontrano nella vita di Agostino, entrano in conflitto, si compenetrano, si attraggono, si respingono, fino a trovare una sintesi suprema nella pace interiore raggiunta da chi, come insegna san Paolo, ha combattuto e portato a termine la buona battaglia del Vangelo.
La fede a cui Agostino approdò, dopo anni di errori e di sofferenze e in seguito ad una straordinaria conversione, fece tutt’uno con la sua vita, e non casualmente lo scritto suo più celebre e coinvolgente sono le Confessioni, documento palpitante di un’esistenza caratterizzata da una profonda ansia di ricerca e coronata dall’approdo appagante alla Verità. Per Agostino l’uomo porta nel cuore un’inquietudine che lo spinge verso Dio: guardandosi dentro (ad Agostino si deve la scoperta della realtà e del valore dell’interiorità), ognuno si rende conto che è Dio ad averlo creato e che soltanto tornando a Lui potrà trovare la propria realizzazione più autentica. In questo cammino, un aiuto importante può venire dalla filosofia, perché – rammenta Agostino – è necessario capire per credere e credere per capire: sarà comunque la fede a illuminare definitivamente l’uomo e a dargli le risposte alle quali il suo cuore anela. A questo riguardo, è interessante ricordare la grande importanza riconosciuta alla preghiera da parte di Agostino, che non esitò ad attribuire alla costante appassionata orazione della madre Monica (venerata dalla Chiesa come Santa) il suo ritorno sulla retta via della fede: pregare significa rendersi conto che la sapienza umana è insufficiente per ottenere la salvezza e la beatitudine derivanti dall’incontro con il Signore. Sulla via di questo incontro, l’uomo trova un grave ostacolo: è il peccato, di cui Agostino sottolineò con chiarezza la drammatica e distruttiva presenza nella vita e nella storia degli uomini; e il peccato – ci dice il Santo Vescovo di Ippona – non è vincibile senza l’intervento di Dio che ci dona la Grazia. Con le sue sole forze, l’uomo non potrà mai salvarsi: su ciò Agostino rimase sempre assolutamente fermo, convinto che soltanto la Croce di Cristo e il suo sacrificio salvifico hanno riaperto all’uomo le porte del Cielo. Seguendo questa linea di riflessione, si comprende perché Agostino abbia sostenuto che la Grazia divina non cancella la libertà umana, bensì la valorizza appieno: infatti, soltanto in virtù della Grazia di Dio l’uomo può perseverare nel bene e non usare male il libero arbitrio, il quale, a causa del peccato originale, è costantemente insidiato dall’errore. Dunque, la vera libertà, la libertà in senso pieno, è quel la che, potenziata dall’intervento salvifico divino, sceglie il bene e lo compie, innalzando l’uomo verso il suo destino soprannaturale e allontanandolo dal peccato in cui la debolezza della sua volontà rischia continuamente di farlo cadere. In sintesi: la Grazia ci rende capaci di amore, dell’amore autentico, che è la carità evangelica.
In ultima analisi, dunque, per Agostino la ricerca di Dio e il cammino verso di Lui diventano una questione di amore. Vera sintesi di libertà e grazia, l’amore si presenta pertanto come il movente del nostro ricongiungimento con Dio: si tratta dell’amore rettamente inteso e finalizzato all’obbedienza ai precetti evangelici, non certo dell’amore falso e sregolato – sperimentato da Agostino prima della conversione – che spinge l’uomo verso l’eccessivo attaccamento alle creature e alle realtà terrene, distogliendolo dall’autentica carità che riconosce in Dio il suo sommo oggetto. Tra i valori che più si avvicinano all’amore, e che da esso traggono linfa vitale, vi è l’amicizia: Agostino visse in modo particolarmente appassionato il sentimento dell’amicizia e la sua vita ne fu sempre segnata, anche se soltanto dopo la conversione egli ne comprese appieno il significato, quando la forza redentrice di Dio elevò pure quel sentimento, rendendo autenticamente saldi i rapporti amicali. Per Agostino, dunque, anche le relazioni umane traggono senso e sapore dalia fede in Dio e il ritrovamento del Padre diventa, nel medesimo tempo, ritrovamento dei fratelli. Egli ha, per così dire, chiuso il cerchio: l’ansia di Dio lo ha ricondotto fra le braccia del suo Signore; ora sa qual è il senso della vita e allarga il suo sguardo fino a comprendere gli altri nell’amore e, attraverso l’amore, pregusta il premio eterno che lo attende in Paradiso.
BIBLIOGRAFIA
E.Gilson, Introduzione allo studio di Sant’Agostino, Marietti, Casale Monferrato 1983.
A. Trapè, Introduzione, in Sant’Agostino, Le Confessioni, Città Nuova, Roma 1975.
M. Schoepflin [a cura di], Il “De Magistro” di Sant’Agostino e il tema dell’educazione nel cristianesimo antico, Paravia, Torino 1994.
IL TIMONE – N.5 – ANNO II – Gennaio/Febbraio 2000 – pag. 12-13